Utente:Franco aq/sandbox4
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Santa Maria de Praedis | |
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Santa Maria de Praedis. |
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Città | Teramo |
Regione | Abruzzo |
Stato | Italia |
Religione | Cattolica |
Diocesi | Teramo-Atri |
Stile architettonico | romanico |
Inizio della costruzione | secoli X-XI |
La chiesa di Santa Maria de Praediis o in Praediis (dal latino praedium = fondo, podere, cioè tra i campi) si trova, appunto, ad una qualche distanza dagli abitati delle Frazioni di Pantaneto e Castagneto del comune di Teramo.
L'edificio ha facciata a capanna sormontata da un campanile a vela, la copertura è a capriate, l'interno è suddiviso in tre piccole navate.
Due colonne e quattro pilastri che sostengono quattro arcate per lato, è presente un'abside.
E' una delle chiese più antiche della provincia di Teramo, Santa Maria de Praediis è citata nella bolla papale del 27 novembre 1153 di Anastasio IV.
E' stata costrutita nei secoli X-XI con materiali di spoglio provenienti, probabilmente, dal castello medievale ora scomparso che dominava Pantaneto e da ville romane o forse da un tempio di Vesta o della dea Feronia.
Infatti si possono osservare frammenti di cornici romane e fregi di ispirazione bizantina, i fusti delle colonne sono costituite da rocchi romani e ci sono capitelli di varia fattura, sia romani (uno tuscanico posto a base di una colonna e uno corinzio che sostiene l'altare) che di epoca successiva (uno figurato romanico, un altro barbarico squadrato).
Sono visibili vari resti di affreschi, in particolare, in fondo a destra una Madonna con Bambino del settecento e, sulla sinistra, un pregevole San Sebastiano della fine del cinquecento.
Gran parte delle caratteristiche originali dell'edificio sono andate perse a causa degli interventi di restauro che, nei secoli, si sono succeduti in gran nunero. Una lapide nell'abside ricorda una ristrutturazione del 1597, quando l'interno fu affrescato. In occasione dell'ultimo restauro del 1977, dopo un periodo di abbandono, sono state consolidate le strutture e rifatta la copertura.
Indice |
[modifica] Bibliografia
- Giulio Di Francesco, La chiesa di S. Maria de Praediis in Castagneto, Teramo, Artigianella, 1988;
- Francesco Aceto, Chiesa di Santa Maria in Praediis, in Teramo e la valle del Tordino, Teramo, Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo, 2006, (Documenti Abruzzo teramano, 7), pp. 366-367;
[modifica] Collegamenti esterni
[modifica] Landolfo IV di Benevento
Predecessore: Pandolfo Testadiferro |
Principe di Capua 981 – 982 |
Successore: Landenolfo II |
Principe di Benevento 981 |
Successore: Pandolfo II |
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Duca di Spoleto 981 |
Successore: Trasimondo IV |
[modifica] Armenian Kingdom of Cilicia
[modifica] Primi legami tra Armenia e Cilicia
Per un beve periodo nel I secolo a.C. il potente regno d'Armenia riuscì a conquistare una vasta regione nel Levante, inclusa l'area della Cilicia. Nell'83 a.C., dopo un sanguinoso conflitto per il trono della Siria, governata dai Seleucidi, I Siriani Ellenici decisero di scegliere il sovrano armeno Tigrane il Grande come protettore del loro regno e gli offrirono la corona di Siria.[1]
In seguito Tigrane conquistò i Fenici e la Cilicia, ponendo fine, in pratica, all'impero seleucide, sebbene sembra che alcune città recalcitranti abbiano riconosciuto il giovanissimo re-ombra Seleucus VII Philometor come legittimo sovrano durante il suo regno.
Il confine meridonale dei suoi domini arrivò fino a Ptolemais (moderna Akko). Molti degli abitanti delle città conquistate furono trasferiti nella sua nuova metropoli di Tigranocerta.
Alla massima estensione il suo impero andava dai Monti del Ponto (nell'attuale nord-est della Turchia) alla Mesopotamia e dal Mar Caspio al Mediterraneo. Tigrane sembra abbia invaso fino ad Ecbàtana, egli prese il titolo di re dei re che, secondo le loro monete, all'epoca non venivca assunto neppure dai re dei Parti.
Dal tempo della sua conquista, si pensa siano rimasti alcuni insediamenti armeni nella regione della Cilicia.
[modifica] The Kingdom of Armenia
Leone, il primo re della Cilicia armena, aveva iniziato a governare come Principe Leone II nel 1187, e divenne una delle più importanti figure della nazione armena in Cilicia.
Durante il suo regno dovette fronteggiare i governanti di Iconio, Aleppo e Damasco; nel fare ciò egli conquistò nuove terre raddoppiando i possedimenti della Cilicia sulla costa del Mediterraneo. Fece anche grandi sforzi per aumentare la forza militare della nazione[2].
All’epoca il Saladino dall’Egitto aveva fortemente indebolito gli Stati crociati, costringendo gli europei a lanciare un’altra Crociata. Il principe Leone II approfittò della situazione per migliorare le relazioni con gli europei. Grazie all’appoggio che diede al Sacro Romano Imperatore (Federico Barbarossa ed a suo figlio Enrico VI) riuscì ad elevare il principato allo status di regno. Nel 1198 il principe Leone II riuscì ad assicurarsi la corona, divenendo il primo re della Cilicia armena come re Leone I [2].
La corona passò alla dinastia rivale degli Hethumidi attraverso il matrimonio della figlia di Leona, Zabel, che sposò in seconde Hethum I.
In quel periodo i mongoli raggiunsero il Medio Oriente e conquistarono il territorio dell’Armenia Maggiore, la Mesopotamia, la Siria ed avanzarono verso l’Egitto. La conquista mongola fu disastosa per gli armeni che abitavano ancora l’Armenia Maggiore ma non per quelli in Cilicia che non furono mai attaccati dai mongoli. Invece Hethum, nel 1247m si alleò, [3] [4] [5] o si sottomise all’Ilkhanato, e così garantì la sicurezza degli armeni fuori dalla Cilicia.
[modifica] Campagne con i mongoli
Le forze di Hethum ed i cristiani di Boemondo VI d’Antiochia combatterono insieme ai mongoli sotto il comando di Hülegü, nella conquista della Siria musulmana e la cattura di Aleppo e Damasco nel 1259-1260.[6]
Hetum tentò anche di convertire i mongoli alla cristianità,ma invano[2].
Nel 1266 il capo Mamelucco Baybars intimò ad Hetum I di abbandonare la sua alleanza con i mongoli, di accettare la sovranità dei Mamelucchi e di restituire loro i territori e le fortezze che Hetum aveva acquisito grazie alla sua sottomissione ai mongoli. A seguito di queste minacce Hethum I si recò presso la corte mongola dell’Ilkhanato, in Persia, per ottenere aiuto militare. Durante la sua assenza, però, i Mamelucchi mossero sulla Cilicia armena, guidati da Mansur II e da Qalawun, sconfissero gli armeni nel disastro di Mari e devastarono il paese. Poco dopo il grande terremoto del 1268 devastò il paese.
Nel 1269, Hethum I abdicò in favore di suo figlio Leone III, che fu costretto a pagare un forte tributo annuale ai Mamelucchi. Nonostante tale pagamento i Mamelucchi continuarono ad attaccare la Cilicia ogni pochi anni.
[modifica] Campagna con i Mongoli (1299-1303)
Nell'estate del 1299, il nipote di Hetum I, il re Hetum II d'Armenia, trovandosi nuovamente a fronteggiare una minaccia di attacco dai Mamelucchi, inviò una richiesta di aiuto al khan mongolo di Persia, Ghâzân, che in risposta mosse con le sue forze verso la Siria ed inviò lettere al re di Cipro ed ai capi dei Cavalieri templari, Ospitalieri e Teutonici, invitandoli a raggiungerlo per unirsi al suo attacco ai Mamelucchi in Siria.
I Mongoli riuscirono a conquistare la città di Aleppo, dove furonoraggiunti da re Hetum, le cui forze comprendevano alcuni Templari ed Ospitallieri dal Regno armeno di Cilicia, che parteciparono al resto dell'offensiva [7].
Gli alleati sconfissero i Mamelucchi nella Battaglia di Wadi al-Khazandar, il 23 o 24 dicembre del 1299[7].
Il grosso dell'esercito mongolo dovette ritirarsi, probabilmente perchè avevano bisogno di foraggio per i cavalli. In loro assenza i Mamelucchi egiziani si riorganizzarono e ripresero l'area nel maggio 1300.
Nel 1303 i Mongoli tentarono di conquistare di nuovo la Siria, questa volta con maggiori forze (circa 80.000) insieme agli armeni, ma essi furono sconfitti ad Homs il 30 marzo 1303 e nella decisiva Battaglia di Shaqhab, a sud di Damasco, il 21 aprile 1303[9].
Questa è considerata l'ultima grande invasione mongola della Siria.[10]
Quando il capo dei Mongoli, Ghazan, morì il 10 maggio 1304, i sogni di una rapida riconquista della Terra Santa furono distrutti.
Hetum II abdicò in favore di suo nipote Leone IV e si fece monaco francescano.
Nel 1307, mentre stavano visitando l'accampamento di Bilarghu, vicino ad Anazarbe, Hetum II, suo nipote Leone IV ed il loro intero entourage furono assassinati dallo stesso Bilarghu, rappresentante Mongolo nella Cilicia armena, recentemente convertito all'Islam[11].
[modifica] Note
- ^ Gevork op. cit., Gevork .
- ^ Errore nella funzione Cite Marcatore
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non valido; non è stato indicato alcun testo per il marcatoreBadmoutioun
- ^ Claude Mutafian in Le Royaume Arménien de Cilicie descrive "l’alleanza mongola" stretta con il re della Cilicia armena ed i crociati di Antiochia (“il re d’Armenia decise di impegnarsi nell’alleanza con i Mongoli, un’intelligenza che mancò ai baroni latini, con l’eccezione di Antiochia") e la "collaborazione cristiano-mongola". ( Mutafian op. cit., p. 55 .).
- ^ Claude Lebedel in Les Croisades descrive l’alleanza dei cristiani di Antiochia e Tripoli con i Mongoli: (nel 1260) "i baroni cristiani rifiutarono un’alleanza con i Mongoli, ad ecezione degli armeni e del Principe di Antiochia e Tripoli".( Lebedel op. cit.).
- ^ Amin Maalouf in Le crociate viste dagli arabi è ampio e specifico sull’alleanza: “Gli armeni, nella persona del loro re, si schierarono con i Mongoli, così come il principe Boemondo, suo genero. I cristiani di Acri invece adottarono una posizione di neutralità favorevole ai musulmani” (p. 261), “Boemondo d’Antiochia ed Hethum d’Armenia, principale alleato dei Mongoli” (p.265), “Hulagu (…) aveva ancora abbastanza forze per impedire la punizione dei suoi alleati [Boemond ed Hethum]” (p. 267). ( Maalouf op. cit., i numeri di pagina indicati si riferiscono all’edizione francese .).
- ^ "Il re d’Armenia ed il Principe d’Antiochia andarono all’accampamento militare dei Tatari, e tutti si lanciarono allal conquista di Damasco". Le Templier de Tyr. ( Grousset op. cit., p. 586 .).
- ^ a b Egli fu presto raggiunto da re Hethum, le cui forse sembra comprendessero Ospitalieri e Templari dal regno d'Armenia, che parteciparono al resto della campagna.( Demurger op. cit., pag. 93 .)
- ^ Mutafian op. cit., pag. 74-75 .
- ^ Demurger op. cit., pag. 109 .
- ^ Nicolle op. cit., pag. 80 .
- ^ Angus Stewart. The Assassination of King Het'um II: The Conversion of The Ilkhans and the Armenians in Journal of the Royal Asiatic Society. Volume 15. (in inglese) Cambridge, Cambridge University Press, aprile 2005. pag. 45-61 ISSN: 1474-0591
[modifica] cap
« Tra le buone azioni del popolo armeno verso la chiesa e il mondo cristiano, si dovrebbe sottolineare in particolare che, nei momenti in cui principi e guerrieri cristiani andarono a riprendere la Terra Santa, nessun popolo o nazione è venuto in loro aiuto con lo stesso entusiasmo, gioia e fede degli armeni, che hanno fornito ai crociati cavalli, rifornimenti e e guide. Gli Armeni hanno assistito questi guerrieri con asoluto coraggio e lealtà nel corso delle sante guerre. » | |
(Papa Gregorio XIII, Ecclesia Romana, 1584)
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[modifica] cap cap
Uno di questi principi fu Ruben, che aveva stretti legami con Gagik II, l'ultimo re armeno della dinastia Bragatide. Egli sapeva che non avrebbe mai potuto restaurare l regno Bragatide, così si ribello contro l'Impero bizantino in Cilicia. Con lui si mobilitarono molti altri nobili e possidenti armeni. Così, nel 1080 , le fondamenta del principato armeno indipendente di Cilicia, e del futuro regno, furono gettate sotto la guida di Ruben e dei suoi discendenti (che saranno chiamati Rupenidi)[1].
[modifica] Riavvicinamento religioso con Roma
Nel 1198 Grigor VI Apirat, il catholicos armeno di Sis, proclamò l'Unione tra Roma e la Chiesa armena; ma non seguirono fatti poichè il clero e la popolazione locale si opposero fortemente.
La Chiesa cattolica inviò numerose missioni nella Cilicia armena per favorire il riavvicinamento, con scarsi risultati. I Francescani furono incaricati per queste missioni; Giovanni da Montecorvino si recò prsonalmente in Cilicia nel 1288[2]. Il re armeno Hethoum II, alla sua abdicazione, divenne egli stesso monaco francescano. Lo storico armeno Nerses Balients fu francescano e membro del movimento "Unitario" a favore dell'unificazione con la Chiesa latina.
Nel 1441, lungo tempo dopo la caduta del regno, il Catholicos armeno di Sis Grigor IX Mousabegian proclamò nuovamente l'unione delle chiese armena e latina, al Concilio di Firenze, ma fu contrastato da uno scisma degli armeni, guidato da Kirakos I Virapetsi, che stabilì il seggio del Catholicos a Edjmiatzin marginalizzando Sis[3].