Hippocamelus
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Huemul |
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Specie | ||||||||||||||
Tra le 29 specie o sottospecie di cervidi in pericolo nel mondo, precisate nel 1977 da Ian McTaggart Cowan e Colin W. Holloway per conto dello speciale Deer Specialist Group dell'IUCN, compaiono, purtroppo, anche le due specie maggiormente differenziate e più esclusivamente andine dell'intero Sud America: gli huemul. Con questo nome, udito per la prima volta dal gesuita Juan Ignacio Molina (che descrisse nel 1782 la specie meridionale) gli indiani Araucani denominavano dei piccoli cervidi dai palchi a forchetta, simili al nostro capriolo, ma strettamente specializzati all'ambiente delle alte Ande, dai 2500-3000 metri fino ad oltre i 5000 lo huemul peruviano, ad altitudini più basse (tra i 1000 e i 1700 metri, data la latitudine assai più meridionale) quello cileno. Pare che il nome di questi animali derivi dal verbo araucano huemin, che significa «seguire un altro», e si collega dunque a un'acuta osservazione di carattere etologico, a proposito del tipico comportamento di spostamento o di fuga - appunto in fila indiana, uno dietro l'altro - che gli huemul mostrano tutt'oggi.
In epoca precolombiana, e poi ancora per alcuni secoli, gli huemul hanno rappresentato un elemento importante nell'economia delle popolazioni andine, che li cacciavano con lance o con «bolas» per ricavarne cibo e pelli per il proprio vestiario. Con l'arrivo degli europei e delle armi da fuoco la situazione precedente, che vedeva gli huemul largamente diffusi nei maggiori massicci andini, cambiò rapidamente: soprattutto nel Cile meridionale, dove la distruzione dell'huemul rappresentò un mezzo per piegare la lunga resistenza opposta dagli indios (fin quasi alla fine dell'Ottocento) alla conquista europea. Tutte le fonti indicano, oltre tutto, che gli huemul erano animali insolitamente confidenti, niente affatto timorosi dell'uomo, e di conseguenza assai facili da avvicinare ed abbattere.
L'intensa caccia, associata ad altri fattori quali la distruzione dell'habitat attraverso gli incendi e l'accresciuta competizione con gli animali domestici per i magri pascoli d'altitudine, ha portato così a una frammentazione di entrambe le specie in piccole popolazioni isolate, spesso spazzate via da un incontrollabile bracconaggio o da epizoozie portate dal bestiame domestico. Già negli ultimi anni del XIX secolo, ad esempio, lo huemul cileno era ormai considerato estinto in tutta la parte settentrionale dell'allungatissimo paese andino.
Oggi la specie più minacciata è certamente quella cilena (Hippocamelus bisulcus). Lo studioso americano Anthony Povilitis, che segue la sua situazione da parecchi anni e che ha coordinato nel 1980-81 un accurato censimento per conto di varie organizzazioni conservazionistiche, valutava nel 1983 in non più di 1300 capi la consistenza totale della specie. Essa è da considerarsi ormai scomparsa da tutta la regione andina a nord della Patagonia, eccezion fatta per la zona del Nevados de Chillàn in Cile (intorno al 37° di latitudine sud) e per quella del Parco Nazionale Los Alerces (42°) in Argentina, dove sopravvivono tuttavia solo poche decine di huemul (non più di una cinquantina nel Nevados de Chillàn).
Popolazioni più consistenti si ritrovano più a sud, nella regione cilena dell'Aysen (sui monti attorno a Rio Claro: Cerro Cordillerano, Cerro Huemules, Cerro Quatro Puntas), con gruppi sparsi più piccoli lungo le zone adiacenti dell'Argentina (specialmente all'interno nelle province di Rio Negro, Provincia di Chubut e Santa Cruz, nelle parti più elevate e nel Parco Nazionale Los Glaciares). La specie è protetta in entrambi i paesi ed è inoltre inclusa nell'Appendice I della Convenzione di Washington.
In condizioni relativamente migliori si trova lo huemul peruviano o taruca (Hippocamelus antisensis), che il Red Data Book classifica infatti come «vulnerabile». Allopatrico rispetto alla specie congenere, esso è proprio delle Ande settentrionali, tra il Perù, la Bolivia occidentale, l'Ecuador e la parte nordorientale del Cile. La consistenza delle varie popolazioni e quella totale non sono conosciute, ma la specie è ritenuta ovunque in grave declino, e localmente anche minacciata, a causa, come al solito, del pesante bracconaggio, della perdita di habitat causata dall'uomo, soprattutto alle altitudini più basse, e della insostenibile competizione per il pascolo con il bestiame domestico.
Anche a causa di questi fattori, e non soltanto per propria tendenza spontanea, il taruca appare assai più dello huemul cileno strettamente infeudato alle altitudini maggiori, fino ad oltre i 5000 metri di altezza, dove riesce ad utilizzare meglio dei concorrenti le piccole basse piante che il severo ambiente andino può offrire a quelle altezze. A differenza della vigogna, non è però animale tipico della «puna», e sembra in qualche modo legato alla presenza anche di boschetti o foreste montane, o comunque di una certa copertura vegetale.
La specie presenta oggi popolazioni più o meno consistenti in Argentina (soprattutto nella Sierra de Ambarto della provincia di Catamarca, e gruppi minori delle province di Jujuy e di Salta), in Bolivia (Cordilleras de Apolobamba e de Tres Cruzes, nella parte orientale del Paese, mentre è considerata estinta nell'Altipiano e nella Cordillera occidentale), in Cile (soprattutto - circa 400 capi nel 1977 - nel Parco Nazionale Lauca), nel Perù (almeno 10-15.000 capi stimati esistenti da Jungius nel 1977, soprattutto sul versante occidentale delle Ande nel dipartimento di Ayacucho). Per l'Ecuador la specie è invece da considerarsi ormai estinta del tutto, e anzi ne è dubbia la presenza anche nel recente passato.
[modifica] Collegamenti esterni
- ARKive - images and movies of the Chilean huemul (Hippocamelus bisulcus)
- Animal Info - South Andean Deer
- Photo of Hippocamelus antisensis
[modifica] Altri progetti
- Wikispecies contiene informazioni su Hippocamelus