Reoforo
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È chiamato reoforo il filo conduttore terminale dei componenti elettrici ed elettronici previsti per essere saldati sul circuito stampato col metodo tradizionale, ovvero infilando i due o più reofori del componente nei fori previsti sullo stampato e saldandoli con una lega di stagno/piombo sulla piccola piazzuola in rame, ricavata per metallizzazione intorno al foro. Sugli stampati a doppia faccia, in cui le piste sono presenti in entrambi i lati, anche il foro è metallizzato, pertanto, la piazzuola superiore e quella inferiore corrispondenti al foro, sono elettricamente collegate. Solitamente la loro lunghezza è maggiore di quella necessaria al posizionamento ottimale del componente sullo stampato, pertanto la parte in eccesso del reoforo viene recisa. In casi particolari, l'attrezzo che tronca il reoforo ha i taglienti conformati in modo tale da effettuare lo schiacciamento del reoforo prima del taglio, in questo modo si ha la certezza che il componente non si sfili dalla piastra prima della saldatura e un miglioramento dell'affidabilità nel tempo. Nel caso dei resistori, quando il valore di temperatura di lavoro previsto è molto elevato, in alcuni casi si sfrutta tutta la lunghezza dei reofori per mantenere più bassa la temperatura della saldatura; attorcigliandoli entrambi a formare una o due spire, la temperatura risulterà minore sul lato saldato. Le operazioni di inserimento, saldatura e taglio, possono essere eseguite manualmente o con macchine automatiche; per conferire maggior ordine e pulizia visiva sul lato saldatura della scheda, a volte viene eseguita un'ulteriore lavorazione su questo lato, consistente nella fresatura sull'intera superficie, uniformando allo stesso livello tutte le saldature.
Il materiale del reoforo è costituito da leghe di rame trattate in superficie per facilitarne la saldatura, possono essere a sezione tonda, ricavati da un filo continuo oppure a sezione quadra, ricavati per tranciatura di una lamina, possono essere prestagnati o nei casi di componentistica di qualità, dorati. Il trattamento superficiale è molto importante per l'affidabilità della saldatura nel tempo; negli anni 60, quando i reofori dei resistori erano trattati in superficie con lega ad alto tenore di piombo, questi potevano provocare dopo qualche anno di lavoro del circuito, ad uno dei guasti più difficili da individuare, ovvero intermittenza casuale del funzionamento per falso contatto. La natura del malfunzionamento del circuito era dovuto alla progressiva ossidazione del piombo presente tra la superficie del reoforo e la lega di stagno della saldatura, perfetta ad un'analisi visiva, ma non più a resistenza zero, bensì variabile con la temperatura e flessione anche minima dello stampato.
In alcuni casi il componente provvisto di reofori non viene saldato sullo stampato, ma bensì inserito in uno zoccolo appropriato, l'operazione comporta preventivamente il taglio uniforme dei reofori alla distanza di pochi millimetri dal package da cui fuoriescono, in tal modo acquisiscono la rigidità necessaria a conferire al componente la stessa maneggevolezza della tipologia dotata di pin, ovvero rapidità di sostituzione. Questa tecnica era molto in uso negli anni 70; centinaia di transistor facenti parte dei vari blocchi circuitali di strumenti di misura, avevano i singoli reofori inseriti in un minizoccolo brevettato.