Posada
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Posada | |||||||||
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Stato: | Italia | ||||||||
Regione: | Sardegna | ||||||||
Provincia: | Nuoro | ||||||||
Coordinate: | |||||||||
Altitudine: | 37 m s.l.m. | ||||||||
Superficie: | 33,52 km² | ||||||||
Abitanti: |
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Densità: | 71,42 ab./km² | ||||||||
Frazioni: | San Giovanni di Posada, Sas Murtas, Montelongu | ||||||||
Comuni contigui: | Budoni (OT), Siniscola, Torpè | ||||||||
CAP: | 08020 | ||||||||
Pref. tel: | 0784 | ||||||||
Codice ISTAT: | 091073 | ||||||||
Codice catasto: | G929 | ||||||||
Nome abitanti: | posadini | ||||||||
Santo patrono: | Sant'Antonio | ||||||||
Giorno festivo: | 17 gennaio | ||||||||
Sito istituzionale | |||||||||
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Posada (in sardo Pasada) è un comune di 2.394 abitanti della provincia di Nuoro ed il capoluogo storico della omonima Baronia.
Indice |
[modifica] Storia
[modifica] Primordi
Posada è uno dei centri abitati sardi più antichi in assoluto. La scoperta (negli anni '70) di una necropoli etrusco-nuragica in pieno attuale abitato, unitamente al ritrovamento di suppellettili di pari epoche, testimonia la presenza dell'uomo sin da tempi assai remoti.
Teorie non suffragate da riscontri oggettivi, ma comunque di interesse per la comunità scientifica (che intanto ne discute), vorrebbero che a Posada sia sbarcato il primo contingente di Shardana ("popolo del mare") proveniente dalla Lidia (Asia Minore): ciò è parte della teoria che vorrebbe appunto che la Sardegna sia stata colonizzata da un popolo del Medio Oriente, e che suggerisce che tal popolo fosse quello degli Shardana, da cui avrebbero avuto origine i Tirreni (e poi gli Etruschi), aggiungendo che il primo sbarco sia avvenuto nell'isola, per poi prolungarsi alla Toscana. Alcuni reperti di ossidiana (il cui commercio rese la Sardegna immediatamente potente nel Mediterraneo all'incirca nel IV millennio a.C.) conforterebbero tali ipotesi.
Di fatto Posada fu poi un centro nuragico ed un centro etrusco, forse anzi il punto di congiunzione di queste due civiltà, i cui contatti potrebbero essersi sviluppati nel punto di passaggio di Feronia.
[modifica] Feronia
Feronia è il nome che nelle prime carte nautiche si reperisce per aree riferibili a quelle di Posada, e qualche documento altresì indica l'esistenza di un centro abitato con questo nome. Oggi però, il luogo è scomparso e solo delle teorizzazioni mirano ad identificarne il sito con l'area attualmente detta di Santa Caterina.
Feronia, in realtà, è anche il nome di una dea etrusca, il cui culto si celebrava a Fiano Romano (poco a nord di Roma), ed a Terracina, nel Sud pontino. Era una dea della fertilità, delle acque, del commercio e di molte altre importanti competenze, e si è provato a verificare se i toponimi, presumibilmente estesisi da templi o comunque da centri dedicati alla dea, potessero riflettere elementi di comunanza fra la nostra e le dette località.
L'elemento comune principale pare individuarsi nella posizione di passaggio, con presenza di un foro mercantile, a relativamente poca distanza dall'acqua (il fiume Tevere per Fiano); in effetti, i tré siti erano importanti mercati di scambio navale-terrestre, erano tutti tappa intermedia, diciamo distributiva, per le zone di retroterra, e la dea appunto dava patrocinio sul commercio, oltre che sulla fertilità dei suoli (dettaglio importante per la Sardegna, produttrice di grano).
In tema di etimologia toponomastica, si è anche formulata l'ipotesi latineggiante (coordinata con quella per il toponimo di Oniferi) per la quale invece il nome verrebbe da qualche forma del verbo "portare" (fero, fers) seguita da "omnia", a indicare il luogo ove "tutto si porta" (sottintendendone la connotazione di mercato - riferimento effettivamente valido anche per Oniferi). Per questa teoria perciò il medesimo nome etrusco non sarebbe che una coincidenza. Va detto però che questa tesi gode di poco seguito.
Nemmeno la sopravvenienza dei Romani dovette esser cagione della scomparsa del sito, poiché le carte nautiche che lo richiamano sono di molto successive al loro arrivo.
[modifica] Età Romana
L'arrivo dei Romani risale a data non certa, ma probabilmente non anteriore al III secolo a.C..
L'arrivo dei Romani segna la creazione (o, assai più probabilmente, l'ampliamento) del Portus Liquidonis (o Portus Luguidonis) che aveva ubicazione in località San Giovanni, nella cala a fianco alla torre aragonese.
È interessante notare che Posada era al tempo un vivace centro di scambio con i mercati dell'interno, fungendo da tappa intermedia con Olbia; ad Olbia infatti giungeva il naviglio di grosso tonnellaggio proveniente da Ostia e dagli altri porti tirrenici, e da Olbia proseguiva con natanti più agili per il Portus Liquidonis, dove sarebbe stato sbarcato per proseguire via terra verso il Nuorese lungo le valli che costeggiano il Monte Albo. Il percorso nautico era estremamente periglioso, data la conformazione delle coste, rocciose, con innumerevoli scogli affioranti e sferzate da un tremendo vento di Maestrale o di Scirocco; i Romani, pertanto, prevedevano realisticamente, e conseguentemente già calcolavano, una perdita di un terzo del naviglio viaggiante fra queste due destinazioni, che in realtà distano fra loro circa una trentina di miglia nautiche.
Nelle acque del Golfo di Posada, pescatori della metà del Novecento hanno riferito di numerosi ritrovamenti di opere marmoree e bronzee, statue ed altri lavori presumbilmente destinati all'arredamento di dimore di rappresentanti dell'Urbe. Tali reperti, nella non consapevolezza del loro potenziale valore, venivano semplicemente spostati in zone non navigabili o verso il mare aperto, essendo la loro esigenza primaria quella di salvaguardare le reti.
Con i Romani comincia a diffondersi il nuovo nome di "Pausata" (poi confluito nello spagnolesco attuale), anche nelle varianti "Possata", "Pasada" (come attualmente in sardo), "Passata" (latino volgare). Nel nome, il destino di un luogo di sosta, tappa di viaggio, stazione di cambio cavalli, nodo di scambio fra trasporto terrestre e marittimo.
Luogo di frontiera, dunque, fra terra e mare, ma anche fra "terre" e "terre".
[modifica] Il periodo giudicale
L'età dei Giudicati sardi, che va dal IX secolo al XIV, vide Posada quasi costantemente in una difficile situazione di terra di confine, al limite meridionale del Giudicato di Gallura (di cui era una curatoria) ed a quello superiore del Giudicato di Arborea.
A ciò si devono dunque la costruzione del Castello della Fava (XII secolo), più tardi definito "multis proeliis clarum", e la fortificazione dell'abitato con più cinte murarie, delle quali oggi ne sopravvive la più alta. Conquistato e riperso più e più volte, con alterne occupazioni il castello fu sede di residenza dei Giudici Galluresi e, dall'altro versante, della stessa Eleonora d'Arborea, pur non essendo un presidio militarmente ben difendibile (a paragone di altri castelli al tempo disponibili) e quindi "sicuro"; su questo punto molti studiosi convengono che potesse realmente trattarsi di una sorta di residenza turistica ante litteram.
La virulenza della malaria, favorita dalla rilevanza delle superfici a stagno, causò uno spopolamento del paese intorno al 1345, derivandone sì un calo della produzione, ma non delle tasse pretese dalla Corona d'Aragona, tanto che, più per l'oppressione fiscale che per timori sanitari, le zone furono quasi completamente abbandonate.
Poco dopo Posada fu nuovamente di Arborea, e tale si ristette sino al definitivo declino dell'indipendenza autoctona.
[modifica] La Baronia
Caduta nel 1410 Arborea, l'ultimo Giudicato sardo, Posada sarebbe ben presto stata infeudata dalla Casa di Aragona ai Carroz, conti di Mandas e Terranova (1431), anche formalmente elevata al rango di Baronia (lo era già, almento territorialmente, da circa un secolo) ed organizzata come capoluogo di quel raggruppamento di villaggi che naturalmente vi si sarebbero riferiti: Torpè, Siniscola, Lodè.
Dopo esser stata teatro del primo sequestro di persona a scopo di estorsione della storia di Sardegna (1477), la Baronia, ora territorio periferico di un distante regno non isolano, fu oggetto di intense attività predonesche da parte dei pirati saraceni (spesso tunisini ed algerini) e di quelli lanzichenecchi e barbari; parallelamente, un banditismo interno di grassazione (di cui non di rado erano parte preti sbandati) teneva costantemente sotto minaccia le popolazioni.
I Baroni che vi si successero non ebbero mai molta cura del feudo, tanto che nel 1623, a seguito di una delle innumerevoli sanguinose predazioni, il Consiglio del Real Patrimonio d'Aragona in pratica sequestrò il feudo al legittimo titolare (Michele Portugues, il quale non vi aveva organizzato alcun sistema difensivo, cagionandone così la vulnerabilità) e lo costrinse a procedimenti giudiziari di riscatto che poi lo condussero alla perdita fallimentare della proprietà e del titolo.
Il banditismo, si diceva, condizionò le attività produttive locali, col risultato di impoverire le comunità al punto da registrarsi una tristemente celebre carestia nel 1681; in intuibile conseguenza, il Seicento fu quindi anche il secolo della peste, che - sovrapponendosi alla "tradizionale" malaria - decimò la popolazione (Torpé fu addirittura annientata) e rinfoltì a sua volta le file delle orde banditesche.
Trascorso il Settecento quasi esclusivamente nella duplice funzione di pagatrice di tasse e di fornitrice di truppe per eserciti esterni, la Baronia di Posada sarebbe poi stata l'ultimo feudo ad essere riscattato dai Savoia, intorno al 1860, l'ultimo ostacolo alla composizione del Regno d'Italia.
[modifica] Il Novecento
Il passaggio allo stato nazionale fu vissuto a Posada senza grandi entusiasmi ed in mancanza di gravi danni. La nuova amministrazione di stampo piemontese prese piede in luogo della scomposta precedente organizzazione feudale, imponendo un sistema che da tutta l'isola fu vissuto come esterno e che anche colà tardò ad essere definitivamente accettato.
Come altrove, anche qui fu soprattutto la trasformazione del sistema delle proprietà terriere (imposto già dal 1820 col noto "editto delle chiudende") a creare malcontenti e disordini di lento riassorbimento. Così la necessità di un riordino catastale (tuttora non compiuto per gli assetti potestativi). La successione delle modificazioni, la burocratizzazione dello stato, non ebbero pronto adempimento intorno a Posada, ed anche sotto il regime fascista vi fu una continuità del solo caos amministrativo.
La progressiva cessione di territori ai nascenti comuni di San Teodoro e di Budoni ha nel tempo privato Posada di terreni poi rivelatisi strategici sotto un profilo economico, per l'avveniente fenomeno turistico, sebbene del resto non potesse gestirli ed anzi non vi mostrasse interesse alcuno. Il detto disordine catastale ha fatto sì peraltro che il comune di San Teodoro, oggi non più direttamente confinante, tuttora possieda delle misteriose quanto inutilizzabili enclaves nelle zone meridionali del comune di Posada.
Va però detto che i paesi di Budoni e San Teodoro, per cultura e variante linguistica (del sardo), sono a tutti gli effetti terre di Gallura, in poca comunanza di mentalità con i Baroniesi malgrado l'irrisoria distanza; le cessioni ai costituendi municipi non fecero dunque che rendere equa ragione di queste differenze.
Povera più che prima sotto la seconda guerra mondiale, Posada fu parzialmente bonificata nel dopoguerra nel quadro del piano Marshall, e successivamente (ma non conseguentemente) si riavviò qualche timido processo produttivo agricolturale, sebbene le opportunità offerte dal territorio (particolarmente fertile grazie anche alla sua origine alluvionale) siano tuttora sottoutilizzate.
Nonostante la realizzazione di uno sbarramento sul Rio Posada (diga di Maccheronis), Posada ebbe sempre a soffrire gravemente (sino a tempi recentissimi) di crisi idrica, fattore di rallentamento della produzione agricola ma anche del pur straripante successo turistico. Pur in assenza di servizi, e nella consapevolezza dell'impossibilità di fornirne, in tema di turismo fu ideata la lottizzazione del territorio rivierasco di "Paule 'e mare" (oggi San Giovanni), oggetto di un rimboschimento a pineta iniziato negli anni '60 e di una partizione urbanistica (poi non rispettata appieno in termini di indici) che avrebbe preso corpo durante gli anni '70 del noto abusivismo edilizio. Il centro, sede di uno storico quanto rinomato stabilimento balneare della Polizia, superò comunque la fase edificatoria e sopperì in modi spontanei alla carenza di servizi, ed è oggi un'ottima destinazione di villeggiatura.
Agli ultimi decenni vanno ascritte le ormai numerose iniziative di recupero del pregiato centro storico di Posada, tuttora ben rappresentativo dell'originario borgo medievale.
[modifica] I villaggi scomparsi
Oltre alla detta Feronia, si ha traccia documentale della presenza, in vicinanza di Posada, di altri centri abitati oggi irritrovabili. Si tratta di comunità della cui esistenza sappiamo grazie alle registrazioni del "Liber Fondachi", sorta di registro delle entrate fiscali, in cui si evince che sino al Trecento inoltrato si percepivano tributi dai villaggi Arischion, Sollai, Loquilla, Stelaya, e da altri luoghi i cui nomi non sono rilevati con omogenea definizione.
Sulla effettiva ubicazione di tali siti vi sono solo delle ipotesi, o meglio delle congetture, mancanti però di riscontri validi. Per esempio, si dice che Sollai sorgesse vicino alla frazione di Sas murtas, ma non sono mai stati fatti degli scavi per verificarne la notizia.
Va registrato che, seppure sia riconosciuto l'eventuale potenziale valore di un approfondimento sugli argomenti, precipuamente al fine di determinare con maggior precisione e dettaglio quali e quante civiltà si siano succedute nel territorio (e quando), l'interesse degli studiosi e delle Autorità segue andamenti ondivaghi, talora suggerendo nuove campagne di studio, tal'altra "insabbiando" operazioni di scavo pronte per partire, non potendosi peraltro escludere influenze di interessi terrieri, a partire dai lavori per la realizzazione della superstrada Olbia-Nuoro, ovviamente contrastanti con le attività archeologiche.
[modifica] Ambiente
La valle di Posada, in pratica creatasi per sedimentazione alluvionale alle foci del Rio Posada, contiene numerosi spunti di interesse naturalistico.
Se già la peculiare conformazione geologica manteneva una certa difficoltà di accesso alle terre scoperte, il dislocamento di numerosi stagni ed impaludamenti, flemme dei vari tronconi del fiume, ha certamente avuto un suo ruolo di fondamentale importanza nella preservazione di endemismi e rarità botaniche e faunistiche, avendo di fatto tenuto a bada i fisiologici processi di antropizzazione.
Anche la disinfezione antimalarica del dopoguerra effettuata dalla Fondazione Rockefeller in esecuzione del noto piano Marshall, non ha lasciato tracce evidenti del suo passaggio, non essendosi reperiti residui contaminanti (DDT) ad una verifica esperita pochi anni addietro.
Così oggi è tuttora possibile praticare osservazione naturalistica, a volte senza nemmeno abbandonare le strade asfaltate, di sicuro interesse e pregio. Dalla tartaruga d'acqua dolce al cavaliere d'Italia, le zone offrono diversi scenari faunistici alquanto singolari, essendo quelli entomologici, ornitologici e botanici tutt'affatto unici.
Anche il mare, sebbene ormai deprivato di pesce dalla pesca a strascico, resta suggestivamente incontaminato, sia a causa delle dimensioni delle spiagge che comunque non corre rischi di affollamento (il Golfo di Posada si estende, dalla punta di Orvile a Santa Lucia di Siniscola, per circa 20 km), sia per il rapporto fra la lunghezza delle spiagge ed il fronte di retroterra direttamente sfruttabile (cioe' le zone non umide).
Come nel resto della Sardegna, attualmente sono in corso programmi di edificazione di massiccia portata, che taluni intendono come un pericolo per l'ambiente in quanto riguardanti aree oramai prossime ai bordi delle zone umide. Questa tendenza, che peraltro non ha un concreto fondamento economico, giacché le volumetrie disponibili sono già ben superiori alla domanda anche turistica di alloggio, ha pressoché definitivamente avvicendato i precedenti progetti di realizzazione di un parco fluviale protetto (anni '90).
[modifica] Arte
Negli ultimi decenni si sono moltiplicate a Posada le iniziative culturali, principalmente volte al recupero di valori di valenza regionale.
Nella letteratura sarda, Posada è sede dell'omonimo famosissimo premio di Poesia. La selezione riguarda opere in lingua sarda, rimate o meno, raggruppate per diverse sezioni.
Nella musica, il "Posada Jazz Project" è stato un riuscitissimo esperimento di promozione di questo genere, consistente nella selezione di giovani talenti jazzistici da premiare con la copertura delle spese di produzione dei rispettivi primi dischi. Dopo diverse edizioni, tutte di successo, e per motivi non noti, la manifestazione è stata soppressa intorno al 1995.
[modifica] Turismo
L'offerta turistica di Posada si compone principalmente di affittanza stagionale in case di civile abitazione, essendovi poche strutture ricettive. Le località di alloggio sono il centro storico di Posada, le zone periferiche di Posada e la frazione di San Giovanni (sul mare).
Oltre alle spiagge di San Giovanni, di Su Tiriarzu e di Orvile, sono oggetto di visita i percorsi fluviali, il lago di Maccheronis, il centro storico, le campagne di Sas Murtas.
Il vasto porto de La caletta (ca. 1000 posti barca), co-gestito insieme al comune di Siniscola col quale Posada condivide la competenza territoriale, è attualmente in corso di adeguamento per la messa in opera di strutture e servizi per diportisti.
Tra le diverse sagre la principale festeggia la Madonna del soccorso, che cade in data variabile la prima domenica dopo Pasqua.
Inoltre a Posada si festeggia il patrono, S. Antonio Abate il 17/01, con una festa in piazza dove si da fuoco ad un unico immenso cumulo di cisto (sardo: "mudregu"), raccolto dalla popolazione nei giorni immediatamente precedenti. Il caratteristico rituale prevede 3 giri intorno al falò in processione. In seguito si distribuiscono dei dolci tipici, quali "sos cogoneddos" e "s'aranzada", benedetti durante la cerimonia eclesiastica e rigorosamente fatti a mano dalle signore di Posada. Oltre a questo un piccolo comitato è incaricato di organizzare un "rinfresco" con panini con salsiccia arrosto e vino.
[modifica] La leggenda del Castello della Fava
Si racconta che intorno al 1300 una flotta di Saraceni sbarcò sulle coste di Posada. I Turchi (o Saraceni), considerata l'ostile conformazione del territorio, si resero conto che sarebbero riusciti a completare l'assedio solamente nel caso in cui la popolazione fosse ridotta alla fame, ovviamente loro non potevano sapere che la gente si trovava veramente in quella situazione, e si accamparono nella spiaggia in attesa di sviluppi. Quando il Giudicato di Gallura, una delle cui sedi era proprio nella torre, vennero informati dell'assedio, al Castello scoppiò il panico, Posada non sarebbe mai riuscita a sostenere un qualche combattimento. Durante l'ennesima riunione dei Giudici, qualcuno ebbe un'idea, che si rivelò poi quella giusta: fecero mangiare ad un piccione un pugno di fave, le ultime rimaste, lo ferirono leggermente e lo fecero volare in direzione degli accampamenti nemici. Il piccione non resse il volo e cadde proprio nelle tende degli arabi, i quali, incuriositi dallo strano gonfiore del ventre del volatile, lo aprirono e vi trovarono le fave. Dedussero allora che, se la popolazione aveva così tanto cibo da poterne dare una enorme quantità a un animale, non c'era alcuna possibilità di concludere l'assedio; i Saraceni lasciarono le coste e a Posada fu festa per giorni e giorni...
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