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Diritto medievale - Wikipedia

Diritto medievale

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La disciplina della storia del diritto medievale si occupa dell'evoluzione del diritto dalle ultime fasi del diritto romano, cioè dal periodo posteriore all'imperatore Costantino, abbracciando la caduta dell'Impero Romano, le invasioni barbariche, l'affermarsi della Chiesa e i periodi ulteriormente successivi fino alla fine del Medioevo.

La scienza giuridica medievale si pose fin dall’inizio il problema della storicità del diritto, non come problema teorico (sulla essenziale storicità dell’esperienza giuridica), bensì come confronto concreto fra sistemi giuridici vigenti per misurarne l’oggettiva validità ed attualità.

Il compito del giurista fu di elaborare un impianto di fondo che desse anche coerenza unitaria alla miriade di nuove norme che le nuove istituzioni andavano generando. Tale compito fu assolto con l’ausilio di due strumenti: la rilettura dei testi del diritto giustinianeo e le norme che l’ordinamento della Chiesa veniva proprio allora producendo.

Contemporaneamente alla riscoperta dei testi romani, anche la Chiesa infatti rinnovò largamente il suo patrimonio normativo (diritto canonico). Nacque così, nel 1140, ad opera del monaco Graziano, la Concordantia discordantium canonum, meglio nota con il semplice nome di Decretum Gratiani.

Un altro strumento di produzione normativa di questo periodo erano le Litterae decretalis con le quali i Pontefici, rispondendo ad un quesito su una fattispecie dubbia, dettavano allo stesso tempo una norma generale. Questa normazione pontificia fu via via raccolta in successive compilazioni.

Indice

[modifica] Legge e consuetudine

In Italia, i documenti storici evidenziano la vitalità sia del diritto longobardo che del diritto romano classico. Legge e consuetudine, due fonti che in seguito saranno tenute distinte, vengono accostate. Tra IX e XI secolo, la convivenza porta anche all’instaurazione di una molteplicità di consuetudini locali (consuetudo loci, civitatis, ma anche regionis o provinciae e perfino regni), cioè all’affermazione rinnovata del principio della territorialità del diritto.

[modifica] Le prime codificazioni

Accanto ai sempre validi iura, destinati al tramonto ma sempre applicati e osservati, dal 330 d.C., col trasferimento della centralità dell'Impero a Costantinopoli, cominciò a sentirsi l'influsso delle idee d'Oriente, con l'affermarsi ulteriori delle leges e, quindi, sulla volontà onnipotente del monarca.

Da leges singole si arrivò ben presto ai Codici, che tuttavia non vanno assolutamente accostati a i Codici veri e propri scaturiti dalla ventata di Codificazione illuministica nata nel XVIII secolo, giacché non si trattava di leggi scritte da zero in un unico testo normativo, ma più che altro di raccolte di leggi vetuste, quelle che oggi chiameremmo compilazioni, riadattate con interpolazioni e l'aggiunta di poche novità. Se, dunque nessuna di queste 'leges risultò essere originale e innovativa dato che la fonte del diritto risiedeva nella volontà onnipotente dell'imperatore, ci si può chiedere, allora, quale fosse la ragione giustificatrice di questa prima età della Codificazione. Essa va in realtà rintracciata nell'enorme produzione di Constitutiones varate all'epoca di Diocleziano e Costantino per risanare sì un Impero ormai al tracollo, ma che resero di fatto l'apparato giurisdizionale pesante ed inefficiente. Ecco dunque che si sentì il bisogno di raccogliere tutto questo materiale in codici ad uso dei pratici. I primi codici vennero ad esistenza nel 284 proprio ai tempi di Diocleziano e delle riforme politiche e sociali, tra i quali il Codice Gregoriano e il Codice Ermogeniano. a mantenere la sua validità fino all'approvazione del Corpus Iuris Civilis, fu invece il Codex Theodosianus, che aggiornò e adattò le costituzioni raccolte da Costantino in avanti alle nuove esigenze dell'Impero. Noi lo possediamo solo in quanto contenuto nella Lex Romana Visigothorum, una delle leggi romano-barbariche, le più importanti delle quali furono:

  • l’Edictum Teodorici
  • la lex Romana Burgundiorum, in 46 titoli, diretta alla parte romana della popolazione del regno dei Burgundi.
  • la lex Romana Visigothorum o Breviarum Alarici: applicata nell’impero che i Visigoti avevano conquistato, fu preparata da giuristi romani che alle singole costituzioni facevano seguire una interpretazione (riassunto in forma spicciola). L’opera – che si basa su fonti sia occidentali sia orientali – è importante per il materiale che ci ha conservato.

[modifica] Articolazioni della materia

[modifica] Periodo giustinianeo

Il diritto romano giustinianeo, il diritto della compilazione giustinianea, diritto pretorio di natura giurisprudenziale in continuo adattamento alle varie esigenze della vita comune, è andato perduto nella sua integralità prima dell’XI secolo. Ricompare solo alla fine dell’XI secolo: un esemplare del Digestum Vetus venne infatti usato dai compilatori della Britannica (1090), un’importante collezione canonistica.
Il gusto per la ricerca e l’applicazione di fonti giustinianee fu il primo segno della ripresa del diritto giustinianeo nel secolo XI, ed è forse la caratteristica più importante dell’età preirneriana, che aiuta a collocare nella giusta luce la successiva attività di Irnerio.

[modifica] Leggi romano-barbariche

Il diritto barbarico è un diritto consuetudinario, basato sul principio della personalità del diritto (secondo il quale ogni soggetto vive secondo la legge della propria natio). Era il frutto di un ordinamento pluralistico basato sull’unione di diverse genti e diversi usi. Tra il X e l’XI sec. il diritto romano riemerge dalla congerie di leggi barbariche ed accoglie il principio della territorialità del diritto (secondo il quale un soggetto doveva attenersi alle leggi e agli usi del luogo in cui si trovava).

[modifica] Particolari figure del diritto longobardo

Le Scuole Longobardistiche medioevali che si ricordano sono quelle di Carlo di Tocco, Roffredo Beneventano e la Scuola Meridionale.

[modifica] Diritto carolingio

Pillio da Medicina, che insegna a Modena negli ultimi venti anni del secolo XI e nei primi anni del XII, elabora, a proposito del feudo, la distinzione tra «dominio diretto», o nuda proprietà, e «dominium utile», un forte diritto reale su cosa altrui: una teoria di grande portata, che favorisce l’innesto del diritto feudale sul diritto romano. Di lì a non molto i suoi Libri feudorum saranno accolti nei libri delle leggi, come appendici delle Novellae giustinianee. Stava compiendosi l’ascesa del diritto feudale dall’ambito delle consuetudini a quello della più prestigiosa tradizione giuridica. In altre parole, la normativa feudale entrava a far parte dei Libri legales e del circuito scolastico.

[modifica] Diritto bizantino post-giustinianeo e del Mezzogiorno italiano

  • Ecloga di Leone III l'Isaurico

[modifica] Diritto dopo l'anno Mille

[modifica] Diritto canonico (decretistica e decretalistica)

[modifica] Evoluzione del sistema giuridico d'Occidente

La caduta dell’Impero Romano d’Occidente segnò una svolta nella storia della nascente Europa, in quanto vide un nuovo apporto di culture ed identità diverse che, in parte si fusero, in parte si sovrapposero al diritto romano classico. Gli stessi re germanici, consapevoli del valore e del ruolo del diritto romano, tennero in vita l’apparato burocratico e amministrativo esistente, consentendo anche ad alcuni magistrati romani di continuare nella loro carica, per garantire ordine e funzionalità all’amministrazione dello stato.
Teodorico, re degli Ostrogoti, per esempio, riconobbe, in Italia, al Senato, il diritto di approvare gli editti reali e nominò una commissione di esperti per la ripartizione delle terre fra Goti e Romani con la possibilità di ricorso al re in caso di controversia.
Le leggi romane non furono cancellate. Era infatti evidente che le leggi germaniche, troppo semplici e basate sulle consuetudini, non erano adatte a regolare la vita sociale e politica dei regni nati dallo sfaldamento dell'Impero Romano. Si impose il principio della personalità del diritto, in base al quale ogni persona si doveva attenere alla legge del popolo d’origine e in base a quella legge doveva essere giudicata.

Il risultato dell’evoluzione di ordinamenti così diversi (romano, barbarico, canonico, ecc.) è la nascita del diritto comune: nel XII secolo, il concetto di lex communis troverà la sua piena elaborazione dottrinale e maturerà parallelamente ad esso l’idea di un imperatore "unico, supremo e legittimo depositario del diritto".
Già nel progetto di unificazione delle genti di Carlo Magno si usava dire unum imperium unum ius. Il contrasto tra legge imperiale e consuetudine segna lo studio del diritto e la riscoperta delle fonti classiche nel momento delle lotte tra il Barbarossa e i comuni: questi ultimi rivendicano la loro libertas, quello (l'imperatore) la sua auctoritas. La politica si rifletteva sui modi di intendere il diritto.

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