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Guerre greco-puniche - Wikipedia

Guerre greco-puniche

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Le guerre greco-puniche[1] sono conflitti che scoppiarono tra i Cartaginesi ed i Greci per il controllo della Sicilia e del Mediterraneo occidentale tra il 580 e il 265 a.C. Di fatto furono le guerre tra Cartagine e Siracusa, visto che le due città rimasero, uniche non espugnate, a contendersi l'egemonia sull'isola sino al 265 a.C., anno dell'arrivo dei Romani.

Rovine del tempio"G"di Selinunte, città distrutta dai cartaginesi nel 409 a.C.
Rovine del tempio"G"di Selinunte, città distrutta dai cartaginesi nel 409 a.C.

Indice

[modifica] Rilevanza storica

Le più lunghe guerre dell'antichità mediterranea, pur non avendo portato alla vittoria finale di una delle contendenti, consegnarono alla storia le imprese memorabili di condottieri greci[2] del calibro di Dionisio I, Agatocle, Timoleonte; la lunghissima successione di alterne vicende belliche decretò inoltre la fine dello splendore di città come Agrigento, Selinunte e Mozia.

Le principali antagoniste sono città di prima grandezza nel panorama mediterraneo:

« Grande si diceva fosse la forza di Gelone, molto maggiore di ogni altra potenza ellenica. »
(Erodoto definisce la potenza del tiranno di Siracusa subito prima della battaglia di Imera[3].)

Cartagine intorno alla fine del V secolo a.C.:

«  La città più potente d'Europa.[4] »
(Filisto, Sikelikà.)

Disappunto di Pirro che lascia la Sicilia avendo fallito nell'intento di espugnare la roccaforte cartaginese di Lilibeo:

« Oh, il bel campo di battaglia , che noi lasciamo a' Cartaginesi ed a' Romani!" [5]»

[modifica] Fenici e Greci di Sicilia

I Greci evitarono per secoli lo scontro coi Fenici fondando le loro colonie al di sopra dell’asse Gibilterra-Sicilia-Cipro. L’equilibrio si ruppe con la fondazione delle colonie Cirene(sulla costa Africana) e delle colonie siceliote[6].

Dislocazione delle principali città fenicio/puniche(o filo-puniche) e greche
Dislocazione delle principali città fenicio/puniche(o filo-puniche) e greche

A partire dal 735 a.C. molti coloni greci abbandonarono la madre patria per fondare colonie sulle coste siciliane: dapprima sulla costa orientale(Naxos, Catania, Siracusa)poi su quella meridionale(Agrigento, Gela, Selinunte, Camarina, Eraclea Minoa)ed infine su quella settentrionale(Imera, Tindari; Messina). Alcune di queste divennero vere e proprie metropoli dell’antichità: Siracusa, con i suoi 500 000 abitanti ed i due imponenti porti, la lussuosa e superba Agrigento e la dinamica Selinunte, spiccavano fra le altre per ricchezza e bellezza.

Per approfondire, vedi la voce Storia della Sicilia greca.

I Fenici, apparsi in molti empori costieri in un periodo compreso tra la colonizzazione sicula(1050 a.C.circa) e l'inizio di quella greca, si sentirono da questa minacciati e si spostarono alla estremità occidentale dell'isola, concentrandosi nelle roccaforti di Mozia(Mtv), Palermo(Zyz), Solunto. Qui intrattennero ottimi rapporti con le popolazioni elime [7]di Segesta, Erice, Entella, Iaitias(secondo la tradizione classica esuli troiani, quindi avversi ai greci).

Per approfondire, vedi la voce Storia della Sicilia fenicia.

Gli interessi sugli scali commerciali siciliani e la aggressività colonizzatrice degli elleni portarono i Fenici prima ad una crescente diffidenza nei confronti dei greci e poi alla richiesta d'aiuto a Cartagine, l'unica città capace di opporsi alla straripante colonizzazione greca.

Cartagine, città fenicia fondata nell'814 a.C., nel V secolo a.C. era ormai una superpotenza ed influenzava da tempo le colonie fenicie di Sicilia controllando di fatto l'intero Mar Mediterraneo occidentale grazie alla potente flotta.

Dal VI al III secolo a.C. l'isola di Sicilia, la più grande isola del Mediterraneo, snodo delle vie commerciali tra nord, sud, est ed ovest, divenne quindi il campo di battaglia di Greci e punici: il conflitto divenne inevitabile quando le città a predominanza etnica fenicio/punica si trovarono gomito a gomito con città di fondazione greca e Cartagine vide in pericolo il suo impero commerciale.

[modifica] Primi scontri

[modifica] Il tentativo di Pentatlo

Il tentativo di creare una colonia greca in territorio fenicio/elimo per poter meglio gestire le rotte con Spagna e Sardegna sfocia nella battaglia del promontorio di Lilibeo tra le città di Selinunte(greca) e Segesta(elima filo-cartaginese). Intorno al 580 a.C. Pentatlo di Cnido, a guida di un numeroso gruppo di Cnidii e Rodii, in prossimità di capo Lilibeo, guidò i Greci di Selinunte nel territorio nemico. I Segestani risultarono vincitori e lo stesso Pentatlo venne ucciso[8]. Nel 576 a.C. trattati di pace sancirono la cessione ai vecchi proprietari delle terre occupate dai Selinuntini.

[modifica] La spedizione di Malco

Mozia: ricostruzione del lato nord della città come doveva apparire nel V secolo a.C.
Mozia: ricostruzione del lato nord della città come doveva apparire nel V secolo a.C.

Ma la situazione non si doveva esser stabilizzata se i Cartaginesi fra il 560 a.C. ed il 550 a.C. decisero di inviare in Sicilia il generale Malco al comando di un esercito che riportò dei successi militari contro i Greci dell'occidente siculo. La dimostrazione di forza era stata probabilmente concertata con gli alleati fenici ed elimi di Sicilia col fine ultimo di un consolidamento dell'area in funzione anti-ellenica. Contemporaneamente infatti, ad Erice ed a Mozia vengono potenziati i sistemi difensivi irrobustendo le mura imitando la tecnica greca; nella città dello Stagnone in particolare fu creato un sistema di 2.375 metri di mura munite da 20 torrioni quadrangolari ed una grande porta nel lato nord che ne racchiudeva tre in successione. La spedizione pone di fatto tutte le città elime e fenicie di Sicilia sotto una sorta di protettorato punico.

[modifica] La battaglia di Alalia

Luogo della battaglia di Alalia
Luogo della battaglia di Alalia
Per approfondire, vedi la voce Battaglia di Alalia.

Gran parte degli scontri tra Greci e Punici avvennero in Sicilia o in Africa. Le eccezioni furono gli scontri navali per la fondazione di Marsiglia e la battaglia di Alalia che rappresentò la fine dell'espansionismo greco nel mediterraneo nord-occidentale. I coloni ionici di Focea avevano fondato, circa nel 600 a.C., la città di Marsiglia battendo la flotta cartaginese in uno scontro navale[9] e nel 565 a.C. Aleria (in greco Alalia) in Corsica; proprio questa città costiera ricevette gli esuli dalla madrepatria nel momento in cui questa cadde nelle mani di Ciro il Grande. Le flotte congiunte di Etruschi e Cartaginesi, tra il 540 a.C. ed il 535 a.C. affrontarono la flotta greca davanti alle coste di Sardegna: fino ad allora padroni dell'alto tirreno, i due popoli intuirono il rischio di una massiccia colonizzazione di Corsica e Sardegna proveniente dalla Ionia[10]. La battaglia non ebbe vincitori né vinti, o meglio, seguendo Erodoto, i Focei riportarono una vittoria cadmea che li convinse ad abbandonare la Corsica per dirigersi, con le pentecontere superstiti, verso la Magna Grecia dove si stanziarono ad Elea[11].

[modifica] La colonia di Dorieo

A riprova della tendenza espansionistica greca, nel 510 a.C. il principe Dorieo, figlio del re Anassandrida di Sparta, conquistò alcuni territori nella zona di Erice(città elima filo-punica), fondandovi la colonia Eraclea[12] forse in prossimità del promontorio del Monte Cofano[13]. I greci furono scacciati e lo stesso Dorieo perse la vita ad opera di un esercito di Segestani e Cartaginesi[14].

[modifica] Prima campagna siciliana

Nel 480 a.C. la Sicilia divenne il teatro della prima grande campagna militare cartaginese, che si interruppe quasi subito per la sconfitta dei Cartaginesi.

[modifica] La battaglia di Imera

Per approfondire, vedi la voce Battaglia di Imera (480 a.C.).
Ricostruzione del Tempio della Vittoria, eretto dai Greci in ricordo del successo militare di Imera
Ricostruzione del Tempio della Vittoria, eretto dai Greci in ricordo del successo militare di Imera

I Cartaginesi, forse di concerto con i Persiani che si apprestavano ad invadere la Grecia, prepararono per 3 anni il più grande esercito che avessero mai formato, al comando del generale Amilcare Magone. La tradizione ci tramanda il numero, quasi sicuramente esagerato, di 300.000 uomini riguardo alla consistenza dell'esercito cartaginese ma di sicuro Cartagine mise in campo una forza formidabile, sufficiente a conquistare, se vittoriosa, molte città siceliote.

Nella navigazione verso la Sicilia, comunque, Amilcare soffrì la grave perdita della cavalleria a causa delle avverse condizioni atmosferiche. Sbarcato a Palermo, portò l'esercito nei pressi di Imera. Gerone, tiranno di Siracusa, supportato dal tiranno di Agrigento Terone, affrontarono il grande esercito punico che fu pesantemente sconfitto nella battaglia di Imera, appunto, dove lo stesso Amilcare trovò la morte per le ferite o per il suicidio suggerito dalla vergogna. I vincitori imposero ai vinti il pagamento delle spese di guerra e la clausola che di abbandonare l'uso punico di sacrificare bambini agli dei. Cartagine fu gravemente indebolita dalla sconfitta e il vecchio governo, allora nelle mani della nobiltà, fu sostituito dalla Repubblica Cartaginese.

[modifica] Seconda campagna siciliana

Dopo il 413 a.C., anno della sconfitta di Atene sotto le mura di Siracusa, Segesta, alleata degli sconfitti, cercava altri protettori nei confronti della invadenza selinuntina. Cartagine aveva grossi interessi nella punta occidentale sicula e raccolse la richiesta di aiuto degli Elimi . Dopo gli eventi della seconda campagna siciliana la sfera di influenza cartaginese sull'occidente siciliano sfocia in una vera e propria "epicrazia"[15], configurandosi pienamente a zona di controllo militare e commerciale.

[modifica] Selinunte espugnata

La città elima di Segesta invocò l'aiuto di Cartagine affinché questa la proteggesse dalla aggesssività di Selinunte che da parte sua aveva supporto a Siracusa. Nel 409 a.C.Annibale Magone, nipote di Amilcare guidò un grande esercito[16] che sbarcò in Sicilia nei pressi del promontorio di Lilibeo[17]. Assediò quindi Selinunte dopo aver ricevuto aiuti da Segesta e da altri alleati[18]. La città, che fino ad allora aveva mantenuto rapporti di non belligeranza se non di alleanza con Cartagine, fu espugnata con enormi torri di d'assedio prefabbricate: 16.000 cittadini furono trucidati e 5.000 deportati[19].

[modifica] Vendetta contro Imera

Il condottiero cartaginese si mosse allora con 40.000 uomini verso Imera per assediarla; a questo contingente si unirono 20.000 Sicani e Siculi. Respinto il primo assalto, gran parte degli Imeresi nottetempo abbandonarono la città con le navi su consiglio di Diocle, capo dei soccorritori siracusani. Il giorno seguente i Cartaginesi dilagarono nella città uccidendo il resto della popolazione e sacrificando 3.000 prigionieri nel luoco in cui era stato ucciso Amilcare(nonno di Annibale). Sciolto l'esercito, il generale punico tornò a Cartagine portando con se un immenso bottino[20].

[modifica] Terza campagna siciliana

Nel 405 a.C. Annibale Magone ripartì alla conquista delle città greche della costa sud siciliana con un esercito di Libi, Maurusi, Iberi, Fenici, Campani e Numidi[21].

[modifica] Cade Agrigento

I Siracusani, vinta una battaglia navale coi Cartaginesi nei pressi di Erice, intuendo l'imminente spedizione punica, inviarono invano richieste d'aiuto alle città greche d'Italia ed a Sparta. Annibale assediò la città di Agrigento ma grazie alle ciclopiche mura gli Agrigentini respinsero l'attacco e lo stesso Annibale morì di peste che divampò nell'accampamento cartaginese. Il vice di Annibale Magone, Imilcone riuscì a risollevare gli animi nell'accampamento cartaginese[22]. Nonostante il soccorso di 35.000 sicelioti, i generali agrigentini persero l'occasione di rompere l'assedio e fuggirono dalla città assime ai civili: la città sguarnita fornì ai punici un bottino mai visto.

[modifica] I assedio di Siracusa

Poi fu la volta di Gela e Camarina, conquistate sconfiggendo in varie riprese le forze di Dionisio I , il nuovo tiranno di Siracusa. Nel 405-404 a.C., con l'esercito indebolito dalla peste, sotto le mura di Siracusa, Imilcone fu costretto a offrire un trattato di pace agli assediati prima di ritornare a Cartagine: i Cartaginesi avrebbero conservato l'egemonia sui territori dei Sicani e degli Elimi; le città conquistate potevano essere ripopolate a patto di non erigere mura difensive e pagare un regolare contributo a Cartagine; Leontini e Messina rimanevano libere di reggersi con proprie leggi[23].

[modifica] Dionisio I, il tiranno

Dionisio I, progettando di eliminare l'influenza punica in Sicilia, fece costruire a Siracusa un eccezionale apparato difensivo (27 km di mura) il cui fulcro era il castello Eurialo, la più imponente ed evoluta opera difensiva della grecità.

Nel 398 a.C. quindi, chiamati a raccolta i reduci dalla invasione cartaginese e allestita una imponente flotta, ruppe il trattato di pace sconfinando con 80.000 fanti e 3000 cavalieri nella zona di Erice, città elima dalla quale il tiranno ricevette aiuti militari.

Mappa tattica dell'assedio di Mozia    A:Flotta punica di Imilcone; B:lingua di terra oggi scomparsa attraversata dalla flotta di Dionisio trasportata a braccia(il tratto univa Capo San Teodoro all'Isola Lunga, allora penisola); C:accampamento di Dionisio
Mappa tattica dell'assedio di Mozia A:Flotta punica di Imilcone; B:lingua di terra oggi scomparsa attraversata dalla flotta di Dionisio trasportata a braccia(il tratto univa Capo San Teodoro all'Isola Lunga, allora penisola); C:accampamento di Dionisio

Arrivò quindi di fronte alla città fortificata di Mozia, situata su un isola poco distante dalla costa siciliana e collegata ad essa da una sola strada: gli abitanti distrussero immediatamente la strada per impedire l'assedio.

A questo punto anche le città dei sicani passarono dalla parte dei greci, rimanendo di parte punica solo gli abitanti di Selinunte, Palermo, Segesta, Entella ed Ancira, città che subirono la devastazione delle campagne.

[modifica] La fine di Mozia

Il capo cartaginese Imilcone cercò di distogliere Dioniso dall'assedio di Mozia con una incursione nel porto di Siracusa ; l'incursione portò alla distruzione di diverse navi ma Dionisio continuò l'assedio ricostruendo la strada di accesso a Mozia e sfruttando macchine d'assalto di nuova concezione: le catapulte. Imilcone salpò quindi colla flotta da Selinunte ed entrò nella laguna dello Stagnone dove distrusse molte navi siracusane ma Dionisio ebbe l'idea di far trasportare a braccia in mare aperto, fuori dalla laguna, le rimanenti navi attraverso un breve tratto di terra, spiazzando tatticamente il nemico che si trovava a quel punto in parte all'interno della laguna. La mossa temeraria dei Siracusani ed il tiro delle catapulte indussero i Cartaginesi a tornare in Africa. Dionisio si potè così dedicare all'assalto di Mozia che capitolò solo dopo un sanguinoso assedio. I Moziesi sopravvissuti furono tutti venduti ad eccezione dei greci che vi vivevano che finirono crocifissi. Lasciato un nutrito presidio di Siculi in città, tornò a Siracusa.

[modifica] Fasi alterne

[modifica] II assedio di Siracusa

Imilcone, al comando di un enorme esercito[24] sbarcato a Palermo riprese Erice e Mozia; quindi, per impedire che arrivassero aiuti a Dionisio dall'Italia o dalla Grecia, espugnò Messina. A questo punto arrivò a porre sotto assedio la stessa Siracusa. Ma anche questo assedio fallì perché una nuova epidemia colpì l'esercito assediante e Dionisio colse l’attimo di debolezza del nemico per attaccarlo e metterlo in fuga. Imilcone, per l’onta, si lasciò morire di fame a Cartagine. Dionisio allora fece ripopolare Messina le cui campagne furono oggetto di una nuova incursione cartaginese guidata da Magone: una nuova vittoria siracusana liberò la zona dello stretto.

[modifica] Battaglie di Cabala e Cronio

I Cartaginesi, riorganizzatisi nel periodo in cui Dionisio combattaeva in Italia e prendeva Reggio, nel 382 a.C. tornarono in Sicilia ed attaccando l'esercito siracusano a Cabala e nei pressi del monte Cronio(località nei pressi di Sciacca): nella prima battaglia i Cartaginesi furono sconfitti e morì lo stesso Magone, nella seconda furono i punici guidati dal figlio di Magone a sconfiggere le truppe di Dionisio. Le due parti quindi ritennero vantaggioso stipulare un trattato di pace che sanciva che i Cartaginesi tenevano tutte le città assoggettate ed il territorio di Selinunte fino al fiume Alice[25] e Dioniso si impegnava a pagare le spese di guerra.

[modifica] Assedio di Lilibeo

La pace durò 14 anni dopodiché il tiranno ritentò l'eliminazione totale dei punici dall'isola: con un esercito di 33.000 uomini prese Selinunte, Erice , Entella ed assediò Lilibeo: la città, divenuta dopo la presa di Mozia la nuova roccaforte cartaginese, respinse l'attacco del tiranno.

[modifica] Dionisio II

Dopo alcuni mesi morì Dionisio I e gli succedette Dionisio II, il quale, pur disponendo di un enorme[26] esercito, meno bellicoso del padre, si occupò soprattutto di mantenere il potere messo in pericolo dalla fazione democratica[27] e da Iceta di Leontini: questi infatti, si era alleato segretamente coi Cartaginesi per prendere il potere a Siracusa.

[modifica] L'impresa di Timoleonte

Nel 340 a.C. gli aristocratici siracusani chiesero alla madrepatria Corinto di liberarli dalla tirannide di Dionisio II. Corinto inviò il generale Timoleonte che riuscì ad eludere la flotta cartaginese che gli impediva di arrivare in Sicilia poi, accolto a Taormina, la designò come sua base militare. L'obiettivo di Timoleonte era Siracusa che era in gran parte controllata da Iceta supportato dai Cartaginesi. Timoleonte sconfisse l'esercito di Iceta ad Adranon e dopo la sconfitta Dionisio II si consegnò a Timoleonte e fu da lui esiliato a Corinto.

Fiumi di rilievo(nomi antichi)
Fiumi di rilievo(nomi antichi)

. Presa Messina ed alleatosi a Catania attaccò le restanti forze di Iceta a Siracusa e conquistatala, decretò la democrazia.

[modifica] Battaglia del Crimiso

Alleatosi con molte città sicule e sicane, prese Entella e decise di tenere il fulcro delle sue operazioni militari in territorio ostile per non disturbare i territori degli alleati. Nel giugno del 340/339 al comando di un contingente inferiore numericamente all'avversario cartaginese risultò vittorioso in quella che viene ricordata come la battaglia del Crimiso, dal nome del fiume presso cui avvenne. Secondo la versione corrente a questo punto i tiranni sicelioti, opponendosi alla egemonia siracusana, spinsero Timoleonte ad accettare un trattato di pace che, pur rendendo libere tutte le città greche dal giogo cartaginese e vietando a Cartagine di supportare i tiranni avversi a Siracusa, riportava il confine tra territori punici e greci al fiume Platani vanificando di fatto la vittoria greca [28].

[modifica] Quarta campagna siciliana

[modifica] Imprese di Agatocle

Nel 315 a.C. Agatocle, divenuto tiranno di Siracusa anche grazie all'aiuto cartaginese dopo un periodo di circa venti anni di democrazia instaurata da Timoleonte, fece rientrare nella sua area di influenza la città di Messina ed altre città siceliote come Milazzo , Centuripe e Taormina[29]. Nel 311 a.C. rompendo i correnti accordi di pace con i cartaginesi(che prevedevano che Cartagine controllasse la Sicilia fino ai territori di Eraclea Minoa / Selinunte ed Imera) conquistò diversi castelli punici e devastò le campagne di Agrigento, città che ospitava molti esuli di diverse città che gli erano fieramente contrari.

[modifica] Battaglia di Ecnomo

Nel 311 a.C. Amilcare, nipote di Annone il Navigatore, attraversò Canale di Sicilia alla guida di un esercito al quale si unirono molti soldati delle città alleate siciliane: 45.000 soldati si disposero quindi sulla collina di Ecnomo[30]in prossimità dell'odierna Licata. Agatocle conquistò Gela e attaccò battaglia nei pressi del fiume Imera Meridionale(oggi Salso) e qui venne sbaragliato.

[modifica] III assedio di Siracusa

In breve molte città greche si allearono ai Cartaginesi, stanche dello strapotere di Agatocle e Siracusa si ritrovò sotto assedio punico. Ma Agatocle considerato insuperabile dal nemico il possente apparato difensivo della città, raccolse gli uomini per una spedizione apparentemente folle: decise attaccare direttamente Cartagine che sapeva senza esercito e salpò nottetempo dall'assediata Siracusa con la sua flotta e 14.000 uomini alla volta dell'Africa.

[modifica] Cartagine assediata

Dopo sei giorni e sei notti sbarcato nei pressi di Cartagine, bruciò le navi ed assediò la città. Si verificò così, per la prima volta nella storia, un assedio in cui anche gli assedianti sono assediati. I Cartaginesi, presi in contropiede da tale mossa ed incapaci di liberarsi da soli dai Siracusani a cui si era unito un contingente di 20.000 Greci di Cirene, nel 307 a.C. decisero di richiamare gran parte dei loro uomini impiegati in Sicilia. Agatocle quindi ritornato nell'isola sottrasse al controllo punico diverse città e la stessa Siracusa. In africa invece l'sercito greco fu sconfitto nonostante il ritorno del tiranno tra le sue fila. Sconfitto ma padrone di buona parte della Sicilia Agatocle mise a ferro e fuoco Segesta rea di non averne soddisfatto le richieste di denaro: molti Segestani furono uccisi crudelmente e molti venduti come schiavi; la città cambiò il nome in "Diceopoli"(città giusta). Il tiranno riuscì quindi a strappare gran parte della Sicilia alla sfera di influenza punica, trasformando però l'isola con la sua crudeltà in un luogo di scorrerie e di povertà. Il controverso tiranno morì nel 288 a.C. mentre era intento a costruire una flotta che fosse in grado di riappropriarsi dei traffici marittimi.

[modifica] Il dopo Agatocle

Succeduto ad Agatocle Iceta, questi ottenne una vittoria presso Ragusa contro gli Agrigentini supportati dai Cartaginesi ma fu da questi sconfitto presso il fiume Terias[31]. Deposto ed esiliato vi successero Tinione e Sosistrato.

[modifica] Pirro in Sicilia

Anche il passaggio di Pirro in sicilia può essere annoverato nello scontro tra Greci e punici. Nel 278 a.C. il re dell'Epiro, decise di assecondare le città greche di Sicilia che gli proponevano di scacciare i Cartaginesi dall'isola. L'epirota, esiliato il tiranno Iceta nel 279 a.C. dai Siracusani, fu nominato re di Sicilia. Egli, pur non attaccando Messina, distrusse le piazzeforti dei Mamertini e ne uccise gli esattori e, al comando di 37.000 uomini, e disponendo di elefanti e di una gran varietà di macchine d'assedio, nel 277 a.C. catturò Erice, la più munita fortezza filo-cartaginese sull'isola. A ruota segurono le conquiste di Palermo, Eraclea Minoa ed Azone e la resa di altre città filo-puniche come Segesta, Iato e Selinunte[32] nel 276 a.C. Nello stesso anno Pirro aggredì Lilibeo ma la città, resa inespugnabile dal soccorso cartaginese, resistette all'assedio. La mancata vittoria finale ed il suo dispotismo nei confronti delle città alleate(uccise Tinione e provocò la fuga di Sosistrato), sottrasse a Pirro il sostegno dei sicilioti. Fu quindi costretto ad abbandonare la Sicilia attaccato nella traversata dello Stretto di Messina dalla flotta cartaginese.

[modifica] I Mamertini e Roma

I Mamertini, nutrita compagnia di mercenari campani al soldo di Agatocle, alla morte del tiranno si trovarono improvvisamente senza lavoro. Espulsi dalla popolazione siracusana con l'accordo di lasciare l'isola, anziché lasciare la Sicilia, dopo essere stati accolti a Messina, ne presero stabilmente il controllo con la violenza[33]. I "Mamertini"(figli di Marte), controllavano Messina spargendo terrore nei territori circostanti. Per difendersi dall'attacco di Gerone di Siracusa nel 265 a.C. chiesero aiuto sia a Roma che a Cartagine.

Roma, invocata dai Mamertini minacciati dai Siracusani, vide nella occupazione di Messina un mezzo per impadronirsi dei commerci nello stretto e anticipò i cartaginesi nell'entrata in città. La dichiarazione di guerra a Cartagine e la conquista della città da parte di Roma segnò la fine delle guerre greco-puniche e l'inizio delle Guerre puniche.

Le due potenze (Cartagine e Siracusa), che fino a quel momento si erano contese il controllo della Sicilia e del Mediterraneo, ebbero a quel punto in Roma il nuovo fatale nemico, un nemico che le avrebbe superate in organizzazione ed astuzia.

[modifica] Note

  1. ^ Con minore attinenza "guerre siciliane"; solo con il nome "guerre greco-puniche" rientra in questa voce anche lo scontro navale di Alalia.
  2. ^ Le imprese dei Greci vengono magnificate dalle fonti che sono in gran parte greche.
  3. ^ Erodoto, Storie, trad. Piero Sgroj, 145-2.
  4. ^ Per lo storico la parte nord-occidentale dell'Africa era parte integrante dell'Europa
  5. ^ G.E.Di Blasi, Storia del regno di Sicilia, Vol I, pag.314.
  6. ^ Siceliota: greco di Sicilia
  7. ^ Tucidide, La guerra del Peloponneso, VI, 6
  8. ^ Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, V, 9, 3
  9. ^ Tucidide, La guerra del Peloponneso, I, 13:6
  10. ^ Erodoto, Storie, [[I, 170].
  11. ^ Erodoto, Storie, I, 166-167
  12. ^ Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, IV, 22-23
  13. ^ Articolo di M.Vento su Archeomania.com
  14. ^ Erodoto, Storie, V, 46.
  15. ^ vedasi l'intervento di S.Cataldi alle IV giornate Elime
  16. ^ 204.000 uomini secondo Eforo e 100.000 per Timeo
  17. ^ non vi esisteva ancora l'omonima città, la cui nascita avvenne dopo la distruzione di Mozia
  18. ^ probabilmente Erice ed Entella
  19. ^ Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, XIII, 43-62
  20. ^ Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, XIII, 59-62
  21. ^ 120.000 uomini per Timeo, 300.000 per Eforo, secondo il resoconto di Diodoro Siculo
  22. ^ Diodoro racconta di un sacrificio di un fanciullo
  23. ^ Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, XIII, 79-114
  24. ^ Più di 300.000 uomini secondo Eforo, non più di 100.000 secondo Timeo.
  25. ^ G.E.Di Blasi parla dell'"Alice oggi detto di Delia"
  26. ^ Ce ne parla Plutarco in Dione: 100 galee, 100.000 fanti ben addestrati , 10.000 cavalieri , arsenali ripieni di armi e macchine da guerra
  27. ^ guidata da Dione
  28. ^ Secondo una suggestiva ipotesi alternativa l'Alico è il fiume Delia o delle Arene ad ovest di Selinunte: in questo caso la battaglia del Crimisso avrebbe portato al guadagno di tutto il territorio selinuntino(la cui città altrimenti sarebbe rimasta nell'area controllata dai punici)
  29. ^ Città dalla quale venne esiliato lo storico Timeo
  30. ^ Diodoro Siculo, nel Libro 19 racconta che nel luogo Falaride, crudele tiranno Agrigentino, tenesse il suo toro bronzeo, toro che usava per un crudele supplizio degli oppositori; il luogo veniva quindi chiamato "Ecnomon", scellerato
  31. ^ San Leonardo presso Lentini
  32. ^ Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, XXII, 10, 2
  33. ^ Episodio simile avvenne ad Entella, città elima occupata dai mercenari campani di Dionisio il vecchio

[modifica] Bibliografia

  • Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, ll. I-V a cura di G.F. Gianotti, A. Corcella, I. Labriola, D.P. Orsi, Introduzione di L. Canfora, Palermo Sellerio 1986; ll. XI-XV a cura di I. Labriola, P. Martino, D.P. Orsi, Palermo Sellerio 1992; ll. XIV-XVII, a cura di T. Alfieri Tonini, Milano Rusconi 1985; ll. SVIII-XX a cura di A. Simonetti Agostinetti, Milano Rusconi 1988; ll. XXI-XL, a cura di G. Bejor, Milano Rusconi 1988; IX-XIII, a cura di C. Miccichè, Milano Rusconi 1992;
  • Herm Gerhard, L' avventura dei fenici, 1997, 330 p., traduttore Pilone Colombo G., Garzanti Libri (collana Gli elefanti. Storia).
  • Tucidide, La guerra del Peloponneso, Erodoto, Storie, (Storici greci), Edizioni integrali (collana”Grandi tascabili economici Newton"), 1997.
  • Ignazio Concordia, Segesta nel mito e nella storia, Edizioni Campo, Alcamo(TP), 2003, pg. 168.
  • Ignazio Concordia, La Sicilia Antica, Vol I, Edizioni Campo Alcamo (TP), 1998, pg. 157
  • G.E.Di Blasi, Storia del regno di Sicilia, Vol I, Edizioni Dafni Catania, Distribuzione Tringale Editore, ed. del 1844, stamperia Oretea Palermo
  • Gin Racheli, Egadi Mare e Vita, Collana "Andar per isole", Mursia, 1979-86, pag. 357.

[modifica] Voci correlate

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