Giovan Battista da Montesecco
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Giovan Battista da Montesecco (m. nel maggio 1478) fu un condottiero italiano.
Fratello del condottiero Leone da Montesecco, fu assoldato nell'esercito pontificio nel 1469.
Nell'agosto di quell'anno combatté nella guerra di Rimini contro Roberto Malatesta. Rimase ferito nella battaglia di Mulazzano e per i suoi meriti gli venne assegnato il presidio di fanteria di Castel Sant'Angelo a Roma.
Nel giugno del 1474, al servizio di Sisto IV, partecipò all'assedio di Città di Castello con Pino Ordelaffi. Nel 1477 invece venne inviato a Faenza per difendere Carlo Manfredi dalle truppe del fratello Galeotto. Qui combatté anche a fianco di Girolamo Riario, nipote del papa.
Nel 1478 venne proposto di recarsi a Firenze per coordinare la Congiura dei Pazzi con la sua esperienza di uomo d'armi. La congiura, forse decisa dal papa stesso, prevedeva la cacciata dei Medici (solo in un secondo momento si decise l'eliminazione fisica di Lorenzo e Giuliano de' Medici) con la collaborazione della famiglia Pazzi, banchieri del papa e rivali dei Medici.
Il Montesecco così lasciò Imola con 30 balestrieri a cavallo e 50 fanti e si recò a Firenze, con il pretesto di essere diretto a Montone per assediare Carlo di Montone. Conobbe Lorenzo ed ebbe l'incarico di provvedere di persona all'assassinio, prima immaginato tramite somministrazione di veleno a un banchetto (al quale però uno dei due fratelli Medici non si recò), poi tramite un assalto con i pugnali durante la messa del giorno successivo.
Il Montesecco però, che non era un sicario ma un condottiero, si rifiutò categoricamente di compiere un atto tanto efferato per di più in una chiesa durante una funzione religiosa, e perciò venne sostituito da due preti meno esperti in fatti d'arme, Stefano da Bagnone e il vicario apostolico Antonio Maffei di Volterra.
Essi fallirono nell'incarico di uccidere il Magnifico e tutta la congiura fu un fallimento e segnò la condanna di quelli che vi avevano preso parte. Il ritardo delle truppe militari di appoggio e la furia popolare segnarono la sconfitta.
Si rifugiò in un convento benedettino, ma venne scovato e catturato dei fiorentini. Sotto tortura confermò per iscritto tutti i partecipanti al complotto (compreso il Papa). Fu decapitato nel Palazzo del Bargello e la sua testa venne collocata a monito sul portale.