Antonio Labriola
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Antonio Labriola (Cassino, 2 luglio 1843 – Roma, 12 febbraio 1904) è stato un filosofo italiano, con particolari interessi nel campo del marxismo.
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[modifica] Biografia
Nacque dall'insegnante ginnasiale di lettere Francesco Saverio e da Francesca Ponari. Nel 1861 si iscrisse nella facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Napoli, città nella quale la famiglia si era trasferita. Qui studia con gli hegeliani Augusto Vera e Bertrando Spaventa, il cui appoggio gli procura nel gennaio del 1864 un posto di applicato di pubblica sicurezza nella segreteria del prefetto.
Già il 3 maggio 1862 finisce di scrivere Una risposta alla prolusione di Zeller, il neokantiano Eduard Zeller, professore dell'Università di Heidelberg, grande storico della filosofia greca; contro ogni ipotesi di un ritorno a Kant, Labriola rivendica l'attualità dell'hegelismo. Lo scritto fu tuttavia pubblicato soltanto postumo, nel 1906.
Labriola non concluse gli studi universitari: nel 1865 conseguì il diploma di abilitazione e insegnò nel ginnasio Principe Umberto di Napoli; il 23 aprile 1866 sposa Rosalia Carolina von Sprenger, una palermitana di origini tedesche e di confessione evangelica, maestra nella scuola "Garibaldi" di Napoli, avendone i figli Michelangelo Francesco, Francesco Felice Alberto e Teresa Carolina. Di quest’anno è il saggio, premiato dall'Università di Napoli, sull' Origine e natura delle passioni secondo Spinoza, che mostra già, nell'interesse per lo Spinoza, unito ai contemporanei studi della filosofia di Feuerbach, una significativa presa di distanze dall'idealismo in favore del materialismo.
Nel 1869 scrive il saggio La dottrina di Socrate secondo Senofonte, Platone ed Aristotele, premiata nel 1871 dalla Reale Accademia di Scienze morali e politiche di Napoli. Consegue la libera docenza in filosofia della storia e si mette in aspettativa in attesa di ottenere un incarico nell'Università; scrive la dissertazione Esposizione critica della dottrina di G. B. Vico e collabora con il giornale svizzero "Basler Nachrichten", al quale invia corrispondenze politiche, al quotidiano napoletano "Il Piccolo", fondato e diretto da Rocco De Zerbi, futuro deputato e leader dell' Unione liberale, un gruppo politico al quale Labriola aderisce. Entra anche nella redazione della "Gazzetta di Napoli" e, nel febbraio 1872, in quella de L'Unità Nazionale, diretta da Ruggiero Bonghi, al Monitore di Bologna e alla Nazione di Firenze, nella quale escono nell'estate del 1872 le sue dieci Lettere napoletane. Nel 1873 si dichiara herbartiano in psicologia e in morale, pubblicando a Napoli i saggi Della libertà morale, dedicata ad Arturo Graf e Morale e religione.
Trasferitosi nel 1873 a Roma, ove muore di difterite il figlio Michelangelo, supera nel 1874 il concorso alla cattedra di filosofia e pedagogia all'Università di Roma. Nel 1876 pubblicò il saggio Dell'insegnamento della storia e l'anno dopo è direttore del Museo di istruzione e di educazione: sono anni in cui Labriola mostra un particolare impegno verso il miglioramento del livello professionale degli insegnanti e la diffusione dell'istruzione di base della popolazione, inteso come primo passo per una maggiore democrazia del paese. A questo scopo s’informa sugli ordinamenti scolastici dei paesi europei: nel 1880 pubblica gli Appunti sull'insegnamento secondario privato in altri Stati e nel 1881 l' Ordinamento della scuola popolare in diversi paesi. Contemporaneamente Labriola abbandona le convinzioni politiche di moderato liberalismo per approdare a posizioni radicali: oltre alla lotta all'analfabetismo, auspica l'intervento dello Stato nell'economia, una politica sociale di assistenza ai poveri, il suffragio universale che permetta anche a candidati operai l'ingresso al Parlamento.
Nel 1887 ottiene la cattedra di filosofia della storia all'Università di Roma e inizia un corso di storia del socialismo. A seguito di notizie che danno imminente la stipula del Concordato con il Vaticano, Labriola tiene all'Università la conferenza Della Chiesa e dello Stato a proposito della conciliazione, considerando una minaccia per la libertà di pensiero ogni accordo con la Chiesa, temendone l'ingerenza nella vita pubblica italiana; il 18 novembre 1887 il quotidiano romano La Tribuna pubblica una sua lettera in cui, tra l'altro, scrive di essere «teoricamente socialista ed avversario esplicito delle dottrine cattoliche» e il 22 gennaio 1888, nella conferenza Della scuola popolare, auspica l'abolizione dell'insegnamento religioso.
Il 2 marzo 1888, sul giornale Il Messaggero, depreca l'uso della forza pubblica contro le manifestazioni; il 16 dicembre tiene agli operai di Terni un discorso su Le idee della democrazia e le presenti condizioni dell'Italia, in cui afferma di impegnarsi personalmente in politica e dichiara di desiderare un «governo del popolo mediante il popolo stesso» e la formazione di un grande partito popolare. Il 2 maggio 1890 scrive che «I parlamenti, come forma transitoria della vita democratica d'origine borghese, spariranno col trionfo del proletario» e il 20 giugno tiene nel Circolo operaio romano di studi sociali il discorso Del socialismo commemorando la Comune di Parigi.
Nell'ottobre Labriola saluta il congresso della socialdemocrazia tedesca a Halle scrivendo che «Il proletariato militante procederà sicuro sulla via che mena diritto alla socializzazione dei mezzi di produzione ed l'abolizione del presente sistema di salariato, fidando solo nei suoi propri mezzi e nelle sue proprie forze».
Nel 1890 entra in rapporto epistolare con Engels, che conoscerà nel 1893 a Zurigo, e con i maggiori dirigenti socialisti europei, Kautsky, Liebknecht, Bebel, Lafargue, mentre rimprovera a Filippo Turati, il più prestigioso leader socialista italiano e direttore della rivista Critica sociale, superficialità teorica e arrendevolezza nei confronti degli avversari politici. Vuole che il Partito socialista, che deve nascere ufficialmente con il Congresso di Genova del 14 agosto 1892, sia un partito di operai e non di intellettuali positivisti borghesi. Vede nei Fasci siciliani un concreto esempio di socialismo popolare e rivoluzionario e lamenta che il marxismo non riesca a essere compreso in Italia.
Nell'anno accademico 1890-1891 fa lezione sul Manifesto di Marx ed Engels e scrive a quest’ultimo, nel gennaio del 1893, di star facendo un nuovo corso «su la genesi del socialismo moderno» ma di non riuscire a risolversi a scriverne un saggio per l'ignoranza su tanti «fatti, persone, teorie, etc, che sono tante fasi, tanti momenti né sentiti né conosciuti in Italia», come ribadisce il 7 maggio a Victor Adler che «il marxismo non piglia piede in Italia».
Su sollecitazione del Sorel, scrive In memoria del Manifesto dei comunisti, il primo dei suoi saggi sulla concezione materialistica della storia, terminato il 7 aprile 1895, che esce in francese sulla rivista del Sorel, Le Devenir social; lo spedisce a Engels in luglio, ricevendone le lodi. Anche il giovane Croce - che ne promuove la stampa in Italia - ne è influenzato tanto da attraversare il suo pur breve periodo di adesione al marxismo. Nei due anni successivi Labriola scrive altri due saggi, Del materialismo storico, dilucidazione preliminare e Discorrendo di socialismo e di filosofia.
[modifica] Il pensiero
Schematicamente, possiamo suddividere il percorso filosofico e politico di Labriola in tre diversi momenti: innanzitutto fu propugnatore dell'idealismo hegeliano (influenzato da Bertrando Spaventa, del quale fu allievo a Napoli); successivamente, possiamo distinguere una fase contrassegnata dal rifiuto dell'idealismo in nome del realismo herbartiano, ed infine, il momento della maturità, in cui aderisce pienamente al marxismo.
L'approccio di Labriola al marxismo è pesantemente influenzato da Hegel e Herbart, per cui è più aperto dell'approccio di marxisti ortodossi come Karl Kautsky. Egli vide il marxismo non come una schematizzazione finale ed autosufficiente della storia, ma piuttosto come una collezione di puntelli per capire le relazioni umane. Era necessario che questi puntelli fossero in qualche modo imprecisi se il marxismo voleva considerare la complessità dei processi sociali e la varietà di forze operanti nella storia. Il marxismo doveva essere inteso come una teoria ‘critica’, nel senso che esso non vede verità eterne ed è pronto ad abbandonare le proprie convinzioni se l'esperienza insegna diversamente. La sua descrizione del marxismo come filosofia della prassi riapparirà nei Quaderni dal carcere di Gramsci.
[modifica] Bibliografia
[modifica] Opere
- Contro il ritorno a Kant, 1862
- Socrate, 1871
- In memoria del manifesto dei comunisti 1895
- Dilucidazioni preliminari sul materialismo storico, 1896
- Saggi sulla concezione materialistica della storia, 1896
- Discorrendo di socialismo e filosofia, 1897
- Da un secolo all'altro, 1901 (incompiuto)
[modifica] Studi
- C. Fiorilli, Antonio Labriola. Ricordi di giovinezza, in «Nuova Antologia», 1° marzo 1906
- G. Berti, Per uno studio della vita e del pensiero di Antonio Labriola, Roma, 1954
- E. Ragionieri, Socialdemocrazia tedesca e socialisti italiani: 1875-1895, Milano, 1961
- L. Cortesi, La costituzione del Partito socialista italiano, Milano, 1962.
- S. Neri, Antonio Labriola educatore e pedagogista, Modena, 1968.
- L. Dal Pane, Antonio Labriola, la vita e il pensiero, Bologna, 1968
- D. Marchi, La pedagogia di Antonio Labriola, Firenze, 1971
- L. Dal Pane, Antonio Labriola nella politica e nella cultura italiana, Torino, 1975
- F. Turati, Socialismo e riformismo nella storia d'Italia. Scritti politici 1878-1932, Milano, 1979
- N. Siciliani de Cumis, Scritti liberali, Bari, 1981
- S. Poggi, Introduzione a Labriola, Roma-Bari, 1982
- B. Centi, Antonio Labriola. Dalla filosofia di Herbart al materialismo storico, Bari, 1984.
- F. Livorsi, Turati. Cinquant'anni di socialismo italiano, Milano, 1984.
- F. Sbarberi, Ordinamento politico e società nel marxismo di Antonio Labriola, Milano, 1986.
- R. Martinelli, Antonio Labriola, Roma, 1988
- A. Bugio, Antonio Labriola nella storia e nella cultura della nuova Italia, Macerata, 2005 ISBN 88-7462-040-3