Thomas Bruce, VII conte di Elgin
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Lord Thomas Bruce, settimo Conte di Elgin e undicesimo Conte di Kincardine (20 luglio, 1766 - 14 novembre 1841) fu un nobiluomo e diplomatico inglese, famoso per aver rimosso le sculture di marmo dal Partenone ed averle trasporate in Inghilterra. Il complesso di queste opere sono perciò detti marmi di Elgin.
[modifica] La spoliazione dei siti antichi
Il periodo tra diciottesimo e diciannovesimo secolo coincide con l'inizio del saccheggio delle opere d'arte greche, perpetrato in particolare da Francia e Inghilterra, ma anche dal Vaticano, a favore delle collezioni del British Museum, del Musée Napoleon (da cui si sviluppa il Louvre), della Glyptothek di Monaco e del museo Pio-clementino, nucleo dei Musei Vaticani.
La spoliazione dei siti archeologici in Grecia è favorita dal contesto internazionale: la Grecia è dal XV secolo un dominio dell'impero ottomano e il Sultano di Costantinopoli, a cavallo tra i secoli in questione, si sente troppo debole per rifiutare qualcosa ai suoi protettori, che dal 1799 al 1806 sono gli Inglesi, i quali, preoccupati della dilagante influenza francese nel Mediterraneo, cercano di consolidare le proprie basi in Oriente. Del resto in Grecia non è difficile farsi rilasciare permessi di scavo: è sufficiente pagare i sorveglianti turchi.
[modifica] L'attività di Lord Elgin
In questa situazione, nel 1799 Lord Thomas Bruce conte di Elgin e Kincardine fu nominato ambasciatore inglese presso il Sultano di Costantinopoli e intraprese un viaggio in Grecia allo scopo di acquisire opere d'arte per il proprio governo e per impedire alla Francia di monopolizzare il mercato dell'arte: alcuni ritengono che Elgin agisse su incarico del governo britannico, altri ritengono, invece, che l'iniziativa fosse totalmente sua.
Ad Atene, Elgin avrebbe potuto scontrarsi con un pericoloso rivale, il vice-console francese Louis-Francois-Sébastien Fauvel (erudito e pittore, oltre che diplomatico) che, agendo su incarico dell'ambasciatore francese, stava allestendo un museo privato con sculture, calchi e vasi acquisiti su tutto il suolo greco: tutti ad Atene credevano che i marmi del Partenone fossero destinati ad abbellire, entro pochi anni, i musei di Parigi o di Londra.
La situazione, tuttavia, si presentò subito favorevole a Elgin, in quanto Fauvel e altri francesi nel 1798 erano stati arrestati dai Turchi, probabilmente spinti dagli Inglesi.
Elgin trovò così campo libero e nel 1800 si fece rilasciare dalle autorità turche di Atene il permesso di effettuare sopralluoghi sull'acropoli, unicamente al fine di effettuare rilievi, disegni e calchi. Elgin però riuscì ad andare ben oltre i limiti imposti dall'autorizzazione del governatore militare, ottenendo l'anno dopo dal Sultano stesso un firman, ossia un decreto che lo autorizzava ad asportare quasiasi scultura o iscrizione, il cui asporto non mettesse a rischio le strutture della rocca: tra il 1801 e il 1805, quando l'autorizzazione viene revocata, schiere di operai guidate dall'architetto italiano Lusieri si dedicarono ad una vasta opera di smontaggio delle decorazioni architettoniche che colpì l'Acropoli in più punti, infierendo in particolare sul Partenone e sull'Eretteo.
Il cappellano di Elgin, tale Hunt, arrivò a proporre lo smontaggio completo dell'Eretteo al fine di ricomporlo in Inghilterra, ma in questo caso gli operai, forse ostacolati dalla protesta degli abitanti di Atene, si limitarono ad asportare solamente una delle cariatidi, sostituendola con un pilastro.
Lo stesso Hunt propose inoltre di svellere e trasportare in patria i leoni collocati sopra l'architrave della porta della rocca di Micene, ma la lontananza del sito dal mare e le relative difficoltà di trasporto impedirono la realizzazione del progetto.
[modifica] I "marmi di Elgin"
In particolare vengono asportate le metope che costituivano la decorazione dell'architrave del Partenone, rappresentanti la presa di Troia, la Gigantomachia, l'Amazzonomachia e la Centauromachia; alcune sculture che articolavano il racconto mitologico della nascita di Atena, sul frontone orientale, e della contesa fra Atena e Poseidone per il predominio in Attica, sul frontone occidentale; il fregio continuo che decorava l'interno della cella contenente la statua della dea e raffiguranti la celebrazione delle feste panatenaiche. Sono questi i cosiddetti "marmi Elgin".
Nella foga dello smontaggio, gli operai non esitano a danneggiare anche gravemente le strutture degli edifici, come ricordano lo studioso di cultura greca Clarke e lo scrittore francese Chateaubriand, il quale, nel suo Viaggio in Grecia, itinerario da Parigi a Gerusalemme del 1811, accusa Elgin di aver devastato il Partenone:
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- «Ha voluto togliere i bassorilievi del fregio: per poterlo fare, gli operai turchi hanno prima spezzato l'architrave e atterrato i capitelli; poi, invece di estrarre le metope dai loro alloggiamenti, i barbari hanno trovato più agevole frantumare la cornice. Dall'Eretteo hanno preso la colonna d'angolo, tanto che oggi l'architrave è sostenuto da un pilastro di pietre».
Già a partire dal 26 dicembre 1801, temendo intrighi da parte dei francesi, Elgin aveva noleggiato una nave, la Mentor, su cui iniziò a imbarcare i reperti. Nel gennaio del 1804 arrivano in Inghilterra le prime 65 casse contenenti i primi materiali sottratti all'acropoli, che rimasero fino al 1816 alloggiate in un padiglione temporaneo fatto costruire appositamente nella casa di Elgin, il quale si vide rifiutato l'acquisto da parte del British Museum a causa dell'alto prezzo richiesto.
Solo nel 1816 si arrivò a un accordo tra le parti e i marmi, divenuti di proprietà statale, furono trasferiti al British Museum, in una galleria appositamente allestita dove risiedono tutt'oggi.
Ancora prima che i marmi arrivassero in Inghilterra, il mondo culturale inglese si sollevò contro il saccheggio: oltre a Clarke, un altro studioso che era anche pittore, Dodwell, ricorda con dispiacere di aver assistito personalmente a quello che lui stesso definisce "il saccheggio del Partenone, quando il tempio fu spogliato delle sue più belle sculture e alcuni elementi architettonici furono abbattuti senza pietà. All'estremità sud-ovest vidi stacccare molte metope".
È tuttavia il poeta Byron a scagliarsi più duramente di altri contro Elgin, definendolo, nel Pellegrinaggio del giovane Aroldo, come il "predone" che ha saccheggiato "le misere reliquie di una terra sanguinante".