Teoria della scelta pubblica
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La teoria della scelta pubblica (Public Choice) è una teoria economica elaborata negli Stati Uniti negli anni sessanta e sviluppata negli anni settanta, principalmente ad opera di James M. Buchanan che nel 1986 vinse il premio Nobel per l'economia.
Questa scuola economica si occupa dei comportamenti degli attori preposti per le scelte pubbliche, i quali sono considerati appartenere a tre categorie:
- Politici: che operano in vista di una loro rielezione per continuare ad adottare scelte per la collettività.
- Elettori: che domandano ai politici di fare alcune scelte anzichè altre.
- Burocrati: che dovrebbero attuare le scelte richieste dagli elettori e in seguito riformulate dai politici.
Per la teoria della scelta pubblica i tre attori che "fanno scelte" in realtà non scelgono in previsione di un beneficio collettivo ma ritengono più importanti interessi personali (come prestigio, ricchezza, potere, vantaggi fiscali).
Buchanan presume di conseguenza un fallimento dello stato che è impossibilitato a fornire beni e servizi efficienti senza incappare in ingenti sprechi di risorse finanziarie. In particolare la critica è rivolta contro chi realmente detiene il potere di realizzare le scelte pubbliche, ovvero la categoria dei burocrati. Questi ultimi, vista la loro posizione vantaggiosa, cioè quella di essere gli unici a poter determinare il budget di spesa dei loro uffici, tenderanno a ingrandirli in misura sempre maggiore, per raggiungere il prestigio sociale di "imprenditori capaci", dal momento che non possono appropriarsi dei profitti conseguiti del loro lavoro e poiché le loro capacità non vengono riconosciute dallo stato, il quale però riconosce le capacità di imprenditori privati.
Come soluzione Buchanan propone la ricostituzione dello stato attraverso l'apposizione di rigorosi vincoli alla spesa pubblica e all'emissione di moneta, riformulando l'intervento dello stato in economia.