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Lavoro interinale - Wikipedia

Lavoro interinale

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Per Lavoro interinale s'intende una tipologia di effettuazione dell'attività lavorativa con carattere temporaneo (detto anche fornitura di lavoro temporaneo ed è l'antesignano della Somministrazione di lavoro).

Indice

[modifica] Definizione

La locuzione "interinale" deriva dal latino interim, ovvero, provvisorio. Abbinata al termine "lavoro" rappresenta una forma di rapporto di lavoro che ha durata temporanea.
Questa terminologia è comparsa in Italia agli inizi degli anni 1990, periodo in cui comincia a farsi sentire il bisogno di flessibilità nei rapporti di lavoro.
L'introduzione di questa tipologia di contratto lavorativo si deve alla Legge Treu del 1997 (legge 24 giugno 1997, n.196). Successivamente ha subito varie modifiche e nel 2003, con la legge n. 30/2003 e il decreto legislativo che ne è derivato, (il D. Lgs. 24 ottobre 2003, n. 276, la cosiddetta Legge Biagi), il lavoro interinale è stato abolito per permettere l'ingresso della somministrazione di lavoro sia a tempo determinato che indeterminato, quest'ultimo abrogato dalla legge n. 247/2007.

[modifica] Origine del lavoro interinale

In Italia il mercato del lavoro sino alla liberalizzazione degli anni novanta era sottoposto al regime del collocamento obbligatorio gestito da uffici pubblici. Tale regime era regolato dalla legge 29 aprile 1949, n. 264, sottoponendo tale monopolio della ricerca del lavoro a sanzioni penali. Si pensi che l'art. 11, primo comma, della legge vietava l'esercizio della mediazione tra offerta e domanda di lavoro subordinato, anche quando tale attività era svolta gratuitamente. L'art. 1, primo comma, della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, in particolare vietava la mediazione e l'interposizione nei rapporti di lavoro; l'inosservanza di questa norma comportava, in particolare, l'applicazione di pesanti sanzioni penali. Il divieto dell'attività di collocamento privata e della mediazione di lavoro interinale aveva un carattere pubblicistico, ed era posto a tutela dei lavoratori e dell'economia nazionale.

Tale monopolio era destinato però a scontrarsi con gli articoli 82 e 86 del Trattato della Comunità Europea, poiché la giurisprudenza comunitaria qualificava (e qualifica tuttora) gli uffici pubblici di collocamento come impresa, soggetta agli obblighi di libera concorrenza, anche se svolgono attività nell'interesse economico generale, e in quanto titolari di un monopolio legale, di un servizio di collocamento in esclusiva, come posizione dominante in un mercato comune.

Tale posizione dominante venne considerata illegittima e anticoncorrenziale sanzionando l'Italia per aver creato delle limitazioni e delle storture nel mercato del lavoro, poiché si mostrava palesemente inadeguata e non in grado di soddisfare la domanda di lavoro, non consentendo ai privati di svolgere la medesima attività. ([1]).

Venne così a sgretolarsi il sistema che aveva regolato per circa 40 anni, dal 1949 con la legge n. 264 (ma anche prima se si considera che durante il Fascismo il sistema era sostanzialmente improntato sulla stessa impostazione), il monopolio pubblico del collocamento del lavoratore, proprio attraverso l'istituzione del lavoro interinale da parte della legge n. 197/1996.

[modifica] Configurazione del contratto

Per approfondire, vedi la voce Somministrazione di lavoro.

Il lavoro interinale coinvolgeva tre figure:

  1. la persona che cerca lavoro (lavoratore),
  2. l'impresa che lo richiede (azienda utilizzatrice),
  3. l'azienda di lavoro interinale che si pone come intermediaria tra la 1^ e la 2^ figura.

Con l'introduzione del concetto di somministrazione del lavoro, che ha sostituito il lavoro interinale, l'azienda di lavoro interinale è diventata "agenzia per il lavoro". Rimane in ogni caso valido lo schema precedente: il rapporto di lavoro in questione non è fra due agenti (datore e lavoratore) ma fra tre (somministratore - in questo caso agenzia per il lavoro -, lavoratore, azienda). Diversamente dal lavoro interinale, la somministrazione tramite i Contratti collettivi di lavoro è stata estesa dalle imprese private anche alle Pubbliche amministrazioni.

Sia il lavoro interinale che la somministrazione di lavoro consentono alle aziende di stipulare un contratto di fornitura di manodopera con agenzie specializzate, in grado di fornire in tempo reale, e solo per il periodo necessario, le professionalità richieste.
Il lavoratore dipende giuridicamente dalle aziende fornitrici, e da queste viene retribuito, ma funzionalmente presta il suo lavoro presso altre aziende che hanno bisogno di professionalità per periodi di tempo limitato.
Mentre però il lavoro interinale poteva essere solo a tempo determinato, nel caso di somministrazione di lavoro l’assunzione dell’impresa fornitrice poteva, sino al 2007, essere sia a tempo determinato che a tempo indeterminato.
Nel secondo caso (definito "staff-leasing", formula che richiama la modalità di finanziamento usualmente utilizzata dalle imprese per l'acquisto dei beni strumentali necessari all'attività aziendale), in genere meno frequente, il prestatore di lavoro per i periodi nei quali non viene utilizzato resta a disposizione dell’impresa fornitrice ed ha diritto a percepire un’indennità mensile di disponibilità.

Le assunzioni a tempo indeterminato riguardavano i profili professionali più richiesti dal mercato del lavoro ed in genere si trattava di figure lavorative storiche come ad esempio: meccanici, idraulici, personale amministrativo-contabile.

La legge ha equiparato, quanto a trattamento retributivo, i prestatori di lavoro temporaneo ai dipendenti di pari livello impiegati presso l’impresa utilizzatrice, norma riportata anche nelle somministrazioni.

[modifica] La Precarietà

L'abuso di questa forma di lavoro generava, così come oggi la somministrazione, una forma di precariato legata soprattutto ai contributi pensionistici.
Il precariato emerge quando si abusa di questa forma di lavoro e cioè in caso di reiterazione della richiesta dello stesso prestatore di lavoro da parte dell'azienda utilizzatrice all'azienda fornitrice al fine di coprire un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e quindi per rispondere ad una esigenza gestionale e funzionale dell'azienda (utilizzatrice) stessa non a carattere temporaneo ma stabile nel tempo. Questo tipo di precariato è legato al versamento ed alla maturazione di contributi pensionistici non allineati a quelli dei lavoratori subordinati, che non permetterebbero quindi di raggiungere una pensione adeguata.

[modifica] Pregi e difetti

La legislazione in questo senso tutela maggiormente gli interessi del lavoratore che quelli delle agenzie interinali, che si sono aggiunti agli uffici di collocamento pubblici (ora denominati Centri per l'impiego), e comunque di una funzione di pubblica utilità. L'efficienza che una gestione privatistica può introdurre in tema di collocamenti è abbinata da una legislazione più vincolistica, e garantista nei confronti del lavoratore, che si rende necessaria laddove sorge un elemento di profitto, e un potenziale conflitto di interessi fra gli obiettivi dell'agenzia e quelli del lavoratore, assente (o non dichiarato) con una gestione pubblica.

[modifica] Rischio d'impresa e costo del lavoro

La legislazione impone un trattamento retributivo (salario base, contributi, malattia, CCNL di riferimento etc.) paritetico fra lavoratore interinale e lavoratore subordinato, per evitare che l'agenzia interinale si trasformi da un'opportunità di collocamento ad uno strumento per abbassare il costo del lavoro (art. 4, legge 196 del 24 Giugno 1997), indipendentemente dalla tipologia contrattuale, a termine o a tempo indeterminato, che il lavoratore ha con l'agenzia interinale. La normativa fissa in due anni la durata massima che un lavoratore può passare in "missione" presso un cliente.

Diversamente, una società sarebbe incentivata a non assumere dipendenti e rivolgersi ad un'agenzia interinale, per non correre un rischio d'impresa legato all'avere una manodopera come costo fisso non evitabile. Mediante lo staff leasing potrebbe cedere dei propri dipendenti ad una società interinale, per non doverli pagare nei periodi di vuoto lavoro, o nei quali l'azienda ha esigenza di ridurre l'organico.

Sempre volto ad una stabilizzazione dei lavoratori interinali, è il divieto delle agenzie di opporsi alla loro assunzione presso un cliente, anche prima della scadenza del contratto che questo ha in essere con la stessa agenzia.

Tuttavia, con la mediazione dell'agenzia interinale, un'impresa può pagare un lavoratore per malattia, maternità, periodi di vuoto lavoro, con una paga ridotta all'idennità di disponibilità, e non con il 100% della retribuzione.

Un'impresa potrebbe accordarsi con l'agenzia interinale, per corrispondere durante la consulenza una paga maggiorata, che già tiene conto dell'indennità di disponibilità che l'agenzia dovrà pagare per i periodi di inattività, fino alla successiva missione. Ufficialmente, fra un contratto interinale e l'altro, l'impresa non paga nulla, e i lavoratori interinali ricevono somme solamente dall'agenzia, mentre tali indennità sono già state pagate nei mesi precedenti, dalla società committente. In tale modo, un'impresa che si affida periodicamente ad agenzie interinali, riduce per i periodi di vuoto lavoro, il costo del personale relativo, alle sole indennità di disponibilità.

Un'impresa può rivolgersi ad un'agenzia interinale per un contratto pluriennale di appalto, per non dover assumere dei propri lavoratori a tempo indeterminato, dopo reiterati rinnovi di contratti a termine, prevedendo di non avere necessità di nuovo organico alla conclusione del progetto in essere.

Se l'appalto ha durata decennale, e l'agenzia interinale assume dei lavoratori a tempo indeterminato in virtù di queste "commesse", l'agenzia da strumento di flessibilità può diventare fonte di precariato. Senza la sua mediazione, l'impresa committente avrebbe avuto necessità di assumere del personale stabile.

Inoltre, poiché il lavoratore interinale riceve solo un'indennità di disponibilità, si ha un trattamento privilegiato delle agenzie interinali rispetto a qualunque altra impresa: le agenzie interinali sono sottratte al rischio d'impresa, legato all'avere un organico stabile, al quale deve comunque essere corrisposto un salario pieno, nei periodi di piena attività così come di vuoto lavoro. Il rischio imprenditoriale dell'attività interinale in questo senso è più in capo al lavoratore che all'agenzia, essendo l'indennità di disponibilità meno del 50% della paga di un interinale "in missione" presso un cliente.

L'indennità di disponibilità è propria del contratto di lavoro a chiamata (detto anche job on call). Le agenzie interinali erano l'unico soggetto economico a poter legittimamente applicare l'idennità di disponibilità all'interno di un contratto a tempo indeterminato, che generava soltanto confusione fra le tipologie contrattuali, trattandosi de facto di un contratto a tempo indeterminato a chiamata.

Tali privilegi introducendo una distorsione del mercato e una forma di concorrenza sleale, soprattutto nel mercato delle società di consulenza, sono stati stigmatizzati dai Sindacati e dopo alcuni incontri per la contrattazione del c.d. "Protocollo Welfare", il Governo, con la legge n. 247/2007, ha abrogato la somministrazione a tempo indeterminato e il contratto di lavoro a chimata (anche se ha escluso dall'abrogazione i settori del turismo e dello spettacolo).

[modifica] Lavoro interinale e consulenza

Il lavoro interinale era estendibile a tutti i settori privati e tipologie di mansioni. Per mansioni impiegatizie, o dirigenziali, non legate al lavoro manuale o meramente esecutivo, il mercato della consulenza avverte la concorrenza dei lavoratori interinali.

La consulenza dispone di persone con una sufficiente anzianità professionale da affiancare ai neoassunti "in missione", di corsi di formazioni e di un know-how specializzato, di una qualità che un'agenzia interinale non è in grado di fornire. È spesso una firm (ditta, nome o insegna), legata ad un marchio per il quale può chiedere un premio di prezzo. Dato il volume di affari, e di sedi, assume a tempo indeterminato, con il vincolo alla mobilità e alla disponibilità trasferirsi di sede, potendo garantire con queste clausole una continuità lavorativa e i progetti, al di là dell'aleatorietà di quelli che ha in corso un lavoratore e una sede.

Le agenzie interinali, pur avendo talora dimensioni multinazionali, sedi e un volume d'affari paragonabili a quelli delle società di consulenza, non danno queste garanzie. Talora l'interinale non dipende da una catena di agenzia, ma è dipendente della sola filiale alla quale è iscritto. Ciò accade ad esempio se l'agenzia è in realtà un franchising di tante agenzie a sè stanti, che non formano un'unica società.

La consulenza può orientarsi alla qualità, e le agenzie interinali ai costi, e a compiti meno di concetto, come migrazioni di dati e data entry massivo, nell'ambito informatico.

Con tempo indeterminato, per le società di consulenza, si intende che il dipendente riceve il 100% della retribuzione anche nei periodi di intercontratto, ordinari nell'attività di consulenza, in cui è inattivo o lavora in sede a supporto di vari progetti. Le agenzie interinali che assumono a tempo indeterminato, pagano tali periodi di inattività solo con un'indennità di disponibilità, quando poi i lavoratori non sono assunti in reiterati stage. Le agenzie interinali possono fare un prezzo della giornata di consulenza, decisamente più basso delle altre società.

Le agenzie interinali sono un concorrente indiretto delle società di consulenza. Entrambe inviano per un periodo di tempo limitato, e massimo di due anni, i propri dipendenti ad un'azienda committente. Per un impiego qualificato, il lavoratore ha a disposizione due strumenti di collocamento: le agenzie interinali e le società di consulenza. L'ingresso degli interinali può causare una guerra di prezzo e una precarizzazione delle condizioni di lavoro per i consulenti, laddove chi cerca un impiego ha già a disposizione opportunità di inserimento con queste società.

La legge non prevede un obbligo di trattamento retributivo paritetico fra consulenti e interinali che lavorano fianco a fianco nella stessa azienda, ma solo fra interinali e dipendenti del cliente, sebbene il lavoro dell'interinale e del consulente siano più simili fra loro. Soprattutto, tale obbligo non vale per la retribuzione dei periodi di inattività. La mancanza di vincoli in tal senso, o di limitazioni all'ingresso degli interinali nel mercato delle società di consulenza, non giova alle già ampie opportunità di inserimento, e precarizza le condizioni di lavoro.

[modifica] Norme per il trasferimento d'azienda

In caso di outsourcing, il lavoratore interinale ha i medesimi diritti e tutele applicabili alle altre tipologie contrattuali.

La Direttiva 2001/23/CE, art. 1, vieta agli Stati membri di escludere il lavoro interinale dai rapporti di lavoro ai quali si applicano il diritto al mantenimento degli obblighi e delle condizioni di lavoro presso l'azienda cedente.

La normativa italiana non obbliga, ad esempio, a seguito di una gara d'appalto, indetta da un ente pubblico o da un'impresa e vinta da diversa azienda, per dipendenti della stessa o gli interinali, a rinnovare i contratti di lavoro in essere, prima di fare nuove assunzioni. La tematica non è regolata per via legislativa, ma + demandata alla concertazione fra le parti sociali, durante i rinnovi dei CCNL nazionali di categoria.

[modifica] Voci correlate


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