Don Abbondio
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Don Abbondio è uno dei personaggi principali de I promessi sposi, il capolavoro di Alessandro Manzoni. Di fatto, la figura del religioso, dopo il preambolo, apre la narrazione del celebre romanzo.
« ...proseguiva il suo cammino, guardando a terra e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano d'inciampo nel sentiero... [...]Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s'era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d'essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro. » |
Un'altra battuta famosa di Don Abbondio, poi diventata proverbiale, è all'inizio dell'VIII capitolo, in cui, mentre distrattamente legge sulla poltrona, rumina tra sè e sè:
« ...Carneade. Chi era costui? » |
Indice |
[modifica] La scelta del nome
Sant'Abbondio è il santo patrono di Como: la scelta di Manzoni è probabilmente dovuta quindi al fatto di voler connotare geograficamente il personaggio; da non sottovalutare comunque che il nome stesso suggerisca l'immagine paciosa ed innocua di un tranquillo parroco di campagna, immerso e felice della sua semplice e tranquilla vita
[modifica] Profilo psicologico
Come si legge dal romanzo, il curato del paese è il prototipo del subalterno seicentesco pavido e fondamentalmente egoista , che fa di tutto per scansare i guai, seguendo i precetti morali cattolici ma puntando esclusivamente alla sua incolumità. Nonostante la narrazione porti un giudizio nei confronti del personaggio, non manca una sorridente indulgenza verso il prete pavido ed egoista, dedito a «scansare tutti i contrasti e cedere a quelli che non può scansare». Infatti Don Abbondio è ossessionato dai timori, spesso infondati, che la sua routine quotidiana venga sconvolta da quello o quell'altro evento, e fa di tutto per evitarli, senza preoccuparsi del giudizio degli altri, compresi i suoi parrocchiani. Succube della sua epoca e delle ingiustizie in essa presenti, Don Abbondio, deve fare i conti con una società dominata dall'arbitrio dei più forti, e la sua scelta è piegarsi, pur di non essere scacciato, anche di fronte a situazioni in cui la sua morale cattolica imporrebbe una presa di posizione opposta.
In effetti il profilo religioso di Don Abbondio è del tutto assente nel romanzo, se si esclude le piccole situazioni tipiche dei parroci di campagna del periodo in cui si svolge il romanzo: passeggiate e letture religiose, la messa e la confessione, nulla di più. Si può dire che il suo credo non viene mai fuori dagli eventi narrati, al contrario di quanto avviene per il Cardinale Borromeo. In più occasioni a Don Abbondio sarà rimproverato questo suo modo di fare accondiscendente con i potenti, pronto alla fuga da ogni più piccola insidia, vista sempre come un pericolo insormontabile e mortale.
[modifica] Il rapporto con gli altri personaggi
[modifica] Perpetua
Il personaggio più vicino a Don Abbondio è Perpetua, la sua domestica: i due erano affezionati l'uno all'altro, nonostante non mancassero situazioni di contrasto. La donna cerca più volte di aiutare il parroco con saggi e appropriati consigli, ma egli non ne usufruisce per paura delle possibili conseguenze.
[modifica] Lorenzo detto Renzo
[modifica] Lucia
[modifica] Ruolo nella narrazione
Quando Don Rodrigo decide di impossessarsi di Lucia Mondella, fa minacciare dai bravi il curato del paese, durante la sua solita passeggiata serale:
« "Or bene," gli disse il bravo all'orecchio, ma in tono solenne di comando, "questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai." » |
Debole ed impaurito, Don Abbondio diventa irragionevole e non segue il dovere di sposare Renzo e Lucia, cedendo alle minacce. Al suo dovere viene richiamato dal cardinale Federigo Borromeo, quando arrivato in quel paese: l'incontro vede da una parte la nobiltà degli ideali dell'uno e l'umanità meschina dell'altro. Dopo la discesa dei lanzichenecchi, si rifugia nel castello dell'Innominato. Nemmeno la tragedia della peste, che incide in modo vario ma ben riconoscibile nella vita e nella psicologia degli altri personaggi, induce Don Abbondio ad un atteggiamento più generoso e comprensivo. Solo dopo che il dramma della pesta si è concluso,che la vita è tornata a scorrere come prima e che vi è l'assicurazione ufficiale che non vi è più alcun pericolo, Don Abbondio si convince a celebrare il matrimonio dei due promessi.
[modifica] Celebri intepretazioni
In sceneggiati televisivi è stato impersonato da attori d'eccezione tra i quali ricordiamo Tino Carraro (nello sceneggiato RAI diretto da Sandro Bolchi, 1967), Alberto Sordi (nello sceneggiato RAI diretto da Salvatore Nocita, 1989) e Paolo Villaggio (nella miniserie Mediaset diretta da Francesca Archibugi, 2004).
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