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Giuseppe Di Vittorio - Wikipedia

Giuseppe Di Vittorio

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Giuseppe Di Vittorio (Cerignola11 agosto 1892 – Lecco3 novembre 1957) è stato un politico e sindacalista italiano.

Bandiera italiana
Parlamento Italiano
Assemblea costituente
On. Giuseppe Di Vittorio

Luogo nascita Cerignola
Data nascita 11 agosto 1892
Luogo morte Lecco
Data morte 3 novembre 1957
Titolo di studio
Professione contadino, sindacalista
Partito PCI
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Gruppo
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Collegio
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Incarichi parlamentari
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Indice

[modifica] Biografia

Fra gli esponenti più autorevoli del sindacato italiano del dopoguerra, a differenza di molti altri sindacalisti egli non fu operaio ma contadino, nato da una famiglia di braccianti, la classe sociale più numerosa in quei tempi in Puglia. Già negli anni dell'adolescenza iniziò una intensa attività politica e sindacale; a 15 anni fu tra i promotori del Circolo giovanile socialista di Cerignola, mentre nel 1911 passò a dirigere la Camera del Lavoro di Minervino Murge; in seguito avrebbe diretto anche la Camera del Lavoro di Bari, dove organizzò la difesa della sede della Camera del Lavoro, sconfiggendo gli squadristi fascisti di Caradonna con ex ufficiali legionari di Fiume, socialisti, comunisti e anarchici, assieme agli Arditi del Popolo.

Al centro dei problemi del lavoro c'era allora in Italia, come oggi, la questione meridionale. Nel 1912 Di Vittorio entrò nell'Unione Sindacale Italiana, arrivando in un anno nel comitato nazionale. Così come alcuni membri del sindacalismo rivoluzionario egli fu "interventista" riguardo alla prima guerra mondiale, a detta di Randolfo Pacciardi, smentito da Di Vittorio stesso in una intervista a Felice Chilanti.[1]

Di Vittorio, a cui amici e avversari riconobbero unanimi un grande buonsenso e una ricca umanità, seppe farsi capire, grazie al suo linguaggio semplice ed efficace, sia dalla classe operaia, in rapido sviluppo nelle città, sia dai contadini ancora fermi al margine della vita economica, sociale e culturale del Paese. Lui stesso era un autodidatta, entrato nella lotta sindacale e politica giovanissimo, inizialmente come socialista e successivamente – dal 1924, tre anni dopo la scissione di Livorno del 1921 – come comunista (con il PCI fu eletto deputato proprio nel 1924).

Giuseppe Di Vittorio, francobollo commemorativo.
Giuseppe Di Vittorio, francobollo commemorativo.

Giuseppe Di Vittorio Condannato dal tribunale speciale fascista a 12 anni di carcere, nel 1925, riuscì a fuggire in Francia dove aveva rappresentato la disciolta Confederazione Generale Italiana del Lavoro nell'Internazionale dei sindacati rossi. Dal 1928 al 1930 soggiornò in Unione Sovietica e rappresentò l'Italia nella neonata Internazionale Contadina per poi tornare a Parigi ed entrare nel gruppo dirigente del PCI.

Durante la guerra d'Etiopia, su indicazione del Comintern, inviò una squadra di tre persone - tre comunisti, chiamati "i tre apostoli", fra cui Ilio Barontini, molto esperto in questo genere di missioni - a organizzare la guerriglia locale contro l'invasione fascista.

Insieme ad altri antifascisti partecipò alla guerra civile spagnola e nel 1937 diresse a Parigi un giornale antifascista. Nel 1941 fu arrestato dalla polizia fascista e mandato al confino a Ventotene. Nel 1943 fu liberato dai partigiani e, negli ultimi due anni della seconda guerra mondiale, prese parte alla Resistenza tra le file delle Brigate Garibaldi.

Nel 1945 fu eletto segretario della CGIL, che era stata ricostituita l'anno prima con un accordo fra Di Vittorio, Achille Grandi e Oreste Lizzardi (patto di Roma), in rappresentanza delle tre principali correnti sindacali: comunista, cattolica e socialista. L'anno seguente fu eletto deputato all'Assemblea Costituente con il PCI.

L'unità sindacale così raggiunta durò fino al 1948, quando, in occasione dello sciopero generale politico per l'attentato contro Palmiro Togliatti, la corrente cattolica si separò e fondò un suo sindacato, la CISL, presto imitata dai socialdemocratici che si raggrupparono nella UIL.

Nel 1956 suscitò scalpore la sua presa di posizione, contro l'intervento sovietico in Ungheria, opinione diversa da quella ufficiale del PCI.

La fama ed il prestigio di Di Vittorio conquistarono la classe operaia e il movimento sindacale di tutto il mondo al punto che nel 1953 fu eletto anche presidente della Federazione Sindacale Mondiale.

Di Vittorio continuò a guidare la CGIL fino alla sua morte, avvenuta nel 1957 a Lecco poco dopo un incontro con alcuni delegati sindacali.

Per approfondire, vedi la voce Storia della Cgil.

[modifica] Bibliografia

  • Michele Pistillo, Giuseppe Di Vittorio, 1907-1924: dal sindacalismo rivoluzionario al comunismo, Roma , Editori riuniti, 1973.
  • Michele Pistillo, Giuseppe Di Vittorio, 1924-1944: la lotta contro il fascismo e per l'unità sindacale, Roma , Editori riuniti, 1975.
  • Michele Pistillo, Giuseppe Di Vittorio, 1944-1957: la costruzione della CGIL, la lotta per la rinascita del paese e l'unità dei lavoratori, Roma, Editori riuniti, 1977.
  • Michele Pistillo, Togliatti - Di Vittorio, 1956-1957: dal ventesimo Congresso alla morte del grande sindacalista, Foggia, Claudio Grenzi editore, 2007.
  • Davide Lajolo, Il volto umano di un rivoluzionario: la straordinaria avventura di Giuseppe Di Vittorio; prefazione di Luciano Lama, Firenze, Vallecchi, 1979.
  • Michele Pistillo, Giuseppe Di Vittorio; prefazione di Luciano Lama, Manduria, Lacaita, 1987.
  • Antonio Carioti, Di Vittorio, Bologna, Il mulino, 2004.
  • Adriano Guerra - Bruno Trentin, Di Vittorio e l'ombra di Stalin. L'Ungheria, il PCI e l'autonomia del sindacato. ISBN 88-230-0301-6.
  • Ghezzi Carlo; Giuseppe Di Vittorio e i fatti d'Ungheria del 1956, Roma, Ediesse, 2007. ISBN 88-230-1175-2.

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Note

  1. ^ "La vita di Giuseppe Di Vittorio" di Felice Chilanti

[modifica] Voci correlate

Predecessore: Segretario della CGdL e CGIL Successore: [[Immagine:{{{immagine}}}|30x30px]]
Ludovico D'Aragona 1944-1957 Agostino Novella I
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