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Particella elementare - Wikipedia

Particella elementare

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Nell'ambito della teoria atomica si è visto nel corso del tempo che l'atomo, il quale avrebbe dovuto essere indivisibile per definizione, aveva una sua struttura interna, era cioè composto di particelle più semplici, che vennero inizialmente dette particelle subatomiche, poi fu più usato il termine particelle elementari.

Va notato che il termine particella, pur essendo entrato nell'uso comune, non è del tutto adeguato, in quanto la meccanica quantistica ha eliminato la distinzione tra particelle e onde che aveva caratterizzato la fisica del XIX secolo. Nel seguito si intendono come particelle delle entità dotate sia di aspetti corpuscolari che di aspetti ondulatori, tra loro indissolubilmente legati.

Dopo le scoperte iniziali di elettrone, protone e neutrone, il numero e la tipologia delle particelle elementari crebbero in modo continuo. Si rese necessario dedicare allo studio delle particelle una nuova branca della fisica: la fisica delle particelle. Alcune delle particelle che venivano considerate elementari si rivelarono a loro volta composte di particelle ancora più elementari. Oggi (2006), dopo un proliferare di particelle che a volte è apparso incontrollabile ed ha provocato l'uso del termine zoo delle particelle, sembra essere raggiunta una certa stabilità (con il cosiddetto modello standard).

Sul moto delle particelle, esiste un importante risultato teorico, il teorema di Ehenfest, che afferma che "il centro della distribuzione di probabilità legata ad un certa grandezza osservabile propria di una particella si "muove" come un punto materiale classico nelle stesse condizioni".

Indice

[modifica] Storia

Nel 1897 Lord Kelvin scriveva che "l'elettricità è un liquido continuo omogeneo". Queste considerazioni divennero superflue quando, nello stesso anno, Joseph John Thomson eseguì il suo celebre esperimento con cui determinò il rapporto e/m tra la carica elettrica e la massa dei raggi catodici.

I raggi catodici, così definiti in quanto emessi da un catodo, quando attraversano un condensatore subiscono una certa deviazione, il cui verso mostra che la carica portata dal fascio è negativa. Lo stesso avviene se i raggi erano sottoposti ad un campo magnetico. Compensando le deflessioni prodotte dai campi elettrico e magnetico, Thomson calcolò la velocità del fascio. L'ampiezza della flessione prodotta da ciascun campo separatamente gli consentì, inoltre, di valutare e/m, rapporto tra carica e massa dei costituenti del fascio.

Il valore di e/m che Thomson ottenne per i raggi catodici era molto elevato: questo implicava particelle con massa molto piccola rispetto alla carica. Tale particella venne chiamata elettrone, simbolo e, dal greco elektron, ambra.

Nel 1911 Ernest Rutherford, bombardando una sottile lamina di metallo con radiazioni alfa;, portò prove sperimentali per dimostrare che quasi tutta la massa degli atomi è contenuta in un minuscolo nucleo atomico con un diametro di 105 volte inferiore all'atomo stesso. La regione esterna è quindi occupata dagli elettroni di Thomson tutti uguali fra loro, ma i nuclei atomici differiscono fra loro sia per massa che per carica elettrica.

Il nucleo più leggero, quello dell'idrogeno, ha una singola carica elettrica positiva, e tutti gli altri nuclei hanno cariche positive che sono multipli interi di quella dell'idrogeno. Fu supposto, quindi, che il nucleo fosse composto da quelle particelle, qualunque fossero, di cui il nucleo dell'idrogeno aveva un esemplare. Fu battezzata da Rutherford protone, simbolo p, dal greco proton, forma neutra di protos, "primo".

Però era chiaro che i nuclei con più protoni si sarebbero disintegrati a causa della forza di repulsione elettrostatica, quindi affinché fossero stabili era necessaria o una particella stabilizzatrice o una forza diversa da quella elettrica, di intensità tale da contrastare la repulsione. In effetti entrambe le ipotesi sono vere.

Nel 1932 Irène Joliot-Curie, figlia di Pierre e Marie Curie, insieme al marito Jean Frédéric Joliot avevano scoperto che il berillio, in seguito al bombardamento con particelle provenienti da una sorgenti di polonio, emette delle particelle elettricamente neutre molto penetranti. Essi provarono che queste particelle possono espellere protoni da materiali contenente idrogeno. Sembrò naturale supporre che le particelle neutre fossero fotoni ma sarebbero occorsi fotoni ad energia troppo alta (50 MeV) per provocare un fenomeno del genere. Allora l'esperimento fu ripreso da James Chadwich che dimostrò che quelle particelle non erano prive di massa, come il fotone, ma avevano all'incirca la massa del protone. Questa particella, poi chiamata neutrone (n), era stata ipotizzata già nel 1920 da Rutherford.

A questo punto, si giunse alla conclusione che il nucleo atomico è, in realtà, costituito da protoni separati da un numero all'incirca uguale di neutroni.

Successivamente si scoprì che il neutrone ha una massa maggiore, anche se di poco, a quella del protone. Per questo motivo esso è instabile, cioè tende a decadere in altre particelle più stabili. Nel caso del neutrone abbiamo il decadimento β, noto fin dal 1900, che porta il neutrone a decadere in un protone ed in un elettrone. Tuttavia gli esperimenti di disintegrazione β mostrano che per assicurare la conservazione dell'energia era necessario un nuovo tipo di particella neutra per pareggiare l'energia totale nel sistema prima e dopo il decadimento. Questa particella fu chiamata da Enrico Fermi neutrino (simbolo ν ). Il processo di decadimento β venne considerato:

n \rarr p + e^- + \nu

Negli anni 1932-33 fu scoperta un'altra nuova particella: il positrone. Questa scoperta fu resa possibile dall'uso di un apparecchio estremamente ingegnoso, chiamato camera a nebbia, ideato da Charles Thomas Rees Wilson.

L'esistenza del positrone era già stata predetta teoricamente durante gli anni 1930-31. La predizione era basata sull'elegante teoria dell'elettrone formulata da Paul Adrien Maurice Dirac, che aveva applicato i metodi della meccanica quantistica per stabilire le equazioni d'onda in un campo elettrico. Le soluzioni di queste equazioni davano due stati elettronici con energia cinetica rispettivamente positiva e negativa.

Secondo la teoria si dovevano verificare transizioni fra i due strati. Poiché non si osservavano, Dirac dedusse che tutti gli stati di energia negativa dovevano essere occupati, ma qualora si verificasse una lacuna (cioè uno stato di energia risulta libero) essa avrebbe dovuto corrispondere a una particella osservabile con massa e spin uguali a quelli dell' elettrone e con carica opposta. Tale lacuna era il positrone. Questa particella, scoperta da Carl David Anderson, è quindi l'antiparticella dell'elettrone.

Nel corso del graduale rivelarsi delle proprietà di una particella più di una volta le convenzioni sono cambiate. Quella a tutt'oggi accettata per il neutrino è diversa da quella adottata per la prima volta da Enrico Fermi. Infatti oggi si ritiene che sia l'antineutrino (\bar \nu) la particella neutra emessa dalla disintegrazione β del neutrone:

n \rarr p + e^- + \bar \nu


Il passo successivo per lo studio del nucleo e delle sue particelle a questo punto si bloccò sulle difficoltà di definire la natura delle forze che tengono unito il nucleo.

Si cominciò a superare questo ostacolo nel 1935 con una proposta di Hideki Yukawa secondo il quale in un nucleo i protoni ed i neutroni sono tenuti insieme da un campo, allo stesso modo con cui in un atomo il nucleo e l'elettrone sono legati insieme tramite il campo elettromagnetico. Egli, inoltre, sottolineò che le piccole dimensioni del nucleo implicano che il raggio di azione delle forze nucleari sia piccolo. Ora, per i principi della relatività ristretta, la quantità di moto media del campo è dell'ordine della velocità della luce moltiplicata per la massa del quanto associato al campo. Dalle dimensioni dei nuclei Yukawa così concluse che questa massa è all'incirca 200 volte la massa dell'elettrone. Più tardi egli stesso osservò: "Poiché un quanto con massa così grande non è mai stato osservato sperimentalmente, sembra che la suddetta teoria sia errata".

Egli non sapeva, però, che Anderson e Seth Neddermeyer stavano effettuando estese ricerche sulla capacità delle particelle cariche dei raggi cosmici di attraversare la materia. I due, nonostante le difficoltà dovute all'esplorazione di un campo così nuovo, perseverarono nelle ricerche e, negli anni 1934-36, pervennero alla conclusione che nei raggi cosmici erano presenti nuovi tipi di particelle, cariche alcune positivamente, altre negativamente, di massa intermedia tra l'elettrone ed i nucleoni e si pensò che fossero proprio le particelle di Yukawa. Furono chiamate mesoni.

Una raccolta di valori sperimentali della massa dei mesoni in unità me, massa dell'elettrone, pubblicata nel 1945 concludeva che il valore medio era di 172me, ma le deviazioni da questo valore medio erano molto grandi.

Un esperimento, pubblicato nel 1947, di Marcello Conversi, Ettore Pancini e Oreste Piccioni sullo studio delle interazioni tra i mesoni dei raggi cosmici ed i nuclei atomici mostrò che questa interazione era estremamente debole. Fu allora sottolineato da Fermi, Edward Teller e Victor Frederick Weisskopf che c'era qualcosa che non andava affatto poiché queste particelle, che interagiscono così poco con i nuclei, potevano essere intermediarie solo di forze 1013 volte più deboli delle intensissime forze nucleari. Per questo motivo si concluse che quelle particelle non fossero quelle predette da Yukawa, e queste ultime non si riuscivano ad osservare a causa della loro breve vita che non permetteva di impressionare gli strumenti allora a disposizione.

Con l'avvento di nuove tecnologie però queste osservazioni furono possibili. La nuova tecnica che permise queste osservazioni, l'emulsione fotografica, fu sviluppata da F. Powell e dal suo gruppo. Dall'esame delle lastre di questi sensibilissimi strumenti si riuscirono a scoprire due differenti tipi di mesone: π e μ. Il loro decadimento era:

π → μ+ + ν

μ+ → e+ + ν + ν.


I mesoni carichi negativamente, si scoprì, si disintegrano in modo analogo ai positivi. Da studi particolareggiati si ottennero anche le masse dei mesoni π e μ (successivamente battezzati rispettivamente pione e muone) che sono rispettivamente 273 e 207 volte la massa dell'elettrone.

La scoperta dell'esistenza di due tipi di mesoni risolse la situazione. Il pione è identificato con il mesone di Yukawa e, poiché si provò che interagisce fortemente con i nuclei, serve da intermediario per le forze nucleari, mentre il suo discendente, il muone, è il mesone dei raggi cosmici osservato da Conversi, Pancini e Piccioni, che non interagisce fortemente con i nuclei.

La situazione esistente nel 1947 costituiva uno schema non troppo complicato. I neutroni (n), i protoni (p), gli elettroni (e-) ed i fotoni erano oggetti familiari. Il mesone π aveva la sua ragione d'essere quale intermediario attraverso cui le forze nucleari vengono trasmesse. Le sole particelle elementari inattese erano i mesoni μ ed i neutrini (ν).

Questo stato di cose relativamente semplici non durò tuttavia a lungo. In effetti, proprio nel 1947, a Manchester, George Rochester e Clifford Charles Butler ricavarono, da un grande numero di fotografie in camera a nebbia di particelle di sciami penetranti di raggi cosmici, tracce dovute ai prodotti carichi della disintegrazione di una particella neutra di massa uguale a circa 1000me, valore diverso da quello delle masse di tutte le particelle fino ad allora conosciute.

Due anni più tardi, nel 1949, usando la nuova tecnica delle emulsioni fotografiche, Powell ed i suoi collaboratori ottennero la fotografia di una particella di un raggio cosmico. Essi interpretarono il processo come dovuto ad una particella K che si disintegra in 3 mesoni. Sia lo schema di disintegrazione che la massa della particella primaria K non si adattavano ad alcuna delle particelle conosciute a quel tempo. Powell ed il suo gruppo chiamarono questa nuova particella mesone τ, ma successivamente venne a coincidere con K. Insieme a τ vennero identificate, in quel periodo, un gran numero di altre particelle.

Poiché tali particelle giungevano inattese, si diede loro il nome collettivo di Particelle Strane. Esse sono generate in collisioni in cui sono in gioco energie di più di un miliardo di eV.

Fino agli anni 1948-53 l'unica sorgente disponibile di energie così elevate erano i raggi cosmici. Pertanto furono avviate molte ricerche per studiare l'esistenza delle nuove Particelle Strane nei raggi cosmici. Ma i raggi cosmici non sono una sorgente controllabile di particelle di elevata energia; inoltre la frequenza con cui si incontrano particelle cosmiche di elevata energia in strumenti di dimensioni normali è molto piccola.

Fortunatamente, grazie al rapido sviluppo della tecnologia per costruire macchine capaci di accelerare particelle ad alta energia (acceleratori di particelle), diventò possibile in questo periodo costruire macchine nel dominio di un miliardo di eV. Quando nel 1953 la prima di tali macchine, chiamata cosmotrone, cominciò a funzionare al Brookhaven National Laboratory di Long Island (NY, USA), diventò possibile avere particelle strane prodotte a comando in laboratorio.

[modifica] Elenco e Classificazione delle particelle

Per approfondire, vedi la voce Lista delle particelle.

Il testo seguente è da rivedere (vedi la discussione di questa voce).
L'elenco delle particelle che sono state identificate, denominate e studiate con l'uso combinato di processi verificatisi in raggi cosmici ed in acceleratori di particelle fa salire il numero totale delle particelle a varie decine.

Dall'esame di queste particelle si è visto che esse sono stabili oppure si disintegrano spontaneamente (cioè decadono) con una vita media caratteristica. Per qualche tempo (intorno agli anni 1970) i fisici hanno chiamato risonanze quelle particelle che decadono in tempi inferiori a 10-23s (decadimento forte). Il termine è andato in disuso con la progressiva accettazione del modello standard.

In base allo spin, le particelle si distinguono tra:

I fermioni obbediscono al principio di esclusione di Pauli: due fermioni identici non possono occupare simultaneamente lo stesso stato quantico.

I bosoni, che seguono la Statistica di Bose-Einstein, sono invece liberi di affollare lo stesso stato quantico.

Gli adroni, che sono le particelle soggette all'interazione forte si distinguono in:

[modifica] Bibliografia

  • Martin Perl Tante domande, qualche risposta - Cinquant'anni di fisica delle particelle elementari, Di Renzo Editore, 2006

[modifica] Personaggi

[modifica] Voci correlate


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