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Le metamorfosi (Apuleio) - Wikipedia

Le metamorfosi (Apuleio)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Le metamorfosi (Metamorphoseon) dello scrittore latino Apuleio costituisce, assieme al Satyricon di Petronio, l'unica testimonianza del romanzo antico in lingua latina. È infatti l'unico romanzo latino pervenuto intero ad oggi. Con l'intreccio di episodi variamente collegati alla magìa che ne costituisce la nervatura, lo scritto non sarebbe potuto passare sotto silenzio all'epoca del processo per magia cui l'autore fu sottoposto nel 158; quindi è possibile desumere che la sua stesura sia posteriore a quella data.

Il titolo Metamorphoseon libri conobbe presto la concorrenza di quello con cui l'opera fu indicata da Agostino di Ippona nel De civitate Dei (XVlll, 18): Asinus aureus, L'asino d'oro.

Indice

[modifica] Il soggetto

Degli undici libri, i primi tre sono occupati dalle avventure del protagonista, il giovane Lucio (omonimo dell'autore, che forse proprio dal protagonista assunse il nome) prima e dopo il suo arrivo a Hypata in Tessaglia (tradizionalmente terra di maghi). Coinvolto già durante il viaggio nell'atmosfera carica di mistero che circonda il luogo, il giovane manifesta subito il tratto distintivo fondamentale del suo carattere, la curiosità, che lo conduce ad incappare nelle trame sempre più fitte di sortilegi che animano la vita della città.

Ospite del ricco Milone e di sua moglie Pànfile, esperta di magia, riesce a conquistarsi i favori della servetta Fotide e la convince a farlo assistere di nascosto a una delle trasformazioni cui si sottopone la padrona. Alla vista di Pànfile che, grazie a un unguento, si muta in gufo, Lucio prega Fotide che lo aiuti a sperimentare su di sé tale metamorfosi. Fotide accetta, ma sbaglia unguento, e Lucio diventa asino, pur mantenendo facoltà raziocinanti umane.

È questo l'episodio-chiave del romanzo, che muove il resto dell'intreccio. Lucio apprende da Fotide che, per riacquistare sembianze umane, dovrà cibarsi di rose: via di scampo che, subito cercata, è rimandata sino alla fine del romanzo da una lunga serie di peripezie che l'asino incontra.

[modifica] Piani narrativi

Una seconda sezione del romanzo comprende le vicende dell'asino in rapporto a un gruppo di briganti che lo hanno rapito, il suo trasferimento nella caverna montana che essi abitano, un tentativo di fuga insieme a una fanciulla loro prigioniera, Càrite, e la liberazione finale dei due ad opera del fidanzato di lei che, fingendosi brigante, riesce a ingannare la banda.

Il racconto principale diviene cornice di un secondo racconto, ossia della celebre favola di Amore e Psiche narrata a Càrite dalla vecchia sorvegliante. Nei libri successivi, ad esclusione dell'ultimo, riprendono le tragicomiche peripezie dell'asino, che passa dalle mani di sedicenti sacerdoti della dea Siria, dediti a pratiche lascive, a quelle di un mugnaio che è ucciso dalla moglie, a quelle di un ortolano poverissimo, di un soldato romano, di due fratelli, l'uno cuoco e l'altro pasticciere.

Ovunque l'asino osserva e registra azioni e intenzioni con la sua mente di uomo, spinto sia dalla curiosità, sia dal desiderio di trovare le rose che lo liberino dal sortilegio. Della sua natura ambivalente si avvedono per primi il cuoco e il pasticciere, scoperta che mette in moto la peripezia finale. Informato della stranezza, il padrone dei due artigiani, divertito, compra l'asino per farne mostra agli amici. In un crescendo di esibizioni, Lucio riesce a sfuggire, a Corinto, dall'arena in cui è stato destinato a congiungersi con una condannata a morte, e nella fuga raggiunge una spiaggia deserta dove si addormenta.

Il brusco risveglio di Lucio nel cuore della notte apre l'ultimo libro. La purificazione rituale che segue e la preghiera alla Luna preparano il clima mistico che domina la parte conclusiva: Lucio riprende forma umana il giorno seguente, mangiando le rose di una corona recata da un sacerdote alla sacra processione in onore di Iside, secondo quanto la stessa dea gli aveva prescritto, apparendogli sulla spiaggia. Grato alla dea, Lucio si fa iniziare al culto di Iside a Corinto, stabilitosi a Roma, per volere di Osiride, si dedica a patrocinare le cause nel foro.

[modifica] Contaminazione di generi

Le Metamorfosi sono caratterizzate da uno stile narrativo che nell’antichità mancava di una fisionomia definita; appaiono quindi come una contaminazione di generi diversi (epica, biografia, satira menippea, racconto mitologico, ecc.). Nel caso specifico è problematico il rapporto con le fabulae Milesiae (racconti licenziosi che ispirarono anche Petronio), a cui lo stesso autore riconduce l'opera, ma la perdita pressoché totale della traduzione che Cornelio Sisenna (120 a.C.67 a.C.) fece delle originali fabulae Milesiae di Aristide di Mileto (II secolo a.C.) ne rende oscure le origini.

Un romanzo pervenuto nel corpus delle opere di Luciano di Samosata, un testo oggi totalmente perduto, sviluppa lo stesso intreccio del romanzo latino, col titolo di Lucio o l'asino, in lingua greca e in forma nettamente più concisa rispetto a quella di Apuleio; ma non sono chiari i rapporti relativi e la priorità dell'uno o dell'altro dei due scritti e se abbiano avuto una fonte comune, inoltre quest'opera è una ripresa in chiave burlesca di un romanzo di Lucio di Patre a noi giunto frammentario.

È certo che il finale, con l'apparizione di Iside e le successive iniziazioni ai misteri di Iside e di Osiride, appartiene ad Apuleio; anche perché il protagonista, un giovane che si definisce greco in tutto il romanzo, in questo libro, inopinatamente, diventa Madauriensis, sovrapponendo l’io–scrivente all’io-narrante.

Sono comunque differenti il significato complessivo e il tono del racconto: infatti, il testo pseudolucianeo, rivela l'intenzione di una narrativa di puro intrattenimento, priva di qualsiasi proposito moralistico, mentre le Metamorfosi di Apuleio - sotto l'apparenza di una lettura di puro svago, intessuta di episodi umoristici e licenziosi - assume in realtà i caratteri del romanzo di formazione.

Lucio il protagonista è caratterizzato dalla "curiositas", la quale risulta un elemento positivo entro determinati limiti, che egli non rispetta facendo scattare così la punizione: metamorfosi in asino, animale considerato stupido ed utile solo nel trasporto di grandi carichi. Lucio però mantiene l’intelletto umano, e per questa ragione nel titolo è definito l’asino d’oro, e possiede comunque un punto di vista privilegiato perché osserva gli uomini nei lori gesti quotidiani. Il romanzo rappresenta anche una denuncia alla società perché corrotta, ed infatti nel libro sono rappresentati: imbroglioni, prostitute ed adulteri. Il percorso che dunque Lucio si trova ad affrontare è di espiazione, in quanto passa dalla mani di briganti e mugnai alle esibizioni circensi. Il protagonista rappresenta l’uomo che pecca, e che solo dopo l’espiazione dei suoi peccati si può salvare, sino ad arrivare alla conversione al culto di Iside diventandone sacerdote.

[modifica] Amore e Psiche

Per approfondire, vedi la voce Amore e Psiche.

A conferma del fatto che questa è una chiave di lettura suggerita dall'autore, alcuni episodi minori dell'intreccio trovano corrispondenze precise con la vicenda di Lucio, anticipandola o rispecchiandola. Emblematico è il caso della favola di Amore e Psiche che, grazie al rilievo derivante dalla posizione centrale e dalla lunga estensione, assume valore prefigurante nei confronti del destino di Lucio.

La trama rispecchia tradizioni favolistiche note in tutti i tempi: la figlia minore di un re suscita l'invidia di Venere a causa della sua straordinaria bellezza, e viene, per volere della dea, data in preda a un mostro. Cupido, figlio di Venere, vedendola, se ne innamora e la libera, portandola al sicuro in un castello, dove ne diviene l'amante. Alla fanciulla, che ignora l'identità del dio, è negata la vista dell’amato, pena l'immediata separazione da lui. Tuttavia, istigata dalle due sorelle invidiose, Psiche non resiste al divieto e spia Amore mentre dorme: all'inevitabile, immediato distacco pone rimedio la dolorosa espiazione cui Psiche si sottomette, attraverso varie prove. La novella si conclude con le nozze e gli onori tributati a Psiche, assunta a dea.

La favola di Amore e Psiche svolge nella struttura del romanzo una precisa funzione letteraria: riproduce in scala ridotta l'intero racconto e impone ad esso la giusta chiave di lettura. Tocca al racconto secondario, contenuto nel corpo del romanzo, rendere più complessa la prima lettura attivando una seconda linea tematica (quella religiosa), che si sovrappone alla prima linea tematica (quella dell'avventura) per conferirle un contenuto iniziatico.

Le vicende di Lucio possono essere lette come le prove cui è sottoposto un essere che, dopo un tempo d'alienazione e di errabonde peripezie, è fin dall'inizio promesso alla salvezza voluta dalla dea signora delle trasformazioni. Senza l'inserzione della favola di Amore e Psiche, Apuleio non avrebbe potuto dirigere gli avvenimenti narrati verso la giusta lettura, per fare del romanzo la storia di una redenzione. L'evidente significato allegorico nulla toglie alla leggerezza del racconto che segue felicemente la tradizione favolistica.

Le altre digressioni inserite nell'intreccio principale sono costituite da vicende di vario tipo, ove il magico (primi tre libri) si alterna con l'epico (storie dei briganti), col tragico, col comico, in una sperimentazione di generi diversi che trova corrispondenza nello sperimentalismo linguistico, con la sola eccezione del libro XI, dove la componente mistica ha il sopravvento e la forma animale di Lucio ha perduto quasi totalmente importanza, mentre nel corso del romanzo proprio la presenza costante delle riflessioni dell'asino crea un effetto di continuità che forma i due livelli di lettura, e scandisce il senso complessivo della vicenda come iter progressivo verso la sapienza.

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