Martiri di Fiesole
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I cosiddetti Martiri di Fiesole segnarono un episodio tragico della seconda guerra mondiale.
Il 12 agosto 1944, alla vigilia della Liberazione di Firenze, tre militi dei Carabinieri Reali si consegnarono ai tedeschi di Fiesole per salvare 10 ostaggi e subito dopo furono fucilati.
Seguendo l'esempio di tanti altri carabinieri, nell'aprile 1944 quelli della Stazione di Fiesole entrarono in contatto con la resistenza italiana (in particolare con la Brigata V della Divisione Giustizia e Libertà) per appoggiarne la Lotta di Liberazione.
Il comandante della stazione, vice brigadiere Giuseppe d'Amico, fu nominato Comandante militare di settore.
Il contributo dei carabinieri di Fiesole consisteva soprattutto nella raccolta di informazioni, nella fornitura di armi e viveri e nella partecipazione diretta ad azioni di sabotaggio mentre continuavano a svolgere i compiti di istituto.
Il 29 ottobre una staffetta portaordini partigiana formata da tre carabinieri di Fiesole ed un civile fu intercettata dai tedeschi. Nello scontro a fuoco che ne seguì un tedesco fu ucciso, il carabiniere Sebastiano Pandolfi (Medaglia d'Argento al Valor Militare) ed il civile furono catturati mentre due altri carabinieri riuscirono a fuggire. I due prigionieri furono immediatamente fucilati.
Il successivo 6 agosto i tedeschi arrestarono il vice brigadiere Giuseppe d'Amico sospettato di collaborare con la resistenza. L'11 agosto il vice brigadiere fece pervenire un messaggio ai suoi tre sottoposti per avvertirli che era riuscito a fuggire ed ordinar loro di entrare in clandestinità nelle fila della resistenza fiorentina.
I tre (Alberto La Rocca, Vittorio Marandola e Fulvio Sbarretti) obbedirono ma, non potendo passare le linee nemiche, costituirono una base nei ruderi di un anfiteatro romano in attesa di potersi congiungere con le forze partigiane o alleate.
Alle 14 del 12 agosto furono contattati dal monsignor Turini (cancelliere della Curia Arcivescovile di Fiesole) e dal dottor Orietti (segretario comunale) che li informarono che il Comando Tedesco, scoperta la loro fuga, aveva preso 10 ostaggi civili e minacciava di fucilarli per rappresaglia se non si fossero consegnati.
Tanto bastò ai carabinieri che, appresa la notizia e consci delle conseguenze del loro gesto, si consegnarono immediatamente al Comando tedesco che li fucilò dopo poche ore.
A ciascuno dei tre carabinieri (tutti poco più che ventenni) è stata concessa una Medaglia d'Oro al Valor Militare con la seguente motivazione:
- "Durante la dominazione nazifascita, teneva salda la tradizione di fedeltà alla Patria prodigandosi nel servizio ad esclusivo vantaggio della popolazione e partecipando con grave rischio personale all'attività del fronte clandestino. Pochi giorni prima della liberazione, mentre già al sicuro dalle ricerche dei tedeschi si accingevano ad attraversare la linea di combattimento per unirsi ai patrioti, veniva informato che il Comando germanico aveva deciso di fucilare dieci ostaggi, nel caso egli non si fosse presentato al Comando stesso entro poche ore. Pienamente consapevole della sorte che lo attendeva, serenamente e senza titubanza la subiva perché perché dieci innocenti avessero salva la vita. Poco dopo affrontava con stoicismo il plotone di esecuzione tedesco ed al grido "Viva l'Italia" pagava con la vita il sublime atto di altruismo. Nobile esempio di insuperabili virtù militari e civili".
Nel novembre del 1986 Papa Giovanni Paolo II pregò sui piedi del monumento che ricorda l'episodio e disse: Dobbiamo grande riconoscenza a coloro che, come questi giovani, sanno offrire la propria vita per la libertà, per la pace e per la giustizia.