Pontefice (storia romana)
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Il pontefice era un sacerdote della Religione romana. L’istituzione del collegio dei pontefici, inizialmente e fino al 300 a.C. in numero di cinque, sembra possa farsi risalire al re Numa Pompilio, successore di Romolo.
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[modifica] Attribuzioni
Il pontefice era, nella Roma arcaica, una sorta di esperto di tutto il complesso delle cose sacre, più che un sacerdote (come poi sarà in epoca successiva), il cui compito principale era quello di indicare e suggerire, alle autorità e anche ai privati, il modo più opportuno per adempiere agli obblighi religiosi affinché fosse salvaguardata la pax deorum. Una responsabilità di tanto rilievo conferiva al Pontefice un’altissima autorità ed un immenso prestigio all’interno della comunità. Poiché nella fase primitiva l’organizzazione giuridica era permeata di ispirazione religiosa, al punto da creare una quasi totale mescolanza tra i due ambiti, i pontefici avevano il pieno controllo del culto pubblico e privato e di conseguenza, tramite questo, anche il controllo dell’intera vita pubblica. Il pontefice era quindi anche l'unico interprete dell'ordinamento giuridico in quanto depositario della sapienza giuridica ed in particolare dei formulari del diritto. Non era solo un ermeneuta, ma fungeva da mediatore tra l'ordinamento giuridico esistente e la società. Le delibere dei pontefici non avevano valore di generalità e astrattezza, ma si pronunciavano sul punto di diritto del caso concreto, alla fattispecie contingente (interpretatio pontificum).
Con tali attribuzioni il pontefice di fatto, se non di diritto, rappresentava una figura limitativa del potere e dell’autorità del re (che inizialmente era un re-sacerdote), il quale doveva riconoscergli il ruolo preminente di depositario della sapienza giuridica.
Il pontifex maximus, presidente e rappresentante del collegio, ancora verso la fine della repubblica rivestiva, da un punto di vista formalmente gerarchico, il quinto posto (dopo il rex sacrorum, il sacerdote al quale erano affidate le funzioni religiose compiute un tempo dai re, ed i tre Flamini maggiori: il Dialis, il Martialis ed il Quirinalis). Il suo potere divenne tale da subordinare, di fatto, quello del rex sacrorum e da consentirgli giurisdizione sui Flamini e sulle Vestali. Tutto il collegio (come gli altri sacerdoti) aveva diritto alla toga praetexta, ai littori ed alla sella curulis.
Molte delle pronunce pontificali sono state tramandate oralmente per molto tempo, fino ad essere inserite, in una sorta di giurisprudenza, nella legge delle XII tavole nel 451-450 a.C.
Per quanto concerne la nomina dei pontefici veniva usato il sistema della cooptatio fino al 104 a.C., quando la legge Domizia introdusse l’elezione popolare.
[modifica] Etimologia
L'etimologia della parola pontifex (=pontem facere) significa "costruttore di ponti", è di origine latina, cioè il sacerdozio è esplicitamente romano, anche se tuttavia esistono i paralleli in altri popoli imparentati con i latini. In Grecia c'erano sacerdoti paralleli i gephyraei, con lo stesso significato di "costruttore di ponti". La similarità tra i due sacerdozi fa pensare che la carica sacerdotale sia molto antica, di origine indo-europea. L'origine del nome greco, deriverebbe dal fatto che in epoca antica in Tessaglia le immagini degli dei da venerare venivano poste sopra il ponte sul fiume Peneus; da qui discenderebbe il nome dei sacerdoti preposti al culto. In ambiente latino arcaico rimane il collegamento tra i pontefici ed i ponti: il primo ponte di Roma, il Sublicius, era infatti restaurato a cura del collegio pontificale.
Questo accostamento con la tradizione greca potrebbe essere un ulteriore indizio a sostegno dei miti relativi alla fondazione di Roma, che insistono sui contatti avuti tra le popolazioni latine ed alcuni profughi provenienti dalla Grecia (vedi anche Fondazione di Roma).
[modifica] Pontefici
Questi sono nomi noti di pontefici (non massimi) di epoca repubblicana:
- Marco Orazio Pulvillo, dedicatario del tempio di Giove Capitolino nel 509 a.C.
- Gaio Fabio Dorsuo (390 a.C.)
- Marco Valerio (340 a.C.)
- Publio Decio Mure (300 a.C.)
- Publio Sempronio Sofo (300 a.C.)
- Gaio Marcio Rutilio (300 a.C.)
- Marco Livio Denter (300 a.C.)
- Marco Pomponio Matho (217 a.C.)
- Lucio Emilio Paolo (217 a.C.)
- Tito Otacilio Crasso (217 a.C.)
- Publio Scantinio (fino al 216 a.C.)
- Quinto Elio Peto (fino al 216 a.C.)
- Quinto Fabio Massimo Cunctator (216 a.C.)
- Tito Manlio Torquato (216 a.C.)
- Quinto Fulvio Flacco (216 a.C.)
- Quinto Cecilio Metello (216 a.C.)
- Gaio Papirio Maso (fino al 213 a.C.)
- Marco Cornelio Cethego (213 a.C.)
- Gneo Servilio Cepione (213 a.C.)
- Gaio Livio Salinatore (211 a.C.)
- Servilio Sulpicio Galba (203 a.C.)
- Gaio Sempronio Tuditano (202 a.C.)
- Gaio Sulpicio Galba (202 a.C.)
- Marco Claudio Marcello (177 a.C.)
[modifica] Bibliografia
- Zosimo, Historia Nea, iv
- Giuseppe Grosso, Lezioni di storia del diritto romano. Giappichelli Ed., Torino, 1965
- Renato Del Ponte, La religione dei Romani. Milano, Rusconi, 1982. ISBN 8818880292.