La figlia del vento
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La figlia del vento | |
Titolo originale: | Jezebel |
Paese: | Stati Uniti |
Anno: | 1938 |
Durata: | 103' |
Colore: | B/N |
Audio: | sonoro |
Genere: | drammatico |
Regia: | William Wyler |
Soggetto: | Owen Davis |
Sceneggiatura: | Clements Ripley, Abem Finckel, John Huston |
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Fotografia: | Ernest Haller |
Montaggio: | Warren Low |
Musiche: | Max Steiner |
Scenografia: | Robert Haas |
Costumi: | Orry-Kelly |
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La figlia del vento è un film del 1938 diretto dal regista William Wyler.
[modifica] Trama
Nella New Orleans di metà XIX secolo, la orgogliosa e ribelle Julie Marston (Bette Davis) entra in conflitto con la mentalità conservatrice dell'alta società locale. La sua apparizione al tradizionale ballo di debutto in un provocatorio scollato vestito rosso porta alla rottura del suo fidanzamento con Pres Dillard (Henry Fonda) che, per quanto influenzato in senso modernista dalle frequentazioni della borghesia finanziaria e industriale del Nord, non riesce a sottrarsi alle pressioni del suo ambiente di origine.
Si ritroveranno tre anni dopo nella residenza di campagna dei Marston, mentre in città infuria "Black Jack", la febbre gialla. Ma, al ricevimento organizzato da Julie nella certezza di poter riconquistare il perduto amore, la giovane viene a sapere del suo matrimonio con Amy (Margaret Lindsay), una sobria ragazza newyorchese. I suoi successivi intrighi porteranno all'uccisione in duello dell'amico Cantrell (George Brent) per mano del fratello di Pres.
Espierà la sua colpa ottenendo da Amy di poter accompagnare Pres, che nel frattempo è stato contagiato dall'epidemia, nel lazzaretto dell'Isola dei Lebbrosi.
[modifica] Critica
Questo melodramma sudista, prodotto un anno prima di Via col vento, presenta diverse affinità con quest'ultimo. L'irruzione di immani catastrofi - la pestilenza o la Guerra di Secessione - in un tessuto di quotidiana meschinità, con una funzione catartica, quasi salvifica. Ma anche il confronto tra due anime dell'America: un Nord progressista, tecnologicamente e socialmente illuminato ed un Sud arcaico, vittima di codici d'onore e pregiudizi, con una struttura sociale fossilizzata, ma ricco di vitalità e risorse. È questo l'aspetto cui si rivolge l'attenzione di William Wyler. Ciò che lo preoccupa è soprattutto seguire i moti dell'anima di Julie, tanto da lasciare in secondo piano l'esito della vicenda. Esemplare al proposito l'episodio del ballo, sia per il sottile conflitto psicologico tra i due quasi fidanzati, sia per la contrapposizione tra l'entusiasmo e il desiderio di autorealizzazione di Julie e il muro di ostilità e diffidenza oppostole da rigide convenzioni sociali, evidenziato nel contrasto cromatico reso splendidamente, pur nel b/n, dalla ottima di fotografia di Ernest Haller tra lo sgargiante vestito rosso e i costumi bianchi delle altre dubuttanti. Anche nel confronto tra le due donne di Pres interpretate da Bette Davis e Margaret Lindsay (ambedue vincitrici del Premio Oscar, rispettivamente per la miglior attrice e la miglior attrice non protagonista) non vi è dubbio che la simpatia e l' interesse di Wyler sono rivolte alla prima.
Un'ultima menzione meritano le apocalittiche scene di massa relative all'epidemia.
Il titolo originale inglese "Jezebel" fa riferimento ad un passaggio biblico del Primo Libro dei Re letto a Julie dalla madre: "...una donna che si chiama Gezabel e commette il male al cospetto di Dio...". Acab, re di Israele, fu indotto dai suggerimenti della moglie Gezabel ad abbandonare la religione dei padri, costruendo templi al dio Baal e compiendo vari delitti.
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