Rapporto tra musica e matematica
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« La musica è una scienza che deve avere regole certe: queste devono essere estratte da un principio evidente, che non può essere conosciuto senza l'aiuto della matematica. Devo ammettere che, nonostante tutta l'esperienza che ho potuto acquisire con una lunga pratica musicale, è solo con l'aiuto della matematica che le mie idee si sono sistemate, e che la luce ne ha dissipato le oscurità » | |
(Jean-Philippe Rameau, Trattato dell'armonia ridotto ai suoi principi fondamentali (1722))
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Lo stretto rapporto che intercorre tra la musica e la matematica fu studiato sin dall'antichità: un esempio classico è dato dalla Scuola Pitagorica, a cui si deve la scoperta (i pitagorici vi assegnavano significati mistici) secondo la quale i differenti toni di una scala sono legati ai rapporti fra numeri interi: una corda dimezzata suona l'ottava superiore, ridotta ai suoi 3/4 la quarta, ridotta ai suoi 2/3 la quinta, e così via.
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Molta matematica applicata in campo musicale deriva infatti dallo studio della fisica acustica e dai problemi ad essa collegata. Se la stessa divisione ritmica del metro musicale è indicata con una frazione matematica, oggi sappiamo che alla base di qualunque rumore vi è un contributo di innumerevoli onde stazionarie, e che qualunque suono può essere scomposto in onde sinuisodali mediante l'analisi armonica (espressa matematicamente con l'algoritmo della trasformata di Fourier).
In modo più astratto la musica fu posta in relazione alla matematica anche nel suo aspetto compositivo (che richiede di ripartire i suoni tra le varie altezze, in diversi istanti temporali e tra le diverse voci degli esecutori). Questo tipo di analisi musicale ha avuto illustri cultori in tutti i secoli (si pensi alle geometrie musicali dei canoni di Bach) ed ha conosciuto nuove fortune anche in tempi vicini a noi (nel '900 sorsero ad esempio l'Istituto Kranischstein di Rasmstadt, lo Studio di musica elettronica della Radio di Colonia, il Centro di Fonologia Musicale di Milano e l'IRCAM di Parigi). A partire dal XVII secolo molti musicisti hanno dato prova di solide conoscenze matematiche (ad esempio Giuseppe Tartini ne diede prova in Trattato di musica secondo la vera scienza dell'armonia nel 1754 e così Iannis Xenakis in Musica formalizzata nel 1971; gli stessi Pierre Boulez e Philip Glass sono laureati in matematica e da essa hanno tratto ispirazione per la loro arte.
[modifica] Battimenti
Per approfondire, vedi la voce Battimenti (musica). |
Il fenomeno dei battimenti si ha quando vengono suonate due note di frequenza simile (ma non identica). Si ha allora l'impressione di sentire un suono di frequenza vicina a quelle dei primi due, la cui intensità oscilla però nel tempo tanto più lentamente quanto più le frequenze dei primi due suoni erano ravvicinate. Per questo motivo, i battimenti sono utilizzati per determinare la presenza di scordature quando si intona uno strumento.
La spiegazione di questo fenomeno risiede in parte nella natura fisica delle onde sonore, e in parte nel modo in cui il nostro orecchio percepisce i suoni. Se fissiamo la nostra attenzione sulla sovrapposizione di due toni puri (tali cioè da poter essere rappresentati da onde sinusoidali) e supponendoli, per semplicità, di ampiezza uguale, possiamo applicare le formule di prostaferesi al suono risultante:
Ove si è posto , .
Se , (cioe se ω1 e ω2 sono vicine), si può esprimere la somma dei due suoni come un suono di frequenza intermedia, pari a ω, la cui ampiezza sia modulata alla frequenza molto più bassa Ω.
[modifica] Temperamento
Per approfondire, vedi la voce Temperamento (musica). |
Le scoperte di Pitagora mettevano in diretta relazione la nostra percezione dei suoni con grandezze misurabili (in questo caso la lunghezza della corda messa in vibrazione). In altre parole, se consideriamo i modi di vibrare (armonici) di una corda tesa fissata agli estremi e detta n la frequenza fondamentale si hanno le seguenti corrispondenze (dove f(x) indica la frequenza della nota x):
Nota (x): | Do1 | Do2 | Sol2 | Do3 | Mi3 | Sol3 | Sib3 | Do4 |
f(x): | n | 2n | 3n | 4n | 5n | 6n | 7n | 8n |
L'intervallo tra Do1 e Do2 (raddoppio della frequenza), viene detto intervallo di ottava. Si noti che la parola intervallo riferito alle altezze dei suoni, si riferisce al rapporto tra le frequenze, non alla loro differenza.
Da queste si possono dedurre le frequenze da assegnare a tutte le note della scale di Do: il metodo adottato, che viene detto temperamento, ha importanti conseguenze per la costruzione degli strumenti musicali a intonazione fissa (come il pianoforte) e anche per i metodi di composizioni musicale stessi (ad esempio la dodecafonia ideata da Arnold Schoenberg è una conseguenza, portata all'estremo, dell'utilizzo del temperamento equabile). Nella storia il problema del temperamento musicale è stato risolto con coerenza (almeno nella musica occidentale) solo nel XVII secolo da Andreas Werckmeister.
[modifica] Temperamento pitagorico
Per approfondire, vedi la voce scala pitagorica. |
Il metodo pitagorico consiste nel calcolare inizialmente il rapporto di quinta, cioè la frequenza della nota Sol1, come segue:
Sol1: si riduce alla prima ottava Sol2 dividendone la frequenza per due, ottenendo: f(Sol1) = f(Sol2):2= 3:2 n
Analogamente Re1 è la quinta di Sol1 (Re2) abbassata di un'ottava: f(Re1) = f(Re2):2 =(3:2 f(Sol1)):2 = 9:8 n
Diviene ora possibile utilizzare i rapporti di quinta e ottava per ricavare le altre note della scala:
Proseguendo con questo metodo, in definitiva, la successione delle note nella scala pitagorica è definita dalla successione delle frequenze che segue (indicate in rapporto alla fondamentale):
Nota: | Do1 | Re1 | Mi1 | Fa1 | Sol1 | La1 | Si1 | Do2 |
Frequenza: | 1 | 9:8 | 81:64 | 4:3 | 3:2 | 27:16 | 243:128 | 2 |
Si noti che in questo modo esistono due soli intervalli (rapporti di frequenza) tra suoni consecutivi: il tono, corrispondente a 9:8, e il semitono o limma pari a 256:243.
La scala pitagorica presenta però l'inconveniente che gli intervalli adottati non si conciliano con l'esigenza di dividere l'ottava in parti proporzionali (per evitare di dover modificare l'intonazione delle singole note al cambiare della tonalità).
[modifica] Temperamento naturale
Per approfondire, vedi la voce temperamento naturale. |
Uno degli inconvenienti della scala pitagorica è che i rapporti di terza e sesta, utilizzando numeratori e denominatori elevati, danno luogo ad accordi poco consonanti quando sono utilizzati assieme ad altre note della scala.
Utilizzando anche gli armonici superiori, e in particolare il quinto armonico - Mi3 -della fondamentale, è possibile ottenere rapporti più consonanti, come segue:
- Mi1
- Viene ottenuo abbassando di due ottave il quinto armonico della fondamentale:
f(Mi1) = 1/2 (1/2 (5 n)) = 5/4 n
- La1
- si ottiene come quinta discendente di Mi2 (quinto armonico abbassato di un'ottava):
f(La1) = 2/3 (1/2 (5 n)) = 5/3 n
- Si1
- è la quinta di Mi1:
f(Si1) = 3/2 (5/4 n) = 15/8 n
In definitiva:
Nota | Do1 | Re1 | Mi1 | Fa1 | Sol1 | La1 | Si1 | Do2 |
Frequenza (scala naturale) | 1 | 9/8 | 5/4 | 4/3 | 3/2 | 5/3 | 15/8 | 2 |
Frequenza (scala pitagorica) | 1 | 9/8 | 81/64 | 4/3 | 3/2 | 27/16 | 243/128 | 2 |
Riconducendo le note a frazioni più semplici, si ottiene anche un'ottima consonanza della sesta (La1) e migliora il rapporto con la settima (Si1). Si perde però omogeneità negli intervalli: abbiamo ora rapporti di 9/8 (tono maggiore)), 10/9 (tono minore) e 16/15 (semitono diatonico). I rapporti (intervalli) tra tono maggiore e tono minore, pari a 81/80 viene detto comma di Didimo; il rapporto tra tono minore e semitono diatonico, pari a 25/24, viene detto semitono cromatico. Si noti che in questo sistema, l'intervallo Re1-La1 (una quinta) non vale più 3/2, ma 40/27 (detto intervallo di quinta stretta). Il rapporto tra i due intervalli di quinta, che vale 80/81, è l'inverso del comma di Didimo ed è anche detto comma sintonico.
A fronte di una maggior consonanza tra le note la scala naturale introduce, quindi, un certo numero di irregolarità nella successione degli intervalli, che la rende ancora più inadatta di quella pitagorica per l'accordatura degli strumenti ad intonazione fissa (mentre è quella più vicina alle esigenze degli strumenti ad intonazione variabile).
[modifica] Ciclo delle quinte
Per approfondire, vedi la voce Ciclo delle quinte. |
Il problema del temperamento, come accennato più sopra, deriva dalla necessità di poter accordare strumenti a corda come il pianoforte in modo da poter suonare in diverse tonalità. Nessuno dei due temperamenti visti finora permette di risolvere con esattezza questo problema, come si può vedere dal seguente procedimento.
Un modo per accordare uno strumento ad accordatura fissa consiste nel preservare gli intervalli di quinta a partire da una corda base. In questo modo si accorda percorrendo il cosiddetto ciclo delle quinte: Do,Sol,Re,La,Mi,Si,Fa#,Do#,Sol#,Re#,La#,Fa ( o Mi#), Do, che dopo otto ottave ritorna alla nota fondamentale. È facile vedere che nessuno dei temperamenti fin qui esaminati può fare sì che il Do8 nel temperamento considerato coincida con quello ottenuto dal ciclo delle quinte: infatti, sia per il temperamento naturale, sia per quello pitagorico, le frequenze delle ottave sono multiple di potenze di due, mentre nel ciclo delle quinte le frequenze sono multiple di potenze di 3/2: nessuna potenza di due è anche una potenza di 3/2. Questo ragionamento vale anche per gli altri rapporti considerati.
Si vede quindi che un accordatore che volesse accordare un o strumento cercando di preservare tutti gli intervalli giusti (terze, quarte, quinte) si troverebbe di fronte ad un problema insolubile e dovrebbe comunque cercare un compromesso: è questo quanto offre il temperamento equabile.
[modifica] Temperamento equabile
Per approfondire, vedi la voce temperamento equabile. |
Trovare una soluzione stabile al problema del temperamento richiese diversi secoli. Oltre ai due temperamenti illustrati, ne vennero suggeriti diversi altri: ad esempio il temperamento mesotonico (detto temperamento del tono medio), che conserva gli intervalli di terza (e fu usato attorno al Rinascimento).
Un metodo alternativo a quelli finora considerati (che cercano di preservare esattamente un certo numero di intervalli razionali, oltre a quello d'ottava) è quello di imporre la divisione dell'ottava in un certo numero d'intervalli costanti. (Abbiamo visto che i temperamenti esaminati richiedono almeno due intervalli per la composizione di un'ottava). La soluzione adottata modernamente, detta sistema temperato equabile stabilisce che ogni ottava sia divisa in 12 intervalli, detti semitoni, e distribuisce le note (gradi della scala diatonica) lungo una curva logaritmica: il rapporto di ottava è fissato pari a due come di consueto. L'uso di una scala logaritmica deriva dal fatto fisiologico che il nostro orecchio percepisce come uguali intervalli tra suoni in cui è costante il rapporto tra le frequenze. Questo fatto individua una distribuzione logaritmica dei gradi rispetto alle frequenze per tutti i temperamenti fin qui esaminati: ma mentre il temperamento equabile adotta la stessa distribuzione omogenea su un intervallo di ottava, gli altri cercano di combinare sequenze di intervalli o di mantenere lo stesso intervallo senza rispettare l'intervallo di ottava.
Da quanto si è detto, è facile vedere che un intervallo di un semitono (ottenuto inserendo dodici medi geometrici tra 1 e 2, è pari alla radice dodicesima di due.
In questo modo, la frequenza di ogni nota corrispondente al tasto di un pianoforte è uguale alla frequenza della nota corrispondente al tasto immediatamente precedente, moltiplicata per la radice dodicesima di due. Dodici tasti più a destra, moltiplicando dodici volte per la radice dodicesima di due, si giunge a una nota che ha frequenza esattamente doppia rispetto alla nota di partenza.
Questo sistema equabile stabilisce rapporti di frequenza identici a partire da qualsiasi nota individuata dalla tastiera del pianoforte (o del clavicembalo). In questo modo, si può passare da una tonalità all'altra (cioè effettuare modulazioni) senza problemi di accordatura. Le modulazioni sono appunto una caratteristica tipica della musica di Johann Sebastian Bach, che supportò l'introduzione del temperamento equabile con la raccolta "Il clavicembalo ben temperato": quarantotto preludi e fughe (due per ogni tonalità maggiore e minore) da suonarsi, appunto, su un clavicembalo accordato secondo il temperamento equabile[1].
Il metodo di costruzione del temperamento equabile fa sì che le frequenze delle note possano essere espresse in forma analitica chiusa, come segue:
f=f0*2(c/1200)
dove la variabile c esprime lo scostamento, espresso in cent (il cent è un'unità che divide un semitono in cento parti: un'ottava contiene 1200 cent), dalla frequenza fondamentale, per la quale modernamente si usa il La 4 a 440 Hz.
Il temperamento equabile, dunque, consente di avere le ottave intonate e composte tramite la ripetizione di un unico intervallo, ma ha l'inconveniente di non utilizzare nessun altro intervallo giusto. D'altra parte si può vedere come, considerando tutte le possibili divisioni dell'ottava fino a 24, si può vedere che esistono solo tre possibili suddivisioni che permettono di comporre la triade maggiore (Do, Sol, Mi) mantenendo un errore complessivo inferiore all'1%: queste sono quella in 12 (corrispondente al temperamento equabile) quella in 24 (corrispondente a una suddivisione in quarti di tono ancora nel temperamento equabile) e quella in 19, che corrisponde ad una suddivisione in terzi di tono che ha suscitato qualche interesse in passato.
A questo proposito, tramite lo sviluppo in frazione continua (i cui convergenti forniscono la successione delle migliori approssimazioni tramite rapporti di numeri interi il più piccoli possibile) del numero log23 (che è la "soluzione" del problema di ottenere un numero intero di ottave tramite successioni di quinte), si vede che il numero di suddivisioni dell'ottava che permette di avvicinarsi di più all'ideale del temperamento (cioè l'equidistanza tra i gradi), senza scostarsi troppo dalla consonanza (cioè usando valori che siano quanto più vicini possibili a rapporti di numeri piccoli) è la suddivisione in 5 gradi, oppure in 12 o in 41 o in 53. Un ragionamento analogo su può fare sviluppando il numero log25 , che invece viene fuori dallo stesso problema quando si usino le terze invece delle quinte. Per una trattazione completa, vedi (EN) [1], (in cui si afferma anche che la suddivisione in 53 gradi è stata teorizzata anche in Cina oltre che nei primi del '900 in Europa).
[modifica] Confronto tra i temperamenti
La tabella illustra le altezze (espresse in cent) dei gradi della scala maggiore secondo i vari temperamenti.
Grado della scala |
Temperamento equabile |
Interv. | Temperamento naturale |
Interv. | Temperamento pitagorico |
Interv. |
---|---|---|---|---|---|---|
I | 0 | - | 0 | - | 0 | - |
II | 200 | 200 | 204 | 204 | 204 | 204 |
III | 400 | 200 | 386 | 182 | 408 | 204 |
IV | 500 | 100 | 498 | 112 | 498 | 90 |
V | 700 | 200 | 702 | 204 | 702 | 204 |
VI | 900 | 200 | 884 | 182 | 906 | 204 |
VII | 1100 | 200 | 1088 | 204 | 1110 | 204 |
VIII | 1200 | 100 | 1200 | 112 | 1200 | 90 |
Come si vede, in tutti e tre i temperamenti l'intervallo di ottava è identico (1200 cents) e sono praticamente uguali anche gli intervalli di quarta (498-500 cents) e di quinta (700-702 cents). Il discorso è ben diverso per gli intervalli di terza maggiore e di sesta maggiore. L'intervallo di terza maggiore naturale vale 386 cents, mentre quello pitagorico è assai crescente: 408 cents; un discorso analogo vale per la sesta. Si può dunque ben capire come mai un intervallo perfettamente consonante secondo la nostra sensibilità come quello di terza maggiore venisse considerato intollerabilmente dissonante agli inizi della polifonia, quando si usava il temperamento pitagorico: la "colpa" era insita nella costruzione pitagorica della scala.
La tabella mostra anche che le approssimazioni introdotte con il temperamento equabile sono più modeste di quelle pitagoriche (l'intervallo di terza maggiore vale 400 cents invece dei 384 cents naturali) e tali da essere ormai ampiamente tollerate. Ciò spiega come mai al nostro orecchio intervalli di terza suonino consonanti anche quando suonati al pianoforte (che è intonato secondo il temperamento equabile).
Nella seguente tabella viene riportato anche il temperamento mesotonico (o medio o del tono di mezzo), raffrontato con gli altri e le relative proporzioni pitagoriche:
N° semitoni | Nome intervallo | Intervallo naturale | Intervalli in cent | |||
Temperamento equabile | Temperamento naturale | Temperamento pitagorico | Temperamento mesotonico | |||
0 | Unisono | 1:1 | 0 | 0 | 0 | 0 |
1 | Seconda minore | 16:15 | 100 | 112 | 90 | 117 |
2 | Seconda maggiore | 9:8 | 200 | 204 | 204 | 193 |
3 | Terza minore | 6:5 | 300 | 316 | 294 | 310 |
4 | Terza maggiore | 5:4 | 400 | 386 | 408 | 386 |
5 | Quarta giusta | 4:3 | 500 | 498 | 498 | 503 |
6 | Quarta aumentata Quinta diminuita |
45:32 64:45 |
Tritono 600 | 590 610 |
612 | 579 621 |
7 | Quinta giusta | 3:2 | 700 | 702 | 702 | 697 Quinta del lupo: 737 |
8 | Sesta minore | 8:5 | 800 | 814 | 792 | 814 |
9 | Sesta maggiore | 5:3 | 900 | 884 | 906 | 889 |
10 | Settima minore | 9:5 | 1000 | 1018 | 996 | 1007 |
11 | Settima maggiore | 15:8 | 1100 | 1088 | 1110 | 1083 |
12 | Ottava | 2:1 | 1200 | 1200 | 1200 | 1200 |
[modifica] Bibliografia
- Dave Benson, Mathematics and music, Cambridge University Press (2006)
- Piergiorgio Odifreddi, Penna, pennello, bacchetta: le tre invidie del matematico, Laterza (2005), ISBN 8842079693
- G. Assayag, H.G. Feichtinger, Mathematics and music. A Diderot mathematical forum, Springer (2002)
- Andrea Frova, Fisica nella musica, Zanichelli (1999)
- Giuseppe Gerbino, Canoni ed enigmi, Torre d'Orfeo (1995)
- James Jeans, Science and music, Cambridge University Press (1937)
- John Pierce, La scienza del suono, Zanichelli (1987)
[modifica] Voci correlate
- Acustica
- Rapporto tra musica e informatica
- Scala diatonica
- Sezione aurea nella musica
- Temperamento (musica)
[modifica] Collegamenti esterni
- Nuova musica antica - Appunti di temperamento di Nicola Ferroni.
- Calcolo delle frequenze delle note
- Appunti di acustica di Marco Motta
[modifica] Note
- ^ In realtà il termine "temperato", all'epoca di J. S. Bach, non significava affatto "equabilmente temperato": tra i temperamenti in uso allora, quello equabile era ancora lontano dall'affermarsi. E raccolte simili a quella bachiana, compilate in quegli stessi anni, testimoniano l'esplorazione di tutte le tonalità possibili anche su strumenti "normalmente" (ovvero non equabilmente) temperati. In tempi recenti, perciò, la determinazione del temperamento cui si riferiva Bach è stata messa in discussione.
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