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Alfa Romeo V6 Busso - Wikipedia

Alfa Romeo V6 Busso

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Nel 1979 l'Alfa Romeo realizzò un motore V6, noto anche come "Busso" in merito al suo progettista Giuseppe Busso, ormai entrato nella storia e considerato se non il migliore, uno dei migliori motori V6 di sempre.

Indice

[modifica] Contesto

Il V6 Alfa nasce dalla necessità di adottare un motore di cilindrata e potenza maggiore per la ammiraglia sostituta dell'Alfetta, dal nome in codice "progetto 119" in seguito denominata Alfa 6, e anche in seguito alla continua crescita dimensionale delle vetture, perciò a tale scopo era necessario il passaggio ad un motore con architettura a 6 cilindri. Tuttavia l'esperienza maturata dalla casa durante gli anni cinquanta con il motore in linea a sei cilindri, che causava dei problemi torsionali dell'albero a gomito che limitavano il potenziale prestazionale del motore, suggerì di studiare un'unità con i cilindri disposti a V tra l'altro più compatto e facilmente installabile in un vano motore senza dover ricorrere a lunghi sbalzi anteriori della vettura che, a parità di lunghezza del veicolo, si sarebbero tradotti in riduzione dell'abitabilità longitudinale della vettura.

La compattezza del motore ne rese possibile, successivamente, l'utilizzo in posizione trasversale a partire dall'Alfa Romeo 164 in poi. Il progetto del motore ebbe un breve periodo di stop nel 1974 a causa della crisi petrolifera - energetica, dopo la crisi il progetto fu rilanciato anche dall'esigenza di produrre berline nella fascia tra i 2 e i 3 litri di cilindrata; da qui nacque l'Alfa 6 nel 1978.

[modifica] La prima versione del V6

Il motore dell'Alfa 6 era un 6 cilindri a V di 60° di 2492 cc con un alesaggio di 88mm e una corsa di 68,3mm. Come già fatto in precedenza da Alfa, questa cilindrata era da base di partenza per motori più grandi e, infatti, dopo alcuni anni il propulsore crebbe sino a 3 litri.

La soluzione di disporre i cilindri a V di 60° era una via di mezzo tra un 6 cilindri in linea ed un V6 di 90°, infatti il motore risultava più corto del primo e più stretto del secondo mentre l'altezza del propulsore era nella media. Inoltre l'albero a gomiti del V6 poteva contare su un numero di vibrazioni ridotte rispetto ad un 6 cilindri in linea e perciò poteva girare ad un numero di giri più elevato. L'albero a gomito poggiava su quattro supporti.

Ecco cosa ricorda di quel periodo il progettista del motore:

« "Il V6 nacque per sostituire i 2.600 6 cilindri in linea (che tra l'altro aveva evidenziato problemi torsionali che ne pregiudicavano l'incremento prestazionale) e doveva essere più compatto del V8 con una cilindrata superiore ai 2 litri. Verificammo certe nostre ipotesi con un 4 cil. sperimentale che girò a Parigi in un centro di sviluppo della Bosch, che mise l'Alfa Romeo in condizione di compiere i primi esperimenti con l'iniezione elettronica. La distribuzione avveniva tramite un albero a camme in testa azionato da una cinghia posteriore che comandava direttamente le valvole di aspirazione e, attraverso una piccola punteria e un bicchierino, quelle di scarico. I positivi riscontri ci incoraggiarono a derivare da quello schema un 6 cilindri a V di 60° con cilindrata di 2.5 - 3 litri, che iniziò a "girare" al banco verso la fine del 1968".  »
(Giuseppe Busso)

[modifica] Il motore nelle competizioni

L'"evoluzione" massima (se così possiamo definirla in quanto evoluzione di un "concetto") e più raffinata del V6 progettato dall'ing. Busso è senza dubbio costituita dall'unità montata sulla "155 V6 TI" che ha vinto il Campionato DTM nel 1993 con Nicola Larini e che disputò anche l'ITC, Campionato Internazionale FIA Turismo, con le vetture nei colori Martini. Con la 155 DTM/ITC disputò alcune gare anche Fisichella. Alcuni degli altri piloti che hanno corso con la 155 DTM/ITC: Alex Nannini, Giorgio Francia, Stefano Modena, Christian Danner, Gianni Giudici. La 155 TI, dotata di trazione integrale (coppia 33% ant. 67% post.) utilizzava un motore progettato dall'ing. Giuseppe D'Agostino che manteneva l'interasse di serie (133 mm, unico vincolo previsto dal regolamento) e inizialmente anche l'angolo delle bancate a 60°, poi portato a 90°. Alesaggio 93 mm, corsa 61.3 mm. (con rapporto alesaggio/corsa quindi molto simile a quello di serie). Probabilmente poi era quello di serie anche il basamento (e, inizialmente, nel 1993-94, anche il monoblocco). Le testate erano inedite, con angolo valvole ancora più stretto di quello di serie. Ecco perché possiamo parlare di "massima evoluzione" del "V6 Busso", perché pur trattandosi di un motore progettato per le corse DTM (enorme libertà di preparazione) aveva come riferimento concettuale il motore V6 2.500 realizzato dal geniale progettista torinese. Peraltro era stato interamente progettato e costruito nella struttura "Alfa Corse", la quale sfruttava anche attrezzature e personale ex-Abarth. I materiali e i manovellismi erano molto sofisticati, tanto che il peso era di soli 110 kg, con alleggerimenti stile F.1 e pistoni-bielle specifici "corsa" e un poderoso impianto di aspirazione. Il regime max. era di 11.500 (poi 12.000) giri. Il propulsore disponeva inizialmente di ben 430 cv e 30 kgm a 9.000 giri per arrivare a circa 490 cv nell'ultima evoluzione ITC 1996 con richiamo valvole pneumatico tipo F.1 e angolo bancate di 90°. La 155 V6 TI è tornata alla vittoria nel CIVM con La Vecchia (anni '90) e Pandolfi (2007).

IL propulsore di Busso è stato utilizzato con successo anche nel Campionato Italiano Prototipi dove nella versione 3.000 24V (derivato dalla serie, 300 cv in CN4 e 380 in SR2) e 3.000 12V (derivato sempre dal 12V di serie) ha vinto moltissimi titoli assoluti e di classe (CN4, SR2, CN3).

La versione 3.2 delle 147 e 156 GTA, pur essendo la più potente, è l'unica che non è mai stata utilizzata in gare automobilistiche ufficiali di una certa rilevanza.

[modifica] Il V6 3,2 delle GTA

In seguito il medesimo motore venne montato sulla 156 e sulla 147 GTA e la versione depotenziata da 240 CV venne montata sulla GT.

La versione 3.2 rappresenta la definizione di "Cuore Sportivo": Corposo in basso, cattivo in alto, potenza sempre disponibile e grande elasticità.

Da notare come i 250 cavalli siano stati ottenuti con un semplice aumento della corsa senza adottare variatori di fase.

E' da considerare uno dei migliori motori costruiti di tutti i tempi.

La Autodelta UK (che non ha niente a che vedere con la storica scuderia della Casa) modifica i V6 Busso 3.2 aumentando l'alesaggio e portandolo a 3750 cc, alleggerendo i manovellismi e arrivando perfino a montare un compressore Rotrax. Il motore così preparato arriva ad erogare la potenza record di 420 cavalli a 7000 giri/min (sovralimentato) oppure 327 cavalli per la versione aspirata.

Dopo 25 anni di onoratissima carriera il V6 Busso è uscito fuori produzione a causa delle normative antinquinamento nel 2004. Fiat decise che aggiornarlo sarebbe stato troppo dispendioso ed è stato sostituito da un V6 di origine GM, le ultime vetture a montarlo sono state l'Alfa GT e la 166. Voci di corridoio provenienti dall'interno della Fiat sostengono non ci fosse più la volontà di produrre un motore così sofisticato e costoso.

[modifica] Suono

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Una caratteristica molto nota del V6 "Busso" e forse quella di più rilievo è sicuramente il rumore. Dal 2,5 dell'Alfa 6 prima versione (a carburatori) all'ultimo 3,2 il V6 ha un rumore molto riconoscibile: il 3,2 GTA ha un suono cupo, basso, corposo e ringhioso, il V6 Turbo "gorgoglia" al minimo e fischia forte vicino al limitatore, il 3,0 sembra quasi un V8 tanto è cupo e corposo e il 2,5 "ruggisce".

[modifica] Curiosità

Questo motore, nell'evoluzione 3.2 destinata alle GTA, è stato l'ultimo componente realizzato nello storico Stabilimento Alfa Romeo di Arese dove tra l'altro la produzione di vetture Alfa Romeo venne interrotta nel 2000. Il 31.12.2005, infatti, è stato sfornato l'ultimo motore V6 e, per ironia della sorte, il suo progettista Giuseppe Busso è deceduto pochi giorni dopo (3 gennaio 2006). Al termine della celebrazione funebre numerosi appassionati alfisti si sono ritrovati spontanemante davanti al piazzale della chiesa mettendo in moto i loro sei cilindri come segno di estremo saluto al leggendario progettista. Addirittura si era paventata la possibilità da parte della società Cosworth di rilevare le catene di montaggio del sei cilindri per continuarne la produzione ad Arese e venderlo a Case terze (si era vociferato di case asiatiche), ma anche di continuare le forniture a Fiat Auto. Cosa che quest'ultima ha rifiutato preferendo smantellare le linee di produzione e porre una pietra tombale sulle sorti del V6, che comunque nella sua ultima evoluzione (3.2 litri) era già conforme alle normative Euro 4.

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