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Emilio Giuseppe Dossena - Wikipedia

Emilio Giuseppe Dossena

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Emilio Giuseppe Dossena (Cavenago d'Adda10 dicembre 1903 – Milano23 marzo 1987) è stato un pittore italiano.

L'artista, conosciuto anche semplicemente come Giuseppe Dossena, frequenta l'Accademia di Belle Arti di Brera e la Scuola del Castello a Milano, creando sinceri e profondi rapporti d'amicizia con i colleghi Sassu, Treccani, Guttuso, Cantatore e Lilloni. Alla Scuola del Castello vince un viaggio premio a Venezia per un'opera scultorea ma Dossena ha un'attrazione verso il colore che gli fa scegliere la pittura come medium di comunicazione artistica.

Nonostante la sua scelta pittorica punti subito all'impressionismo, la necessità di provvedere alla famiglia l'inducono a dedicarsi al cavalletto solo nei ritagli di tempo, guadagnandosi da vivere con il restauro e la decorazione delle ville e palazzi padronali, oltre all'affrescazione delle chiese locali. Nelle abitazioni dei vari Pirelli, Falck, Borletti, Invernizzi, Necchi, Toscanini, Conti Cicogna, Duca Gallarati Scotti, Conti Castelbarco, “Emilio Giuseppe Dossena decorò, restaurò e dipinse grandi pannelli con temi mitologici, arcaici e battaglie”[1]. Sue opere erano esposte anche presso l'Ambasciata D'Italia di Addis Abeba, in Etiopia, ma furono distrutte dai bombardamenti.

La sua passione per l'espressione artistica gli permette di ritenere la sua integrità creativa, diventando un ricercato pittore impressionista, noto sia per la sensibilità delle sue opere sia per la pennellata dinamica che le caratterizzano. La prima mostra personale presso la Galleria Gavioli di Milano (1943) ottiene un successo eccezionale di critica e di pubblico, con la totalità delle opere esposte vendute ai collezionisti dell'epoca.

Le mostre alla Galleria Hoepli di Milano (1964) e quella al Palazzo dell'Arredamento di Desio (1967)ottengono anch'esse lusinghieri risultati, guadagnandogli una prima segnalazione sull'Enciclopedia dell'Arte (Edizioni SEDA) di Milano. Interessante la nozione che l'artista firmi i propri quadri con GDossena (Giuseppe Dossena) fino alla meta` degli anni cinquanta, quando misteriosamente inizia a firmare i propri quadri E.G.Dossena. Dopo l'incendio del suo studio di Milano, l'artista si trasferisce a New York, dove s'impiega presso lo studio Berger, dedicandosi al restauro di opere di Renoir, Rembrandt, Picasso ed altri grandi artisti, provenienti da musei e collezioni private, tra i quali il Metropolitan Museum di New York ed il Playboy Club.

A New York l'artista abbandona temporaneamente l'impressionismo, abbracciando tacitamente il neoespressionismo e creando un “figurativo più semplificato, quasi essenziale, senza schematismi o restrizioni strutturali. La forma è quasi strappata alla natura, alla continua ricerca di contenere ed interpretare l'essenza esistenziale ed esprimere queste nuove, irrefrenabili sensazioni che l'artista prova lontano dalla madre patria”[2].

Le mostre presso il Columbus Citizens Committee (1973) e la Galerie Internationale (1973, 1974) danno frutti insperati ed un successo di vendita invidiabile. La critica d'arte Dorothy Hall, della rivista NY Park East, dice: “I suoi dipinti sono opere esuberanti in cui il ricco ed assertivo colore è usato per portare alla luce vari soggetti, sia astratti sia simbolico-rappresentativi. L'energia nervosa che è incanalata nel trattamento artistico delle sue opere, riappare ai nostri occhi come una sensibile esplosione di colori...”[3].

Mario Albertazzi, critico del Progresso Italo-Americano asserisce: “Colorista brillante, egli porta nelle sue tele la luce della natura e della gioia della vita. Una pittura...ricca d’impasto e nello stesso tempo ariosa, movimentata e lieve come una dolce carezza”[4]

Dopo otto anni torna in Italia, dedicandosi esclusivamente alla sua pittura e riprendendo poco a poco una vena impressionistica, anche se con una tavolozza ancor più aggressiva del passato. Questo suo rinnovato uso della varietà cromatica lo ottiene senza perdere nulla nella delicatezza delle immagini, ed è proprio questo che caratterizza le sue ultime opere.

Espone alla Galleria Treves di Spotorno (1977), alla galleria Il Portichetto di Stresa (1978), al Circolo Ambrosiano Meneghin e Cecca (1983), ottenendo successo di pubblico e di critica. La stampa specializzata italiana riprende ad occuparsi di lui e le recensioni sono numerose e positive. Il critico d’arte Mario Portalupi dichiara: “In verità il suo processo pittorico è dovuto alle impressioni, alle emozioni conseguenti, che trasformano la realtà e regolano le entità cromatiche in tela...”[5]

L’amico Enzo Lepore, cantante lirico asserisce che Dossena “...eccelle per la luminosa armonia dei contrasti cromatici e si distingue per la purezza espressiva del suo stile vigoroso e originale...La sua pittura è fresca, palpitante, ricca di vasta concezione e di spiritualità, in una cornice di colori luminosi ed intensi...” [6]

Tra i tanti riconoscimenti ricevuti, nel 1985 ottiene il prestigioso Ambrogino d'oro per l’arte dal Comune di Milano e nel 1989 una ceramica con la sua firma è inserita nel famoso muretto d’Alassio. Pochi giorni prima della morte, avvenuta il 23 marzo 1987, riceve la laurea honoris causa dalla Università di Studi Umanistici della Florida.

Membro di molte accademie ed associazioni, tra le quali l’Accademia Tiberina e l’Accademia dei Bronzi, negli ultimi anni di vita l’artista si dedica anche alla poesia, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti, e pubblica le sue poesie in varie antologie. La mostra postuma (1998) presso la Trask Gallery del National Arts Club di New York, organizzata dal figlio Tiziano Thomas Dossena e dalla rivista di Brooklyn L'IDEA Magazine, batte tutti i record di partecipazione di pubblico ed è la prima di un artista italiano presso tale istituzione.

[modifica] Note

  1. ^ Ferruccio Pallavera, Giuseppe Dossena, “Ambrogino d'oro”, L'Amico, Novembre 2002, p.10, Cavenago D'Adda
  2. ^ Tiziano Thomas Dossena, ATTRAVERSO L'OCEANO: La Vita di Emilio Giuseppe Dossena, L'Idea N.72, p. 25, 1998, Brooklyn, NY
  3. ^ Dorothy Hall, NY Park East, p. 18, 23 marzo 1974
  4. ^ Mario Albertazzi, Il Progresso Italo-Americano, 26 marzo 1974, New York
  5. ^ Ferruccio Pallavera, Giuseppe Dossena, “Ambrogino d'oro”, L'Amico, Novembre 2002, p.11, Cavenago D'Adda
  6. ^ Ferruccio Pallavera, Giuseppe Dossena, “Ambrogino d'oro”, L'Amico, Novembre 2002, p.12, Cavenago D'Adda

[modifica] Collegamenti esterni

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