Pasubio
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Pasubio | |||||||||||||||||
Vista panoramica dal Pasubio |
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Paese | Italia | ||||||||||||||||
Regione | Trentino-Alto Adige Veneto |
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Provincia | Trento Vicenza |
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Altezza | (max) 2.239 m s.l.m. | ||||||||||||||||
Catena | Alpi | ||||||||||||||||
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Il Pasubio è un massiccio calcareo situato al confine fra le province di Vicenza e di Trento, delimitato dalla Val Leogra, Passo del Pian delle Fugazze, Vallarsa, Val Terragnolo, Passo della Borcola, Val Posina e Colle Xomo. Fa parte delle Prealpi Vicentine e congiunge le Piccole Dolomiti all’Altopiano di Folgaria.
Indice |
[modifica] Caratteristiche morfologiche
Le pendici del monte sono molto scoscese, di carattere prettamente dolomitico e dalle caratteristiche guglie, forre e gole, soprattutto sul versante meridionale. La parte superiore è invece costituita da un piccolo, ondeggiato altopiano intorno ai 2000 metri di altitudine, in cui si alternano alcuni crinali ad ampie conche prative, spesso usate come pascoli.
Caratteristiche sono le valli laterali, impervie e scoscese, che offrono infinite possibilità di accesso alla parte più alta del monte. Di particolare interesse sono sul versante meridionale la Val Fieno, la Val Canale e la Val Fontana d'Oro, la Val Sorapàche, la Val Caprara e la Val Gulva in quello occidentale; la Val delle Prigioni, la Val di Piazza e la Val dei Foxi in quello orientale.
Il crinale principale si sviluppa in direzione nord-sud, dal Cogolo Alto alla massima altezza del Pasubio, Cima Palon (2239 m), estendendosi oltre al Dente italiano e al Dente austriaco. Si tratta della Zona Sacra del Pasubio, così dichiarata dal Regio Decreto n. 1386 nel 1922 in quanto il massiccio fu teatro dei cruenti combattimenti della Prima Guerra Mondiale ed in particolare la prima linea passava proprio in corrispondenza del suddetto crinale.
L'intero paesaggio del Pasubio è sconvolto dai combattimenti durati tre anni e mezzo: ovunque la superficie è martoriata dai crateri delle bombe, si notano ancor oggi le trincee e i camminamenti, non di rado si trovano gallerie e ricoveri. La stessa fitta rete di sentieri che permette di percorrerlo in ogni direzione è stata ottenuta nel corso della guerra, sfruttando anche i preesistenti percorsi utilizzati dai pastori, unici abitanti del luogo.
[modifica] Principali vie d’accesso
La Zona Sacra è accessibile anche mediante due strade carrozzabili, anche se oggi chiuse al traffico veicolare. Si tratta della rotabile degli Scarubbi, che parte dal Colle Xomo (1058 m) e che dopo Bocchetta Campiglia (1216 m) è totalmente sterrata. Si risale la gola delle Caneve di Campiglia con 12 tornanti per tagliare poi la parete rocciosa che cade verticale fino a risalire alle Porte del Pasubio (1928 m). Dal Pian delle Fugazze (1162 m) è possibile raggiungere le Porte del Pasubio (1928 m), ove sorge il rifugio gen. Achille Papa e il bivacco Sacchi-Marzotto, mediante un’altra rotabile che risale la Val Fieno per inserirsi infine nell’impervia Val Canale attraverso la Galleria d’Havet. Prende da qui il nome di Strada degli Eroi, in quanto sulla parete rocciosa scavata per permettere il transito sono incastonate delle targhe che ricordano le medaglie d’oro del Pasubio.
Un’altra rotabile permette l’accesso all’Alpe Pozze, nella zona settentrionale del massiccio, ove sorge il rifugio Vincenzo Lancia (1825 m), partendo dalla statale che congiunge il Pian delle Fugazze a Rovereto.
Come già detto il Pasubio presenta infine vie d’accesso attraverso le varie valli che lo solcano in ogni suo lato. È possibile perciò esplorarlo in ogni suo lato, spesso nascosto e selvaggio: talvolta i sentieri si riducono ad esili tracce ed essendo frequente che il monte sia avvolto dalla nebbia, è sempre da prestare attenzione in quanto non è raro perdere l’orientamento a causa di queste caratteristiche.
[modifica] Opere belliche
La più famosa via d’accesso al Pasubio è stata costruita nel corso della Prima Guerra Mondiale e rappresenta una delle maggiori opere belliche di tutto il conflitto, che non ha probabilmente pari in nessun luogo. Si tratta della strada delle 52 gallerie, una mulattiera che permetteva all’esercito italiano il collegamento fra la base del monte e la zona alta al riparo dal tiro nemico (la già attiva strada degli Scarubbi era invece sotto il fuoco austriaco) e in ogni stagione dell’anno.
Un’altra considerevole opera bellica del Pasubio è costituita dal sistema sotterraneo dei due Denti. Si tratta di due speroni rocciosi che superano di poco i 2200 metri, sul crinale principale, posti l’uno di fronte all’altro, divisi da una selletta. Dopo le prime fasi del conflitto il dente meridionale fu fortificato dagli italiani e quello settentrionale dagli austriaci, da cui i loro nomi. Si tratta di vere e proprie fortezze naturali, in cui furono scavati ricoveri, postazioni d’artiglieria e feritoie. In particolare nella seconda fase del conflitto, in corrispondenza dell’inverno 1917-18, furono teatro di una guerra parallela denominata “guerra sotterranea” in quanto da ambo le parti vi era il progetto di arrivare a far saltare con l’esplosivo le postazioni nemiche. Così ancor oggi è possibile individuare (con i dovuti mezzi e le dovute cautele, con la guida di un esperto) le gallerie austriache, con la Ellison che costituisce il tratto principale in direzione del Dente Italiano. Mentre quelle austro-ungariche seguivano un certo progetto iniziale, le gallerie italiane sono contorte e intricate, dovuto evidentemente al fatto che furono scavate per porre rimedio ai tentativi nemici di far saltare il Dente. Il Dente Italiano è inoltre collegato dalla Galleria Papa alla retrostante Cima Palon, il cui accesso è ben segnalato appena sotto il punto più alto del Pasubio. La guerra di mine fu caratterizzata da numerosi scoppi e alterne vicende fino alla grande mina austriaca del 13 marzo 1918, quando 50mila chilogrammi di esplosivo squarciò l’avamposto del Dente Italiano senza peraltro produrre gli effetti desiderati quanto a perdite del nemico poiché era previsto per poche ore dopo lo scoppio di una mina italiana, tanto che il presidio al Dente era ridotto al minimo.
Un secondo, considerevole sistema sotterraneo si può individuare nel Monte Corno Battisti, così denominato in quanto fu teatro, nel 1916, della cattura da parte delle truppe imperiali dell’irredentista trentino Cesare Battisti, arruolato con il ruolo di tenente nel battaglione alpino Vicenza. L’entrata a questo labirinto sotterraneo è nota solo a pochi esperti, in quanto le gallerie del Corno Battisti sono molto più pericolose e soggette a crolli rispetto a quelle dei due Denti.
Oltre alle numerose opere belliche secondarie che si possono trovare in numerose parti del Pasubio, dai ricoveri alle trincee, vi sono altre tre costruzioni successive al conflitto ma direttamente collegate ad esso.
Si tratta dell’arco “Di qui non si passa”, un arco romano costruito fra le due guerre poco distante dalla prima linea, vicino alla Sella del Comando, in corrispondenza di un cimitero di guerra di cui si possono vedere bene le tracce tuttora.
Proprio sulla Sella del Comando è stata edificata una chiesetta dedicata a Santa Maria, voluta dai reduci, dove si celebra regolarmente messa nel periodo estivo. Appena fuori dalla chiesa si trova la tomba dell’ufficiale Vittorio Emanuele Rossi, reduce del Pasubio che volle tornare lassù una volta morto, con i suoi soldati.
La terza, più famosa, opera è l’Ossario del Pasubio, costruito poco lontano dal Pian delle Fugazze nel primo dopoguerra e che rientra, con quelli del Grappa, di Asiago e di Tonezza, nel simbolo della provincia di Vicenza. Contiene le spoglie di circa 13.000 caduti di ambo le parti e anche quelle del generale Guglielmo Pecori Giraldi, comandante delle truppe del Pasubio, che volle essere lì tumulato.
[modifica] Curiosità
Secondo una recente inchiesta del giornale l'Unità su soprannomi e nomignoli dei politici italiani, Pasubio è il modo in cui Nilde Iotti chiamava con affetto Palmiro Togliatti.
[modifica] Altri progetti
- Wikimedia Commons contiene file multimediali su Pasubio
[modifica] Collegamenti esterni
- Escursioni nelle montagne venete
- NATURALMENTE FOTO - Foto di Giorgio Peripoli, Montagna Vicentina, natura e non solo
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