Filumena Marturano
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Filumena Marturano | |
di Eduardo De Filippo
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Commedia in tre atti
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Lingua originale | Italiano |
Genere | Teatro napoletano |
Composto nel | 1946 |
Personaggi:
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Riduzioni cinematografiche | Cinema: Filumena Marturano, film del 1951, con la regia dello stesso autore. Tra gli interpreti, oltre lo stesso Eduardo, Titina De Filippo
Cinema:Matrimonio all'italiana (film 1964), con la regia di Vittorio de Sica. Interpreti principali Sofia Loren e Marcello Mastroianni TV: una trasposizione televisiva con regia dello stesso autore del 1962. Tra gli interpreti, oltre lo stesso Eduardo, anche Regina Bianchi, Enzo Petito, Nina De Padova, Gennarino Palumbo, Carlo Lima, Antonio Casagrande. |
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(Filumena)
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Filumena Marturano è una commedia teatrale in tre atti scritta nel 1946 da Eduardo De Filippo e inserita dall'autore nella raccolta Cantata dei giorni dispari. Nella drammaturgia internazionale è uno dei lavori più conosciuti e più apprezzati dal pubblico e dalla critica.
Scritta originariamente per la sorella Titina De Filippo[1]che rese una grande interpretazione del personaggio femminile Filumena, in seguito fu interpretata da Regina Bianchi[2] Pupella Maggio, Valeria Moriconi, Isa Danieli.
Da tale opera Eduardo trasse e diresse il film omonimo (1951) interpretato da egli stesso e da sua sorella Titina, nonché la versione televisiva (1962) con Regina Bianchi nella parte che fu di Titina; Vittorio De Sica ne trasse altresì Matrimonio all'italiana (1964), con Sofia Loren e Marcello Mastroianni sempre ambientato a Napoli.
La commedia fu tradotta in varie lingue, tra cui l'inglese, nella cui versione londinese fu diretta (1977) da Franco Zeffirelli e interpretata da Joan Plowright, moglie del celebre attore Laurence Olivier. Nel 1979 la stessa Plowright, dopo due stagioni di clamorosi successi a Londra, interpretò la commedia a Broadway la cui regia fu firmata, in questa edizione, dal marito.
Indice |
[modifica] Trama
Napoli. Filumena, una matura signora con un passato da prostituta, è stata per circa trent'anni mantenuta di Don Domenico (Mimì) Soriano - ricco pasticciere napoletano e suo cliente di vecchia data - di fatto amministrando e sorvegliandogli i beni e la casa come una vera e propria moglie. Per costringere Don Mimì a sposarla e a fargli smettere la sua vita dissoluta dietro alle ragazzine, si finge morente, favorita anche da un prete e un medico, e si fa quindi sposare con la falsa prospettiva, per Domenico che la crede in fin di vita, di un breve legame. Dopo aver scoperto l'inganno, Domenico, furente, si rivolgerà a un avvocato, che inesorabilmente spiegherà a Filumena che il suo stratagemma è stato inutile, perché un matrimonio contratto con l'inganno non può essere valido. Davanti al trionfo di Domenico, la donna risponderà raccontandogli il disprezzo per la sua vita dissoluta e la sua ingratitudine (altamente drammatico il monologo sulla sua infanzia nel Vico San Liborio di Napoli) e gli confesserà di avere tre figli, che non la conoscono come la loro madre e che ha cresciuto sottraendogli piccoli beni; uno di questi è suo figlio. Don Mimì naturalmente non le crede, ma Filumena gli ricorda quando una notte volle amarlo di un amore vero senza limiti che lui non capì pagandola come al solito. Filumena ha conservato quella banconota su cui ha segnato la data di quella notte, in cui ha concepito suo figlio e che ora restituisce a don Mimì, «...perché i figli non si pagano».Filumena ha deciso di dire ai giovani di essere la loro madre. Anche Don Mimì conoscerà i figli di Filumena e cercherà inutilmente di scoprire quali di questi può essere suo figlio. Filumena non gli dirà mai quale è suo figlio poiché sa che don Mimì dedicherà solo a questo il suo amore favorendolo a scapito degli altri e facendo nascere la discordia tra loro. Quindi se don Mimi vuole essere padre per suo figlio lo deve essere per tutti e tre. Alla fine Domenico deciderà di sposare, sconsolatamente e disperatamente, Filumena e di essere padre dei suoi tre figli.
[modifica] Note
- ^ Grazie all'interessamento del direttore del quotidiano democristiano Il Popolo, il primo cast della commedia fu ricevuto da Papa Pio XII, in udienza privata. Durante l'udienza, il pontefice inaspettatamente chiese di ascoltare uno dei monologhi della commedia e Titina De Filippo recitò la preghiera che la protagonista rivolge alla Madonna delle Rose.
- ^ Racconta Andrea Camilleri (cfr. qui [1]) che ebbe frequentazioni di lavoro e d'amicizia con Eduardo De Filippo, che in occasione della trasposizione televisiva della commedia Eduardo disse a Regina Bianchi:«Regì, guarda che poi questo Titina se lo guarda». Regina Bianchi recitò con tutta l'anima dando tutta se stessa. Alla fine del primo atto - negli anni '60 non c'era montaggio, si registrava un atto intero - Camilleri profondamente emozionato si precipitò ad abbracciare l'attrice che gli svenne tra le braccia per la tensione emotiva della recitazione che, con quelle parole, le aveva provocato Eduardo.
[modifica] Bibliografia
- Eduardo De Filippo, Teatro (Volume secondo) - Cantata dei giorni dispari (Tomo primo), Mondadori, Milano 2005, pagg. 487-646 (con una Nota storico-teatrale di Paola Quarenghi e una Nota filologico-linguistica di Nicola De Blasi)
[modifica] Collegamenti esterni
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