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Crisi di Sigonella - Wikipedia

Crisi di Sigonella

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L'Achille Lauro
L'Achille Lauro
L'allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi
L'allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi
L'allora Presidente USA Ronald Reagan
L'allora Presidente USA Ronald Reagan
L'allora Ministro degli Esteri Giulio Andreotti
L'allora Ministro degli Esteri Giulio Andreotti
L'allora Ministro della Difesa Giovanni Spadolini
L'allora Ministro della Difesa Giovanni Spadolini

La cosiddetta "Crisi di Sigonella" fu un complesso caso diplomatico che rischiò di sfociare in uno scontro armato tra la VAM (reparto scelto dell'Aeronautica Militare Italiana) e gli uomini della Delta Force (reparto speciale delle forze armate Americane), all'indomani di una rottura politica tra l'allora Presidente del Consiglio italiano Bettino Craxi e il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan circa la sorte dei sequestratori della nave da crociera Achille Lauro.

Indice

[modifica] Eventi in cronologia tra il 7 e l'8 ottobre

Lunedì 7 ottobre 1985 la nave da crociera italiana Achille Lauro, alle ore 13:07, mentre si apprestava a lasciare le acque egiziane per approdare in Israele, veniva presa in ostaggio da quattro terroristi palestinesi armati (che si erano introdotti a bordo con passaporti falsi), che si impossessarono della nave dopo una sparatoria che coinvolse un membro dell'equipaggio, il quale venne ferito ad una gamba. I terroristi si dichiaravano esponenti dell'OLP, l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina, all'interno della quale al-Fatah di Yasser Arafat rappresentava la forza più importante. I sequestratori richiedevano la liberazione di una cinquantina di loro compagni detenuti nelle carceri israeliane. L'equipaggio riuscirà tuttavia a mandare un SOS che verrà captato in Svezia.

Ricevuta la notizia alle ore 17:00 circa, il Ministro degli Esteri Giulio Andreotti e il Ministro della Difesa Giovanni Spadolini si allertarono per una trattativa che, sin dall'inizio, appare particolarmente complessa e assai rischiosa, anche alla luce delle diverse opinioni politiche all'interno del governo italiano. Andreotti, in serata, convocò alla Farnesina, l'unità di crisi attivando subito i suoi canali diplomatici, grazie alla storica amicizia con il mondo arabo moderato di cui appoggiava la politica; Spadolini, invece, convocò tutti i vertici delle forze armate e dell'intelligence.

Intanto, dopo una telefonata tra Andreotti e Arafat, il leader palestinese, con un comunicato stampa, fece sapere di essere totalmente estraneo alle vicende del sequestro. Nel frattempo, il Ministro degli Esteri, riuscirà a mettersi in contatto con i anche vertici politici egiziani, al fine di poter agevolare una trattativa mentre, il Presidente del Consiglio Craxi riuscirà anche ad assicurarsi l'appoggio del Presidente della Tunisia.

Nella nottata del 7 ottobre, dopo il vertice al Ministero della Difesa, partì ufficialmente l'operazione Margherita, che prevedeva la mobilitazione di 4 elicotteri da trasporto con 60 paracadutisti, di incursori e di ricognitori per individuare la posizione della nave. Subito dopo, Craxi, Andreotti e Spadolini si dettero appuntamento a Palazzo Chigi per un vertice notturno.

Alle ore 3:00 dell'8 ottobre Arafat si rimise in contatto con il governo, stavolta con Craxi, ribadendo la sua totale estraneità e, comunicando anche i nomi di due negoziatori incaricati di collaborare con il governo egiziano, tra i quali spicca Abul Abbas, un filo-siriano dissidente della linea di Arafat che venne subito però tacciato di essere vicino ai sequestratori.

Nel frattempo, l'Achille Lauro, sembra diretta verso le coste siriane. I sequestratori ribadiscono la richiesta di liberazione dei 50 prigionieri e, in più, richiedono un negoziato con gli Ambasciatori d'Italia, degli Usa, del Regno Unito e della Germania dell'Ovest sotto la mediazione della Croce Rossa Internazionale. La minaccia per il mancato accoglimento è quella di far saltare in aria la nave.

Andreotti e Craxi, fin da subito favorevoli ad una trattativa, ebbero tuttavia uno stop dall'ambasciatore statunitense, il quale dichiarò che Ronald Reagan si sarebbe opposto a qualsiasi trattativa con i terroristi. Nonostante ciò, i canali diplomatici rimarranno saldi, e Craxi decise per la trattativa anche a scapito di smentire la ferma contrarietà del governo Usa che, da parte sua, non si attendeva la mossa del Governo italiano.

Sulla nave intanto la situazione degenerò: i terroristi minacciarono di cominciare ad uccidere, ogni 3 minuti, tutti i prigionieri. Leon Klinghoffer, un disabile paralizzato, di nazionalità statunitense di religione ebraica, venne ucciso e gettato in mare. Tuttavia, i sequestratori, riceveranno lo stop di Abbas che era riuscito a mettersi in contatto con i terroristi, ordinando loro di fare rotta verso l'Egitto, a Port Said.

[modifica] Mercoledì 9: comincia lo scontro Italia-Stati Uniti

Il governo americano, dopo aver saputo dell'uccisione di Klinghoffer, minaccia l'intervento armato sulla nave per liberare i passeggeri, escludendo un eventuale intervento italiano. A quel punto Craxi, che era contrario a priori ad una azione di forza, decise che, nel caso in cui l'assalto avesse dovuto esserci, quello sarebbe stato condotto solo ed esclusivamente dalle forze armate italiane. È la prima rottura tra i due governi.

In Egitto, Abbas riuscì a far arrendere i terroristi, promettendo una via di fuga diplomatica appoggiata dall'OLP e gestita dal Governo italiano, a condizione che a bordo non fossero stati commessi reati. A questo punto il comandante della nave De Rosa, ancora sotto la minaccia del fuoco dei terroristi, è costretto a confermare che tutti i passeggeri sono incolumi e quindi a non rivelare l'uccisione di Klinghoffer. Pertanto, nonostante la nuova opposizione americana, il salvacondotto venne firmato dall'ambasciatore Migliuolo e la nave venne liberata. I terroristi sarebbero così stati prelevati da un aereo e condotti fuori dall'Egitto.

[modifica] Tra giovedì 10 e venerdì 11: lo scontro di Sigonella

Reagan, a questo punto, decise unilateralmente di intercettare l'aereo; il governo di Tunisi prima e quello greco poi, negarono l'atterraggio per i passeggeri. Così i caccia americani decisero di dirottare l'aereo sulla base U.S. Navy a Sigonella in Sicilia. Il presidente americano, senza aver avvertito il Governo italiano, cercò di contattare Craxi che, contrariato di questa improvvisazione, consentì l'atterraggio ma, in segreto, ordinò ai vertici militari che i terroristi e i mediatori fossero messi sotto il controllo delle autorità italiane.

A questo punto si consuma lo strappo definitivo: dopo la mezzanotte, all'atterraggio, la VAM (Vigilanza Aeronautica Militare) circondò l'aereo e a loro volta furono circondati dai militari americani. Infine affluirono nella base aerea ingenti rinforzi dei Carabinieri, che circondarono gli uomini della Delta Force.

Seguirono minuti di altissima tensione: si ritiene comunemente che, in caso di un colpo di mano degli americani, i VAM e Carabinieri avrebbero senz'altro aperto il fuoco. Le autorità italiane, infatti, restavano attestate sulla linea che in assenza di richiesta di estradizione non era consentito a nessuno sottrarre alla giustizia italiana persone sospettate di aver preso parte ad un atto criminale punibile ai sensi della legge italiana. Lo stesso presidente statunitense Reagan, infuriato per il comportamento italiano, si limitò a generiche intimazioni rivolte per via diplomatico-militare ai vertici del Governo italiano, limitandosi a presentare la questione come un'operazione di polizia internazionale ma totalmente disconoscendo le diverse priorità imposte dall'ordinamento giuridico italiano. Non avendo ottenuto risposta positiva, Reagan si decise a telefonare nel cuore della notte al Presidente del Consiglio Craxi per chiedere la consegna dei terroristi, ma Craxi non si mosse dalle sue posizioni: i reati erano stati commessi in territorio italiano e quindi sarebbe stata l'Italia a decidere. A Reagan non rimase che cedere e ritirare gli uomini da Sigonella.

I terroristi vennero arrestati ma non Abbas, che gli americani consideravano fiancheggiatore e mente del sequestro. Dopo una mediazione tra Egitto, OLP e Italia si decise che l'aereo sarebbe decollato da Sigonella per atterrare a Ciampino, dove i dirottatori sarebbero stati presi in consegna dalla magistratura, ma in violazione della sovranità nazionale dalle basi aeree statunitensi in Italia decollarono aviogetti USA che "scortarono" il volo fino a Roma.

A questo punto arrivò la richiesta di estradizione da parte del governo americano: la richiesta non sarà però accolta dal Ministro di Grazia e Giustizia Mino Martinazzoli che ritenne preminenti le esigenze della giustizia italiana di processare gli autori materiali del dirottamento. Quanto ad Abbas - la cui colpevolezza, sulla base delle prove emerse, non era al momento evidente (anche se dopo verrà condannato dal Tribunale di Genova all'ergastolo) - si addusse il passaporto diplomatico di cui era in possesso per garantirgli l'incolumità: mentre una staffetta di polizia fingeva di trasportarlo all'Accademia di Romania a Valle Giulia (dove per ben due volte si presentò un magistrato romano ad interrogarlo, ottenendo imbarazzati dinieghi dal consigliere diplomatico di Craxi Batini), Abbas rimase a Fiumicino ed eluse il controllo americano: spostandosi con l'esplicita autorizzazione del Governo italiano su di un'altra pista, partì con un volo di linea jugoslavo riuscendo a rifugiarsi a Belgrado.

[modifica] Rottura Spadolini-Craxi

Dopo questi eventi, emersero le profonde lacerazioni politiche all'interno della maggioranza del Pentapartito. Spadolini, filo-americano e filo-israeliano chiede le dimissioni del Governo che, a sorpresa, ricevette anche l'appoggio del Partito Comunista Italiano il quale, nonostante fosse all'opposizione, appoggiò e condivise la gestione del caso Sigonella. Tuttavia, i ministri repubblicani il 16 ottobre ritirarono la loro delegazione dal governo, aprendo, di fatto, la crisi. A questo punto è uno scontro tra filo-americani e tra filo-palestinesi. Questi ultimi avevano avuto in Craxi e Andreotti i maggiori esponenti. La vicenda rientrò con successo quando Reagan scrisse una lettera a Craxi con il famoso incipit Dear Bettino nella quale invitava il Presidente del Consiglio a recarsi in viaggio negli Stati Uniti, viaggio annullato a causa di questa vicenda. Il 6 novembre il governo ottenne la fiducia[1] della Camera dei deputati e il discorso di Craxi venne applaudito anche dall'opposizione comunista.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni


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