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Tagliavia - Wikipedia

Tagliavia

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Stemma della famiglia Tagliavia
Stemma della famiglia Tagliavia

Tagliavia, illustre e antica famiglia siciliana, signori storici di Castelvetrano che ebbero in feudo il 18 gennaio 1299 grazie a concessione di Federico II, re di Sicilia. Nel 1491 si unirono alla famiglia degli Aragona, marchesi di Avola, legati alla famiglia reale Aragona di Spagna e di Sicilia. Contribuirono a molte delle imprese militari delle case reali siciliane e spagnole, fra le altre parteciparono anche alla Battaglia di Lepanto. Molto attivi anche in diplomazia, tennero contatti con gli stati italiani di allora, da Venezia allo Stato Pontificio.

Indice

[modifica] La Storia

[modifica] Le origini

Castelvetrano, Fontana della Ninfa. La palma, figura araldica dei Tagliavia, è presente in vari elementi
Castelvetrano, Fontana della Ninfa. La palma, figura araldica dei Tagliavia, è presente in vari elementi

Tutto ha inizio con il commercio, in quanto i Tagliavia erano in origine dei commercianti, con tutto probabilità amalfitani. La famiglia ha, come altri casati, una sua origine leggendaria, o comunque non più storicamente comprovabile. L’origine epica risale a un certo Manfredo di Svevia che prese il nome Tagliavia in quanto riuscì a tagliare la via della ritirata al nemico.
Comunque il primo in Sicilia fu Guido, capitano al servizio dell’imperatore Arrigo VI (Nimega, novembre 1165Messina, 28 settembre 1197). Vero costruttore delle fortune familiari fu Bartolomeo Tagliavia. Durante l’infanzia visse alla corte di Palermo in quanto la madre era dama di compagnia di Costanza di Hohenstaufen, figlia di re Manfredi di Sicilia e promessa in sposa allo spagnolo Pietro d’Aragona [1].

Nell’agosto del 1296 a Rossano in piena guerra del Vespro, Bartolomeo ottiene da Federico III la riconferma del feudo della Gazzella (Calabria), concesso in precedenza al nonno materno. Un cambiamento di rotta importante, quello di servire gli Aragona, in quanto i Tagliavia sono stati sotto le dirette dipendenze degli Angiò e come immigrati amalfitani hanno raggiunto posizioni di prestigio sotto la Casata francese e con Carlo I d'Angiò.
All’indomani dell’insurrezione antifrancese e dopo la cacciata dei transalpini, arrivano gli Aragona. I Tagliavia resistono, si destreggiano nella nuova situazione e Bartolomeo riesce a ottenere nuove cariche, a differenza del fratello maggiore Nicolò che pian piano sparisce nelle nebbie della storia. Pietro III d’Aragona affida allo stesso Bartolomeo l’organizzazione delle difese della Sicilia. Così, quest’ultimo si trasforma da mercante in cavaliere e organizza le truppe nella regione di Randazzo. Diventa poi maggiordomo di Palazzo (vera e propria gestione della Reggia palermitana) per volere della regina Costanza. Nel 1288 viene nominato tesoriere della Curia regis, poi strappa l’incarico di castellano del Castello a mare di Palermo, o meglio, il comando delle fortificazioni cittadine sul mare dove sono custodite armi, materiale bellico e dove sono collocate le prigioni.
Ma il 12 giugno 1295 Giacomo II, figlio e successore di Pietro III, firma il Trattato di Anagni con Carlo II d'Angiò. La carta stabilisce la cessione della Sicilia agli Angiò, mentre gli Aragona otterrebbero in cambio la Sardegna e la Corsica. La cosa scatena il putiferio fra i siciliani e Bartolomeo Tagliavia si schiera con loro nel dichiarare decaduto Giacomo II e nell’offrire la corona al fratello di questi, Federico di Aragona. Il 25 marzo 1296 nella Cattedrale di Palermo per l’incoronazione come re di Sicilia, Federico III (o II di Sicilia) decreta cavaliere Bartolomeo insieme ad altri trecento uomini che hanno caldeggiato la resistenza siciliana e che hanno portato il nuovo Aragona sul trono dell’isola. Il 18 gennaio 1299 sempre Bartolomeo ottiene dallo stesso re la baronia di Castelvetrano.
Numerose le alleanze familiari che negli anni vengono sviluppate con opportuni matrimoni. Un esempio fra i tanti possibili, quello fra Jole Tagliavia di Castelvetrano e Benvenuto II Grifeo (1416 - 1463), X barone di Partanna e III visconte di Galtellin, nobiluomo molto caro a re Alfonso e al figlio di questi, Ferdinando.

[modifica] L'unione con gli Aragona e la Casata degli Aragona Tagliavia

Il matrimonio di Giovan Vincenzo Tagliavia con Beatrice d'Aragona e Cruyllas è all'origine dell'unione fra i Tagliavia e i d'Aragona, signori d'Avola e Terranova (Gela), gran contestabili e grandi almiranti del Regno[2]. Il fratello di Beatrice, don Carlo d'Aragona non ebbe figli maschi; quindi concordò con il cognato di far confluire discendenza e patrimoni in un'unica casata. L’accordo è fatto: nel 1512 Antonia Concessa Aragona di Avola, figlia di Don Carlo, sposa a 14 anni il cugino Francesco Tagliavia di Castelvetrano. In cambio gli eredi del matrimonio dovranno portare per primo il cognome Aragona. Purtroppo nel 1515, Francesco muore prematuramente, quindi si organizza un nuovo matrimonio con Giovanni, evento che si concluderà nel 1516. La famiglia deve però aspettare la dispensa papale, visto che i due promessi sono cugini e figli di cognati.

Giovanni ha un’immensa ricchezza fra le mani e il grande prestigio della parentela Aragona. Si distingue in varie imprese per la Corona spagnola. Nel 1530 allestisce una squadra di cavalleria e la manda a Napoli in appoggio militare all’imperatore Carlo V. Cinque anni dopo appronta due navi da battaglia e una nave rifornimenti che fa unire alla flotta spagnola per la spedizione di Tunisi. Impresa, quest’ultima, coronata da successo con la conquista della città nordafricana, la sconfitta dell’ammiraglio turco Khair-ad-Din e l'annullamento della politica di alleanza nel Mediterraneo fra Francesco I di Francia e il Sultano ottomano. In cambio l’imperatore Carlo V investe due volte (1539, 1544-45) Giovanni Tagliavia della carica di presidente del Regno.

Il figlio di Giovanni, Carlo d’Aragona Tagliavia (1520?-1599), è il primo della famiglia a portare il doppio cognome. Prima della sua investitura a capo della famiglia, ha già seguito il padre nelle ultime imprese militari e si è anche distinto. Partecipa poi alla seconda spedizione africana dell’imperatore, quella contro Algeri, operazione “azzoppata” da una tempesta che distrugge circa 150 navi della grande flotta imperiale e che ne segna il fallimento nel dicembre del 1541. Segue l’imperatore in altre spedizioni militari. Nel 1542 Carlo V lo nominerà marchese di Avola e cinque anni dopo, consigliere del Regno. Nel 1561 Filippo II di Spagna concederà a Carlo d'Aragona Tagliavia il titolo di duca di Terranova, con il quale venne spesso indicato, e nel 1564 anche quello di principe di Castelvetrano. Il nobiluomo accumula diverse cariche e poteri. Solo per citarne alcuni: grande ammiraglio di Sicilia, presidente del Regno (negli anni 1566, 1567-68, 1571, 1577), viceré di Catalogna (1580), governatore del Ducato di Milano (1582). Ottiene anche il feudo di Gela e il titolo di conte di Borgetto da re Filippo II di Spagna. In più, è capitano di giustizia in Palermo nel 1545-46, deputato del Regno, gran connestabile, grande di Spagna, cavaliere dell'Ordine del Toson d'Oro nel 1585. A Madrid diventa membro del Consiglio di Stato e Guerra e presidente del Consiglio d’Italia.
Don Carlo rimane una figura chiave della diplomazia del XVI secolo: è in piena corrispondenza con i dogi di Venezia, Alvise I Mocenigo, Niccolò del Ponte, Pasquale Cicogna e con quattro papi, Gregorio XIII, Sisto V, Gregorio XIV, Clemente VIII.
Come capitano di giustizia di Palermo ordina la raccolta delle Prammatiche del Regno e dei Capitoli. Furono stampate a Venezia nel 1574, permettendo di organizzare un primo Codice delle leggi del Regno siciliano. Fu ricordato dai palermitani con medaglie in cui era indicato come magnus siculus.

Una curiosità - Don Carlo ebbe 13 figli, otto maschi e cinque femmine. Ebbene, il nobiluomo sfruttando le leggi in vigore e la posizione di cittadino palermitano, utilizzò la norma dedicata a coloro che avevano almeno 12 figli: in questo modo fu esentato dal pagamento dei dazi civici dall’Università di Palermo. Il figlio maggiore, Don Giovanni II Aragona Tagliavia, si distinse ulteriormente nella carriera militare. Partecipa alla battaglia di Lepanto del 1571 e conduce gli scontri contro manipoli di pirati Mori e Turchi sbarcati nella zona di Avola. È più volte deputato del Regno. Furono importanti anche i suoi fratelli, Simone Aragona Tagliavia, che, completati gli studi in Spagna all’Università Complutense, venne eletto cardinale nel 1583 da Gregorio XIII e Ottavio, altro importante uomo d'armi, come descritto nel paragrafo successivo.

Il titolo di secondo duca di Terranova e secondo principe di Castelvetrano, passò a Carlo, figlio di Giovanni (premorto al padre) e di Maria de Marinis, marchesa di Favara. Egli fu deputato del Regno nel 1599 e ottenne il Toson d'oro nel 1601, ma morì poco dopo il 1604.

[modifica] Un grande ammiraglio

Fra i grandi condottieri che attraversano il Mediterraneo a cavallo fra XVI e XVII secolo, c'è sicuramente Don Ottavio Aragona Tagliavia, fratello minore di Giovanni II. Combatte i francesi del re Enrico IV al comando di un corpo di cavalleria. La pace di Vervins viene firmata mentre si trova in Savoia. Nel 1608 il viceré don Juan Fernandez Pacheco de Vigliena y Ascalon, gli ordina di salpare da Messina al comando di quattro galee per intercettare una galeotta che da Tunisi sta trasportando il bottino accumulato dai corsari barbareschi nell'assalto della nave Bellona: questa era salpata da Palermo colma di denaro, preziosi e raffinato vasellame per il re di Spagna; fra i prigionieri dei pirati anche un figlio dello stesso viceré. Don Ottavio riesce a recuperare solo parte del bottino.
Nel 1610 il nobiluomo ottiene il comando della flotta siciliana e nel settembre dell'anno successivo, sotto il comando del marchese di Santa Cruz, ammiraglio della squadra di Napoli, prende parte all’impresa di Gerbe (Djerba) con otto galee: torna con un ricco bottino dopo alcune incursioni a Cherchell (Algeria)[3].
Gli attacchi continuano l'estate del 1612, quando Don Ottavio aggiunge alla sua flotta una galea a 32 banchi e altre di minore stazza. Mette a ferro e fuoco i porti de La Goletta (a 10 chilometri da Tunisi) e Biserta (Banzart) saccheggiandoli e dando alle fiamme tutte le navi dei corsari barbareschi che vi trova attraccate. Prosegue verso oriente, sbaraglia dieci galee turche e ne cattura sette.
Il colpo grosso avviene nel 1613 con l’impresa di Capo Corvo non lontano dal canale di Samo: a fine agosto porta la sua flotta a Cerigo (Kithira, isola greca a sud del Peloponneso) perché sa che la flotta ottomana con 50 galee al comando di Sinan Pascià si dirige da Costantinopoli ad Alessandria. Passata una tempesta, trasferisce la squadra navale nel canale di Samo, poi a Capo Corvo per dare battaglia. La nave capitana del Tagliavia attacca e conquista l'ammiraglia del Pascià. Altre cinque navi della flotta ottomana vengono catturate, altre, danneggiate, fuggono o affondano. Ricco il bottino che finisce nelle mani della flotta siciliana: 500 prigionieri turchi, il comandante Sinan Pascià che morirà per le ferite riportate nello scontro, l'equivalente di 600.000 scudi in denaro e merci. Inoltre vengono liberati oltre mille cristiani utilizzati come schiavi ai remi delle galee ottomane. Dopo tante altre imprese al comando delle flotte siciliana e spagnola, don Ottavio si ritira nel 1621 e morirà i primi di settembre del 1623[4].

[modifica] Tagliavia nell'architettura

Castelvetrano, Chiesa madre, o Matrice e torre campanaria
Castelvetrano, Chiesa madre, o Matrice e torre campanaria
Castelvetrano, Chiesa madre, o Matrice (interno)
Castelvetrano, Chiesa madre, o Matrice (interno)

Diverse le presenze della nobile famiglia nel patrimonio architettonico siciliano e italiano.

  • A Castelvetrano, la chiesa matrice di Maria SS. Assunta, ristrutturata nel 1520 da Giovan Vincenzo Tagliavia, primo conte del feudo cittadino. È un tipico tempio di impostazione normanna, con portale e archiporto decorato che conferisce un aspetto medievaleggiante, tre navate a doppio transetto corto e presbiterio che si rialza successivamente. Sull’arco che divide la navata centrale dal primo transetto, si possono ammirare gli stucchi attribuiti a Vincenzo Messina (primi del XVIII secolo). Nella chiesa è inserita la cappella della Maddalena, l'unica opera firmata da Tommaso Ferrara che la progettò e realizzo fra il 1573 e il 1579. Gli ultimi lavori di restauro e consolidamento del pavimento della matrice hanno permesso di scoprire 14 cripte, alcune dotate di piccoli stalli e scolatoi collegati ad una canaletta, il tutto per l'essiccamento dei cadaveri[5].

Nella stessa cittadina, la chiesa di San Domenico edificata nel 1479 inglobando parte delle strutture di una chiesa preesistente dedicata a Santa Maria del Gesù. È un vero e proprio gioiello architettonico, la preferita dai principi Aragona Tagliavia, decorata con affreschi e stucchi di Antonino Ferraro da Giuliana (1574 - 1580). Ad arricchirla, don Carlo II Aragona Tagliavia, primo principe di Castelvetrano che fece eseguire molti lavori all'interno della chiesa. Particolare di gran pregio, l’Albero di Jesse, gruppo di statue sopra l'arco di trionfo: al centro sta appunto Jesse che sostiene un albero genealogico ai cui rami sono affidati i successivi dodici re che portano la discendenza fino alla Vergine Maria, che sta sopra a tutti, coronata da Angeli. Nella chiesa, anche un sarcofago su cui domina la figura di Ferdinando Aragona Tagliavia (deceduto nel 1549) scolpita nel marmo.

Palazzo Tagliavia
Palazzo Tagliavia


  • A Sciacca, Palazzo Tagliavia in corso Vittorio Emanuele (piazza Friscia) del XV secolo, riprogettato nell'ottocento e in stile neogotico dall'architetto Gavanti; Palazzo Arone-Tagliavia, del XIX secolo, sempre in corso Vittorio Emanuele.

[modifica] Arma

D’azzurro, alla palma al naturale, fruttato di due grappoli d’oro e sradicato dello stesso.
Alias: di rosso, a quattro pali d’oro e la palma dello stesso fruttifera d’argento attraversante sul tutto.

[modifica] Note

  1. ^ Un Cavaliere Siciliano alla fine del Duecento - Giuseppina Accardo, Liceo delle Scienze Umane “G. Gentile” - Castelvetrano;
  2. ^ per questo capitolo della voce: Carlo d’Aragona e le travi dipinte della chiesa Madre. Araldica, storia e arte a Castelvetrano tra XV e XVII secolo, Aurelio Giardina e Vincenzo Napoli - Lions Club di Castelvetrano, Rago Litotipografia, 2002;
  3. ^ Isidoro La Lumia, La Sicilia sotto Carlo V imperatore, Pedone Lauriel, Palermo, 1862 e, dello stesso autore, Studi di storia siciliana, Palermo, 1870 - Inoltre, Valentina Favarò, La esquadra de galeras del regno di Sicilia: costruzione, armamento, amministrazione (XVI secolo), in "Mediterraneo in armi (secc. XV-XVIII)", Mediterranea, Palermo, 2007 - Infine, sul web, Corsari nel Mediterraneo: Pirati, Corsari e loro Cacciatori nel Mediterraneo (XIII secolo - XVII secolo), Dizionario Biografico;
  4. ^ Gioacchino Di Marzo, Biblioteca storica e letteraria di Sicilia, volume II, pagine 85-92 e Domenico Ligresti, Sicilia aperta (secoli XVI-XVII). Mobilità di uomini e idee, capitolo II "Le Nobiltà e la vita nobile nel sistema cortigiano europeo", sezione "La partecipazione alle guerre regie", Associazione no profit, Palermo, 2006/Mediterranea-Ricerche storiche
  5. ^ da Castelvetrano Selinunte, Culture e Tradizioni - sezione dedicata al Castello di Castelvetrano e agli altri monumenti cittadini

[modifica] Bibliografia

  • Teatro Genologico delle Famiglie Nobili, Titolate, Feudatarie, & Antiche Nobili, del Fidelissimo Regno di Sicilia, viventi ed estinte, del Signor Dottore D. Filadelfo Mugnos;
  • Dizionario Storico-Blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane, estinte e fiorenti, del Commendatore Giovanni Battista di Crollalanza - Direzione del Giornale Araldico - Pisa 1886;
  • Il Blasone In Sicilia, Dizionario Storico-Araldico della Sicilia, di V. Palizzolo Gravina, Barone di Raimone - Ristampa anastatica dell'edizione 1871-1875, Editori Visconti & Huber, Tipografia Ignazio Mirto, Palermo;
  • Dizionario Enciclopedico Italiano, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1970;
  • Castelvetrano, G. B. Ferrigno, Palermo 1909.


[modifica] Collegamenti esterni


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