Teatro La Vittoria (Ostra)
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Teatro La Vittoria | |
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Tipologia | sala a ferro di cavallo con 2 ordini di palchi |
Capienza | 65 in platea, in totale 184 posti |
Periodo | 1863 - 1867 |
Progettista | Francesco Fellini |
Indirizzo | Piazza dei Martiri |
Telefono | +39 071 7980606 |
Sito | Sito del comune sul teatro |
Il Teatro La Vittoria di Ostra (AN) è lo storico teatro della città.
[modifica] Storia
Ostra da sempre vanta personaggi di cultura e uomini letterati, basti pensare a Francesco Vitale da Montalboddo detto Francazio da Montalboddo che nei primi anni del’500 occupava la cattedra di grammatica e matematica all’ateneo di Padova, e che fu il 1° relatore dei viaggi di Cristoforo Colombo, A. Vespucci e Vasco de Gama. E già all’epoca Montalboddo vantava un teatro, situato a capo della omonima via (a fianco dell’ospedale civile) “nei pressi dei giardini del Conte Gherardi”.. Nel ‘600 poi l’arte si fa più viva con “De Grandis” e gli “Albruzi” musici ostrensi di alta statura artistica, destinati alle più prestigiose corti d’Europa. Nello stesso periodo venne fondato a Montalboddo l’ordine dei Padri Filippini istituzione che contemplava l’esecuzione di messaggi biblici in prosa e in musica. Alla metà del 1700 venne presentato il prospetto di un nuovo palazzo comunale ed è questa l’opportunità di donare al teatro un’ubicazione più idonea. Il grande progetto voluto dal Cardinale Nicola Antonelli nasce sull’area del palazzo comunale precedente, con la costruzione di due edifici laterali in avancorpo, destinati rispettivamente alla residenza del podestà e al teatro. Nel 1768 il consiglio comunale stabilisce l’inizio dei lavori con una previsione di spesa di 1600 scudi, i quali avrebbero dovuto gravare esclusivamente sui cittadini e non sul comune. Al contempo viene sottoscritto un concorso all’attribuzione dei palchetti che erano contesi tra le famiglie più ricche. I progetti eseguiti dall’architetto di Fano, Domenico Bianconi verte su tre punti base: - platea a sesto di campana, - giro completo di 13 palchi - 4 ordini di palchi. Vengono così realizzati 52 palchetti e dato molto spazio alla platea, mortificando l’ampiezza del palcoscenico. I documenti collocano i lavori all’ inizio del 1770 e l’apertura al pubblico per la 1° rappresentazione intorno all’ottobre 1773. L’attività del teatro è abbastanza vivace e intensa e va distribuita nel periodo del patrono S. Gaudenzio per proseguire poi nel periodo che anticipa la quaresima, dato che le rappresentazioni erano di tipo religioso e la Chiesa ne proibiva l’attività per il resto dell’anno liturgico, come pure di indossare il colore viola(utilizzato nelle funzioni religiose) La struttura fu realizzata con troppa fretta e spesso con materiali scadenti (come commentò l’architetto Ghinelli di Senigallia), tanto che già nella prima metà dell’ ‘800 si hanno i primi sintomi di cedimenti strutturali. Fino a giungere al 1856, anno in cui viene negato l’accesso ad una compagnia per inagibilità del teatro stesso e la conseguente chiusura al pubblico. Sotto le pressioni dei cittadini il 13 luglio 1861 venne aperto il cantiere per la ristrutturazione del teatro. Il 29 luglio dello stesso anno il sindaco Desiderio Lauri, alla presenza di tutte le autorità, pose la 1° pietra e il verbale redatto fu inserito in un tubo di zinco con una lira, in segno di buon auspicio e murato all’interno di una testa di leone, ancora ben visibile presso l’anticamera del botteghino. La testa di leone reca l’iscrizione “1863 MEMORIAT”. Li progetto per la ricostruzione, attribuito al progettista Francesco Fellini da Barbara, indica: - platea a ferro di cavallo - 2 ordini di palchetti( 1° ordine da 14, e il 2° da 15) - 2 lunette di proscenio - loggione Viene ridata molta importanza al palcoscenico, creato un atrio d’attesa, i camerini per gli attori e lo spazio aereo per i praticabili e i macchinari di scena. Ben visibili tutt’ oggi sono il ballatoio per il posizionamento delle bobine, i macchinari di scena, le ruote per il movimento del sipario e degli scenari. ) Il tutto risale al 1800 ed è ancora perfettamente funzionante. Per pubblicizzare la riapertura Montalboddo si avvale dei suoi concittadini che ricoprono importanti cariche nelle grandi città italiane. Ne è un esempio Giovanni Battista Pettinari detto il “Mancino”, giocatore di Serie “A” del gioco del bracciale che contattò alcune compagnie teatrali. Nel 1867, ancora volta ed Edison non avevano ancora inventato la lampadina, quindi per l’illuminazione veniva usato olio d’oliva d’annata, mentre per il palcoscenico piccoli specchietti riflettevano la luce delle candele. La lumiera in passato veniva calata con l’ausilio di un argano. Il lampadario che si vede oggi è al lumiera originale. L’apertura del teatro è indici di cambiamenti per la stagione teatrale, in quanto le compagnie non si fermano più a lungo e le date di rappresentazione sono ridotte. Ora va in scena la prosa e il canto, l’operetta con compagnie orchestrali. Alle rappresentazioni di carattere religioso si avvicendano compagnie di ginnasti, schermitori, equilibristi. In questi anni si notano grandi nomi di compagnie come la DUSE e ZACCONI. Con l’avvento del cinema il teatro subisce un notevole calo di presenze. Nel 1919 il teatro assume anche la funzione di cinematografo. La grande lumiera che ostacola la proiezione viene eliminata, e sul palcoscenico viene posato un telo bianco che funge da schermo. Negli anni ’70 il teatro riprende vita con spettacoli di natura amatoriale portando un a ventata di novità e dal 1991 per alcuni anni il teatro il Ostra è stato la sede del concorso lirico internazionale “Angelica Catalani” Ben presto, a causa del grave incendio che devastò il teatro “LA VITTORIA “ di Torino coi suoi 13 morti, obbligò Ostra a chiudere il teatro in quanto la sua struttura non rispettava le norme di sicurezza vigenti. Dopo 14 anni il teatro è stato riaperto al pubblico nel 1998 apportando tutte le varie misure di sicurezza e migliorie di sistema, conservando il fascino e l’atmosfera dell’epoca.
[modifica] Architettura e decorazioni
Un atrio decorato da stucchi fa da preludio alla sala degli spettacoli che si presenta con pianta a ferro di cavallo. Due ordini di palchi per un totale di 29, sono sormontati da un loggione a balconata aperta con due aperture a lunetta sul proscenio. Le decorazioni furono affidate all'anconetano Fortunato Fiorini che realizzò gli stucchi dorati dei parapetti a fascia e dei pilastrini leggermente arretrati, così come quelle delle lesene e dell'architrave di proscenio. Enrico Andreani realizzò il sipario che riproduce la piazza San Martino con il palazzo comunale e l'edificio del teatro. Il corredo scenico tuttora esistente è opera dello stesso Enrico Andreani e di Raffaele Boni, mentre i dispositivi scenici dei macchinisti sono opera di Pasquale Cortesi e Vincenzo Nini. La volta della sala ha al centro un motivo circolare a stucchi dorati che funge da cornice al grande lampadario a cristalli.