Caffaro (cane)
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Caffaro è stato un cane al servizio dell'esercito italiano nel Corpo Volontari Italiani di Giuseppe Garibaldi, 2° Reggimento Volontari Italiani. Morì a Pieve di Ledro nel luglio del 1866 e fu protagonista di un episodio della terza guerra d'Indipendenza durante la campagna garibaldina in Trentino.
[modifica] Biografia
Il cane Caffaro, di razza bulldog, di proprietà del sottotenente Giulio Grossi di Venezia della 2.a compagnia del capitano Tommaso Marani incorporata nel 2° Reggimento Volontari Italiani, il 25 giugno 1866 prese parte alla nota battaglia di Ponte Caffaro tra garibaldini e austriaci.
Difatti, Caffaro si intromise nel celebre duello sorto fra il tenente Giovanni Battista Cella dei bersaglieri volontari e il capitano boemo Rudolf Ruzicka della 12a compagnia di Sassonia che si affrontarono sul ponte in un vigoroso corpo a corpo, alternato da colpi di sciabola, magistralmente descritto nei racconti dello scrittore garibaldino Giuseppe Cesare Abba.
Rimasti entrambi feriti, il capitano Ruzicka, nonostante fosse difeso dal solo trombettiere Lusk, poiché tutta la sua truppa si era ritirata più in là a debita distanza, fu colpito dapprima da una baionettata alle natiche infertagli dal volontario Giovanni Trovaioni detto il Rosso di Trento, soldato della 2a compagnia di Tommaso Marani, poi da una morsicatura del cane bulldog Caffaro al seguito delle camicie rosse e alla fine, malconcio, dovette arrendersi prigioniero. Caffaro nella mischia addentò pure i polpacci del tenente austriaco Suchonel, che si difese a sciabolate, ferendolo.
Il cane fu ribattezzato per l’occasione “Caffaro” e seguì fedele il suo padrone per tutta la campagna fino a Magasa e, in seguito, allo scontro Pieve di Ledro del 18 luglio ove il Grossi fu ucciso in un intrepido assalto. Caffaro, affranto dal dolore, sostò pietosamente per due giorni sulla sua tomba, guaiolando in continuazione, finché non fu preso in consegna dal capitano Marani.
Secondo lo storico trentino Ottone Brentari, a guerra finita, il Marani lo affidò a Venezia al padre dell’eroico ufficiale, gondoliere dell’albergo Danieli, ma ben presto Caffaro morì, di crepacuore. Un’altra versione, sostenuta anche da Giuseppe Cesare Abba, affermava invece che l'intrepido cane morì a Pieve di Ledro, affranto dal dolore, sulla tomba del proprio padrone, che non volle mai abbandonare.
[modifica] Bibliografia

- Francesco Martini Crotti, La Campagna dei volontari nel 1866, Cremona, Tip. Fezzi, 1910, pag. 20.
- Ottone Brentari, Il secondo battaglione Bersaglieri Volontari di Garibaldi nella campagna del 1866, Milano 1908, pag. 59.
- Giuseppe Cesare Abba, Scritti garibaldini, Volume III, Morcellana, Brescia 1986, pag. 80.
- Gianpaolo Zeni, La guerra delle Sette Settimane. La campagna garibaldina del 1866 a Magasa e in Val Vestino, Comune e Biblioteca comunale di Magasa, aprile 2006.
- Ugo Zaniboni Ferino, Bezzecca 1866. La campagna garibaldina dall’Adda al Garda, Trento 1966, pag. 60.